Papa Francesco stesso ha spiegato al clero romano come interpretare la recente dichiarazione Fiducia supplicans relativamente alle benedizioni a persone omosessuali: benedizione alle persone in quanto tali, non alla loro relazione. Breve nota di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Famiglia, affettività e sessualità, omosessualità e gender.
Il Centro culturale Gli scritti (14/1/2024)
Diversi amici del clero romano mi hanno raccontato delle diverse domande del clero romano rivolte a papa Francesco sull’interpretazione della recente dichiarazione sulle benedizioni Fiducia supplicans del Dicastero per la dottrina della fede, pubblicata il 18 dicembre del 2023, nella quale un paragrafo invita a dare la benedizione anche a persone che vivono relazioni omosessuali.
Mi hanno spiegato – e la fonte è certa poiché tutti concordavano - che il pontefice è stato chiarissimo, anche perché ci sono stati quattro interventi sul tema, tre che esprimevano perplessità e uno, di orientamento opposto alle tre, che invitava invece a riconoscere le relazioni tout court.
Il pontefice ha affermato in maniera assolutamente chiara e inequivocabile che la benedizione viene data alle persone e non alla relazione.
Ha detto che nelle relazioni omosessuali vale lo stesso principio della sessualità tout court e che, quindi, dove non c’è matrimonio, le relazioni sessuali ricadono sotto il Sesto comandamento.
Quindi quando c’è richiesta di perdono nella Confessione sacramentale bisogna – ha insistito sul “bisogna” - concedere l’assoluzione che non deve mai essere negata.
Ma appunto si tratta di misericordia, di perdono, e non di benedizione di unioni.
Ha ricordato che si benedicono anche politici che sono notoriamente in peccato contro la giustizia o l’uso del denaro e che questo non implica un assenso al loro modo di vivere – è ovviamente c’è grande diversità fra gli uni e gli altri -, ma è una benedizione su di loro per chiedere conversione e la misericordia di Dio o salute.
La benedizione deve essere donata alle persone che la chiedono - papa Francesco ha sottolineato questo “dovere” di benedire -, perché esse stanno chiedendo in maniera sincera che Dio le illumini e le guidi, perché, così facendo, esse riconoscono il loro bisogno della misericordia di Dio e Dio non farà mancare la sua grazia.
Poiché le perplessità sono state espresse anche da due preti africani in servizio a Roma, il papa ha ricordato che le diverse conferenze episcopali debbono applicare il documento a seconda delle sensibilità locali e che, quindi, una volta che il cardinal Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa e presidente delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Sceam/Secam), ha scritto a nome delle diverse chiese africane che la benedizione non verrà data in quei paesi, quel parere vale per quelle nazioni e quelle chiese, in nome dell’autonomia delle diverse Chiese e nel rispetto dei loro usi e costumi.