“Nel ’74 la grande questione a Roma era la forte diseguaglianza sociale, oggi è la scomparsa delle classi alte e del proletariato con una diffusa piccola borghesia impaurita a cui la Chiesa non sa parlare della soggettività e dell’intenzionalità del vivere”. De Rita riflette sul Convegno sui Mali di Roma del febbraio ’74 dinanzi alla situazione attuale, di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Teologia pastorale.
Il Centro culturale Gli scritti (1/4/2024)
N.B. Le espressioni fra virgolette sono a senso e non trascritte direttamente parola per parola dalla relazione che era a braccio. Per ascoltarla, vedi il video al link https://www.youtube.com/watch?v=EUNHbrluYUY
“Il Convegno del Febbraio ’74 sui mali di Roma affrontò la grande questione che si poneva allora: allora era quella delle grandi differenze sociali esistenti fra l’alta borghesia romana e il proletariato urbano. Oggi tutto è cambiato. Non c’è più l’alta borghesia e non ci sono più i proletari. Il problema odierno di Roma è che c’è solo una piccola borghesia, un ceto medio, che non è più una vera borghesia. Prima esistevano i borghetti e le lotte sindacali, oggi esiste solo la paura di perdere quel poco che si ha”.
Così Giuseppe De Rita al Convegno Dis/uguaglianze a 50 anni dal Convegno sui mali di Roma (tenutosi il 19 febbraio 2024, nell’Aula della Conciliazione nel Palazzo del Vicariato) in maniera assolutamente provocatoria e anche discutibile, ma nell’intento di aprire un dibattito nella Chiesa e nella città, per verificare la veridicità o meno della sua analisi.
De Rita ha ora 92 anni e allora fu primo relatore al Convegno sui Mali di Roma. Poletti era divenuto da pochissimo cardinal vicario e si trovò ad affrontare una Chiesa, un clero ed un laicato romani in fermento, proprio a motivo della grande disuguaglianza sociale.
De Rita sottolinea che il portato più forte di quella stagione fu l’acquisizione di una soggettività della Chiesa di Roma, fino a quel momento riducibile, invece, esclusivamente al Vaticano e al Papa.
Anche Andrea Riccardi ha sottolineato nel suo intervento, immediatamente precedente a quello del prof. De Rita, che la scoperta dell’esistenza di una Chiesa diocesana, con una sua precisa personalità, deve essere fatto risalire a quegli anni e al cardinale vicario Ugo Poletti; fino a quel momento le scelte romane erano determinate dai diversi esponenti della gerarchia al di là del Tevere. Come una cesura, come uno spartiacque, da quel momento in poi, soprattutto con il pontificato di Paolo VI, la Chiesa di Roma emerse con una sua precisa fisonomia, con il suo laicato ed il suo clero, con le sue parrocchie e le sue associazioni.
De Rita ha sottolineato come il Convegno sui Mali di Roma sia oggi importante non tanto per la sua analisi specifica, perché la situazione è oggi radicalmente diversa da allora, ma perché fu una presa di coscienza del fatto che la fede vive nella storia e che deve assumersi la responsabilità nella storia e in dialogo con essa. Ha affermato con forza che la Chiesa deve “stare nel processo”, cioè stare nella realtà e nella realtà storica, cercando di comprenderla e di interpretarla, come si fece nel 1974. Non ripetendo le analisi di allora, ma ripetendo quello “stare nel processo” che fu allora tentato.
Oggi – sostiene il fondatore del Censis – non ci sono più le grandi disparità sociali di allora, perché “allora c’erano le grandi banche a Roma, c’erano le grandi industrie”, che oggi sono scomparse. Al contempo, negli anni ’70, c’erano i borghetti con un proletariato romano che viveva in baracche”.
Oggi la società italiana nel suo insieme, ha affermato De Rita, vive, invece, il “sentimento del declino”.
“Non c’è più un’identità collettiva, non c’è più il sentimento del “noi” che caratterizzò quella stagione”.
Se si guarda alla storia nella quale bisogna oggi essere cristiani “si vedono tanti “io”, senza che esista un “noi”. Manca totalmente una cultura della visione e di una visione condivisa”.
Anzi – ha affermato De Rita – “manca proprio una cultura, manca proprio la cultura”.
È come se si fosse smesso di fare cultura. “Roma deve avere delle parole” per comprendersi – ha affermato il fondatore del Censis.
L’invito di un uomo di 92 anni che ha “fatto”, insieme alla sua generazione, il Convegno sui mali di Roma è quello di recuperare “l’intenzionalità, che era una virtù medioevale, anche se non esisteva questo termine”, cioè l’idea di una direzione e di una progettualità che riguardi tutti e non solo alcuni.
Il dramma del presente è che nessuno nella società e nella Chiesa si rivolge a questa classe piccolo borghese che è la realtà caratteristica odierna e che è stanca, che è come una “zona grigia” – tale espressione è stata proposta proprio dal Censis come chiave di lettura della Roma del presente: una “zona grigia”, senza entusiasmo e creatività e a cui nessuno si rivolge perché maturi.
Per De Rita non basta parlare solo delle “periferie”, con le “periferie” e alle “periferie”; perché parlando solo delle “periferie” e non cercando di dare parole alla popolazione tutta che ha il problema della soggettività, si rischia di diventare periferici e di non collocarsi al centro del dibattito culturale e sociale della Roma odierna, come intese fare, invece, il Convegno sui Mali di Roma che affrontò la propria epoca individuando il cuore della questione cittadina sotto gli occhi di tutti in una Roma ben diversa dall’attuale”.
“Oggi – per De Rita – la grande questione che non ha parole, per cui nessuno trova e nemmeno cerca le parole è quella della soggettività”. “Anche il fatto che il 50% della popolazione continui a credere alla vita eterna è un indizio dell’importanza della soggettività, a cui però nessuno pone attenzione”.
“Come parlare oggi alla soggettività e della soggettività, questa è la grande questione che ha la città di Roma oggi, nel 2024”.
L’analisi di De Rita non può essere accolta in toto, ma certo provoca a dare risposte e ancor più a leggere, a comprendere, prima di proporre soluzioni, quale sia la situazione odierna, sulla scia di quel convegno che osò cercare di leggere la concreta situazione della Roma di allora.