Gli eroi cattolici dimenticati che seppero dire no a Hitler. Non solo i giovani della “Rosa Bianca” e non solo in Germania, ma anche in Austria e in Alto Adige: preti e laici dai cui scritti emerge una fede incrollabile, di Gerolamo Fazzini
Riprendiamo da Avvenire un articolo di Gerolamo Fazzini, pubblicato il 13/1/2024. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Nazismo e fascismo e Per la pace contro la guerra: mitezza e violenza.
Il Centro culturale Gli scritti (14/1/2024)
Padre Heinrich Dalla Rosa
Tra i volumi sulla Shoah e dintorni che, con l’approssimarsi della Giornata della memoria, torneranno ad affollare le librerie, un posto particolare lo occupa La lama e la croce. Storie di cristiani che si opposero a Hitler, in uscita da Lev (Libreria editrice vaticana, pagine 128, euro 15,00): un documento prezioso, un’autentica sorpresa.
Lo firma il giornalista e scrittore altoatesino Francesco Comina, che da anni indaga sul tema e ha già dedicato due libri a Franz Jägerstätter e a Josef Mayr-Nusser, rispettivamente per Emi e Il Margine.
A metà tra l’indagine giornalistica e il reportage storico, il nuovo lavoro di Comina ha il merito di presentare diversi nomi molto interessanti e sconosciuti. Tant’è che in alcuni casi non sono nemmeno menzionati in due testi monumentali sul tema, ovvero il recente Il soffio dello Spirito. Cattolici nelle Resistenze europee di Giorgio Vecchio e Churches and Religions in the Second War di Jan Bank e Lieve Gevers. Grazie alla sua familiarità con la lingua tedesca, infatti, l’autore ha potuto accedere a testi usciti in Germania e in Austria, ma non nel Belpaese.
L’altro motivo di interesse della nuova pubblicazione Lev è il fatto che, una volta di più, emerge come gli oppositori cristiani al nazismo non siano stati pochi eroi solitari, ma una galassia composita, disseminata in vari Paesi. Ne facevano parte sia uomini che donne; ecclesiastici, religiose e laici, persone adulte o anziane, ma anche giovani coraggiosi.
Ad accomunare questi personaggi è il fatto che hanno tutti seguito la voce della coscienza fino in fondo, in un’epoca in cui l’indottrinamento propagandistico e la violenza sistematica contro i “non allineati” scoraggiavano qualsiasi forma di pensiero critico e resistenza, fiaccando la volontà anche dei più coraggiosi. Dunque, persone di cui vale la pena di custodire la memoria.
Come afferma Comina: «Dobbiamo raccontare che ci sono stati uomini e donne più forti dell’odio, che hanno vissuto totalmente, in mezzo alla tempesta, a imitazione di Cristo, fra i sentieri polverosi di una verità nonviolenta e di una fedeltà umana alla carità».
Eva Maria Buch
Su Franz Jägerstätter sono usciti libri e, nel 2019, lo stupendo (ma quasi introvabile) film di Terrence Malick Una vita nascosta.
Di molti altri, però, non si conosce granché. Come osserva Comina, poco o nulla in Italia si sa di un’iniziativa analoga a quella della celebre “Rosa Bianca”, promossa da un diciannovenne, Walter Klingenbeck, che finì ghigliottinato il 5 agosto 1943, negli stessi mesi dei giovani della Weisse Rose, sempre a Monaco.
Come Sophie Scholl e compagni, anch’egli e i suoi amici erano mossi dalla fede cristiana, tant’è che la diocesi di Monaco sta valutando la possibilità di aprire il processo di beatificazione per Klingenbeck. «Anche loro distribuivano volantini, girando col pennello, la notte, per scrivere “Freiheit” e “Victory” sui muri dei palazzi. Addirittura, avevano ideato (e quasi messo in funzione) una radio clandestina di opposizione».
Commuovente l’ultima lettera scritta dal giovane, pocoprima di essere assassinato, a un coetaneo che, arrestato, aveva ottenuto la grazia: «Ho appena ricevuto l’estrema unzione e sono calmo e raccolto. Se vuoi fare qualcosa per me, recita il Padre Nostro qualche volta. Arrivederci. Walter».
Non meno toccanti le storie di suor Maria Angela Autsch, nota come “l’angelo di Dachau” e delle due giovani laiche: Eva Maria Buch e Maria Terwiel. Donne straordinarie, salite sul patibolo ripetendo come una giaculatoria la pagina evangelica delle Beatitudini.
Entrambe appartenevano alla “Rote Kapelle” (l’Orchestra rossa), organizzazione antinazista accusata falsamente dalla Gestapo di essere un gruppo di spionaggio filo-sovietico «quando invece si trattava, in realtà, di una forma variegata di resistenza all’ideologia hitleriana, dove convivevano culture politiche e religiose diversificate».
Anche Franz Reinisch, frate dell’ordine dei Pallottini ucciso il 21 agosto 1942, fa parte dell’esercito dei dimenticati. Osserva Comina, dopo aver notato che la bibliografia disponibile su questa figura è quasi solo in lingua tedesca: «Perfino in Alto Adige pochissimi lo conoscono, nonostante abbia vissuto a Bolzano e a Brunico, si sia formato nel seminario di Bressanone e una casa di pallottini sia ancor oggi attiva a Merano».
Un’interessante figura scovata da Comina è un prete di origine altoatesina, Heinrich Dalla Rosa, che ha svolto in suo ministero in Austria ed è stato ghigliottinato nel gennaio ’45 a Vienna, a soli 35 anni di età. La sua colpa? Aver criticato apertamente il regime nazista, azzardando pubblicamente la previsione della sconfitta di Hitler.
Il ritratto che ne fa l’autore è quello di un uomo che amava intensamente la vita quanto la sua vocazione sacerdotale. «Era aperto. Nelle funzioni religiose inseriva spesso elementi di modernità, come la lingua tedesca nei canti e nelle celebrazioni. Affascinava i giovani con la sua chitarra e la sua bella voce. Amava la montagna e spesso organizzava gite anche difficoltose». E «Salutatemi le mie montagne!», fu la raccomandazione ai familiari prima di essere ucciso. Ebbe poi il tempo per l’ultima professione di fede: «Viva il vero Re, viva il Cristo!».
Maria Terwiel
Di tutte le figure presentate nel volume di Lev, a giganteggiare - quanto a preparazione culturale e orizzonte profetico - è indubbiamente padre Max Josef Metzger, di cui la diocesi di Friburgo nel 2006 ha avviato il processo di beatificazione. Sulla sua tomba si legge: «Ho offerto la mia vita per la pace del mondo e per l’unità della Chiesa».
In quelle parole, pronunciate subito dopo la sentenza di condanna a morte, c’è la sintesi di un’intera vita. Metzger, infatti, è stato sia un pioniere del pacifismo europeo (lui, ex cappellano militare volontario al fronte nel primo conflitto mondiale) nonché un alfiere dell’ecumenismo.
Annota Comina: «Metzger sprona i cattolici a unire tutti gli sforzi per creare una “Unione di pace” dei cattolici tedeschi. Scrive addirittura un manifesto d’intenti che può essere considerato come la prima fondazione di un movimento pacifista cristiano».
Con dieci anni di anticipo, preannuncia l’avvento della Seconda guerra mondiale con parole che oggi suonano tristemente profetiche. «Nel 1929 a L’Aia è relatore ad uno dei primi incontri sul tema dell’obiezione di coscienza al servizio militare - racconta Comina - . Il suo discorso è di un’attualità sconcertante».
Animato da forte spirito ecumenico, nel 1938 fonda in Baviera la Fraternità interconfessionale “Una Sancta”. L’anno dopo la Gestapo lo arresta; condannato a morte, Metzger viene ucciso il 17 aprile 1944. Nel 2008 le Edizioni san Paolo pubblicarono una preziosa antologia dei suoi scritti, La mia vita per la pace. Lettere dalle prigioni naziste scritte con le mani legate. Purtroppo oggi risulta fuori catalogo.