«Vorrei dipingere uomini e donne con un non so che di eterno, di cui una volta ne era simbolo l'aureola, che noi cerchiamo di rendere con lo stesso raggiare, con la vibrazione dei colori». I testi dalle lettere di van Gogh e la prima predica che fece come pastore a Londra letti nel corso dell’incontro su Vincent van Gogh del ciclo ascoltando i maestri
Riprendiamo sul nostro sito il video dell’incontro/spettacolo su Vincent van Gogh del ciclo Ascoltando i maestri e i testi che sono stati letti nel corso dell’incontro. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Arte e fede; cfr., in particolare, Nel 150° anniversario della nascita di Vincent van Gogh (1853-2003). Dal Sermone domenicale sul Salmo 119, 19 al Campo di grano con corvi. Vivere in compagnia della speranza e nella sua assenza, di Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (14/1/2024)
https://www.youtube.com/watch?v=vVelEO3gUNo
N.B. I testi qui sotto presentati sono stati scelti da Andrea Lonardo e adattati da Francesco D’Alfonso
1/ dalla Lettera a Theo da Arles, 11 agosto 1888
Mio caro Theo,
non sarei per nulla stupito se fra poco gli impressionisti trovassero a ridire sul mio modo di dipingere, che è stato fecondato più dalle idee di Delacroix che dalle loro.
Perché invece di cercare di rendere esattamente ciò che ho davanti agli occhi, mi servo del colore in modo più arbitrario per esprimermi con intensità.
Comunque lasciamo stare la teoria, voglio darti un esempio di ciò che intendo dire. Vorrei fare il ritratto di un amico artista che sogna i grandi sogni, che lavora come l'usignolo canta, perché questa è la sua natura. Quest'uomo dovrebbe essere biondo. E vorrei mettere nel quadro la stima e l'amore che ho per lui. Lo ritrarrei dunque così com'è, più fedelmente possibile, per cominciare.
Ma il quadro non sarebbe terminato così. Per finirlo farò il colorista arbitrario. Esagererò il biondo dei capelli, arrivando ai toni arancione, ai gialli cromo, al limone pallido. Dietro la testa, invece di dipingere il muro banale del misero appartamento, dipingerò l'infinito, farò uno sfondo semplice del blu più ricco, più intenso che riuscirò ad ottenere; da questa semplice combinazione, la testa bionda, illuminata su questo sfondo blu sontuoso, rende un effetto misterioso come di stella nell'azzurro profondo.
Nella vita e nella pittura posso fare bene a meno del buon vino, ma non posso, io che soffro, fare a meno di qualcosa più grande di me, che è la mia vita, la potenza creativa. E quando si è frustrati nella potenza fisica, si cerca di dar vita ai pensieri al posto dei figli, e si partecipa così dell'umanità. E con un quadro vorrei poter esprimere qualcosa di commovente come una musica. Vorrei dipingere uomini e donne con un non so che di eterno, di cui una volta ne era simbolo l'aureola, che noi cerchiamo di rendere con lo stesso raggiare, con la vibrazione dei colori.
2/ I primi passi
Mio caro Theo,
ora la cosa principale è che il tuo matrimonio non vada per le lunghe.
Sposandoti, tu renderai la mamma tranquilla e felice, e farai quello che è necessario alla tua sistemazione nella vita e nel commercio.
Sarai apprezzato dalla società alla quale appartieni, ma forse non più di quanto gli artisti pensano che talvolta anch'io ho lavorato e sofferto per la comunità...
Certo che da me, tuo fratello, tu non vorrai delle felicitazioni banali e l'assicurazione che sarai di colpo trasportato in un paradiso.
Ma con tua moglie cesserai di essere solo, ed è questo che auguro anche a nostra sorella.
Dopo il matrimonio tu vedrai il tuo cammino tracciato e la tua casa non sarà più vuota.
3/ Il seminatore al tramonto
Mio caro Bernard,
il Cristo soltanto - fra tutti i filosofi, maghi, eccetera – ha affermato come principale certezza la vita eterna del tempo, il nulla della morte, la necessità e la giustificazione d'essere della serenità e della dedizione.
Egli ha vissuto serenamente, come il più grande artista di tutti gli artisti, sdegnando sia il marmo che l'argilla e il colore, e lavorando sulla carne viva.
Vale a dire che questo artista – inaudito, quasi inconcepibile - non faceva né statue, né quadri, né libri: egli faceva... degli uomini vivi, degli immortali.
Questo grande artista non ha fatto neppure dei libri. Questo grande artista, il Cristo, se disdegnava a scrivere dei libri sulle idee, non ha disdegnato la parola parlata, la parabola soprattutto (che seminatore, che mietitura!).
Chi di noi oserebbe dire che abbia mentito il giorno in cui, predicando con disprezzo la rovina delle costruzioni romane affermò: «E anche quando il cielo e la terra saranno passati, le mie parole non passeranno».
Queste parole dette sono fra i più alti vertici raggiunti dall'arte, che diventa forza creatrice, pura potenza creatrice.
Queste considerazioni, mio caro amico, ci portano ben lontano: ci sollevano al di sopra della stessa arte. Esse ci fanno intravedere l'arte di creare la vita, l'arte di essere dei vivi immortali.
Mio caro Bernard,
non ti nascondo che amo la campagna perché ci sono cresciuto - delle ondate di ricordi di altri tempi, delle aspirazioni di questo infinito di cui il seminatore e il covone sono i simboli, mi incantano ancora come una volta.
4/ La Pietà
In queste settimane ho dipinto qualcosa anche per me – ma nella mia stanza da letto non mi piace molto vedere i miei quadri – perciò ne ho copiato uno di Delacroix, una Pietà, vale a dire un Cristo morto con la Mater Dolorosa.
All’entrata di una grotta giace sdraiato, con le mani in avanti sul fianco sinistro, il cadavere sfinito, e la donna sta dietro. È sera, dopo la tempesta, e questa figura desolata, vestita di azzurro – le sue vesti agitate dal vento – si stacca contro un cielo dove vagano nuvole viola orlate d’oro. Anch’essa con un grande gesto disperato allarga in avanti le braccia vuote. E poiché il viso del morto è nell’ombra, la pallida testa della donna si staglia chiara contro una nuvola – contrasto che fa sì che queste teste sembrino un fiore scuro e un fiore pallido avvicinati insieme per valorizzarsi.
Delacroix non disegna una Mater Dolorosa alla maniera delle statue romane: ella ha invece l’aspetto pallido, lo sguardo perduto e vago di una persona stanca di essere in angoscia e in pianto e in veglia.
Se ora mi vedessi lavorare alla Pietà, non diresti che sono malato: con i pensieri limpidi, con la mano sicura, ho disegnato senza prendere una sola misura del quadro di Delacroix, nella quale ci sono ben quattro mani e braccia in primo piano, gesti e posizioni di corpo non proprio comode e semplici.
Io so che la guarigione viene – se si è coraggiosi – dal di dentro, con la rassegnazione alla sofferenza e alla morte, con l'abbandono della propria volontà e dell'amor proprio. Ma ciò non ha importanza per me, mi piace dipingere, mi piace vedere gente e cose, e mi piace tutto ciò che costituisce la nostra vita. Sì, la vita vera sarebbe un'altra cosa, ma io non credo di appartenere a quella categoria di anime che sono pronte a vivere e anche a soffrire in qualsiasi momento.
Che cosa strana è il tocco, il colpo di pennello. All'aria aperta, esposti al vento, al sole, alla curiosità della gente, si lavora come si può, si riempie il quadro alla disperata. Ed è proprio facendo così che si coglie il vero e l'essenziale – questa è la cosa più difficile.
Io prevedo già che il giorno in cui avrò un certo successo, comincerò a rimpiangere la mia solitudine e il mio accoramento di qui, quando guardo attraverso le sbarre di ferro della mia cella il falciatore nei campi ai miei piedi.
La disgrazia serve a qualcosa.
Per riuscire, per assicurarsi un successo che duri, bisogna avere un temperamento diverso dal mio, io non farò mai ciò che avrei potuto e dovuto volere e perseguire.
5/ dal Sermone di Vincent van Gogh inviato al fratello Theo
N.B. di Andrea Lonardo
L'immagine del sentiero del famoso Campo di grano con corvi degli ultimi giorni di van Gogh appare anche in un'opera giovanile di van Gogh, ma con una variante di grande rilevanza: la presenza dell'Angelo di Dio.
Tale opera non è pittorica, ma letteraria: è il Sermone domenicale sul Salmo 119, 19, la sua prima predica, tenuta in Inghilterra all'età di 23 anni.
Vincent van Gogh, figlio di Theodorus van Gogh, pastore della Chiesa Riformata Olandese, fu, infatti, per alcuni anni, anch’egli predicatore evangelico.
Quando ritornò, nel marzo del 1876, all'età di 23 anni, a Londra (dove già aveva abitato due anni, a partire dal 1873) iniziò a lavorare alla scuola del Rev. William P. Stokes a Ramsgate. Era responsabile di 24 ragazzi, tra i 10 ed i 14 anni d'età.
Passò poi ad insegnare alla scuola del Rev. T. Slade Jones, predicatore metodista, a Isleworth. In questo periodo, come appare dalle sue lettere al fratello Theo, si dedicò sempre più allo studio della Bibbia. Nell'estate dello stesso anno, il 1876, iniziò a pensare seriamente di dedicare la sua vita alla predicazione cristiana.
Il rev. Jones acconsentì ad assegnargli maggiori responsabilità verso la comunità cristiana del luogo.
Van Gogh tenne il suo primo sermone domenicale - che ebbe appunto per tema il versetto del Salmo 119, 19 "Sono uno straniero sulla terra, non mi nascondere i Tuoi comandamenti" - il 29 ottobre 1876, in un culto metodista.
È van Gogh stesso ad averlo trascritto, per inviarlo in una lettera al fratello Theo (è in questo modo che esso è giunto fino a noi).
Il sermone, dopo aver a lungo invitato a meditare sulla vita come pellegrinaggio, attingendo alla testimonianza biblica, si chiude evocando proprio l'immagine del sentiero. Ma, sul sentiero, appare una donna, o una figura in nero, l'Angelo di Dio, l'immagine della presenza di Dio e della sua Provvidenza, ad incoraggiare il passo ansioso dell'uomo.
Le parole del Sermone fanno qui riferimento ad un'opera di George Henry Boughton (1833?-1905), pittore, di cui il Van Gogh Museum di Amsterdam custodisce la tela Dio ti sia favorevole! Pellegrini che si mettono in cammino per Canterbury, del 1874.
Anche in questa tela, che non è la stessa citata da van Gogh, Boughton mostra due pellegrini alla presenza della “figura nera” – qui è chiaramente un predicatore cristiano.
Il Sermone è accluso alla lettera 79 da Isleworth.
Così Vincent van Gogh lo presenta: «Theo, tuo fratello ha predicato per la prima volta, domenica scorsa, nella casa di Dio di cui è scritto: “In questo luogo, io darò la pace”. Ti accludo una copia di quanto dissi. Possa essere il primo di una lunga serie di sermoni» .
Queste invece le parole finali della Lettera al fratello:
«Salendo sul pulpito, mi sentii simile a qualcuno che uscendo da una buia caverna sotterranea ritorni nella calda luce del giorno. Il pensiero che, in avvenire, predicherò il Vangelo ovunque vada mi procura una gioia profonda. Per compiere bene tale missione, bisogna portare il Vangelo in cuore. Possa il Signore concedermi questa grazia».
La nostra vita è il cammino di un pellegrino.
Una volta ho visto un bellissimo quadro: era un paesaggio alla sera. In distanza, sul lato destro, una fila di colline appariva azzurra nella leggera nebbia della sera. Su quelle colline lo splendore del tramonto, le nuvole grigie con i loro orli d'argento, d'oro e di porpora. Il paesaggio è una pianura o una landa, coperte di erba e di foglie gialle perché era autunno. Attraverso il paesaggio una strada porta a un'alta montagna, lontana, molto lontana: sulla cima di quella montagna è una città su cui il sole tramonta glorioso. Sulla strada cammina un pellegrino, con qualcosa in mano. Ha già camminato per lungo tempo ed è molto stanco. E ora incontra una donna, o una figura in nero, che fa pensare alla parola di San Paolo: «Come essere colmi di pena eppure gioire sempre». Quell'Angelo di Dio è stato messo là per incoraggiare i pellegrini e rispondere alle loro domande, e il pellegrino le chiede:
«La strada va su per la collina tutto il tempo?».
E la risposta è: «Si, fino alla fine».
E lui chiede di nuovo: «E il cammino durerà tutto il giorno?».
E la risposta è: «Dalla mattina alla sera amico mio».
E il pellegrino va avanti colmo di pena eppure sempre gioendo – pieno di pena perché è così lontano e la strada così lunga. Pieno di speranza mentre guarda su, verso la città eterna, lontana, risplendente nella luce della sera e pensa a due antichi detti che ha sentito tanto tempo fa.
Uno è: “Molta lotta deve essere combattuta. Molta sofferenza deve essere sofferta. Molte preghiere devono essere pregate. E allora la fine sarà pace”.
E l'altro è: “L'acqua arriva alle labbra, ma non arriva più in alto”.
Ed egli dice: Sarò sempre più stanco ma anche sempre più vicino a Te.
L'uomo non deve lottare sulla terra? Ma c'è una consolazione da Dio in questa vita. Un Angelo di Dio che conforta l'uomo, che è l'Angelo della Carità. Non dimentichiamolo.
E quando ognuno di noi torna alle cose quotidiane e ai doveri quotidiani non dimentichiamo che le cose non sono quello che sembrano, che Dio ci insegna cose più alte attraverso le cose della vita quotidiana, che la nostra vita è il cammino di un pellegrino, e che noi siamo stranieri sulla terra, ma che noi abbiamo un Dio e padre che protegge gli stranieri, - e che siamo tutti fratelli.
6/ Dalle ultime lettere di Vincent van Gogh, giugno-luglio 1890
Io sono completamente preso dalla immensa pianura con i campi di grano contro le colline, senza confini come un mare, di un giallo, di un verde tenero, delicato, il viola tenero di un pezzo di terreno zappato e sarchiato, con il verde delle piante di patate in fiore che forma un disegno a scacchi regolari, e tutto ciò sotto un cielo a tonalità delicate di azzurro, bianco, rosa e violetto.
Vedete, di solito cerco di essere di buon umore, ma la mia vita è attaccata a un filo, il mio passo vacilla. Tuttavia, ho dipinto ancora tre grandi quadri: sono delle immense distese di grano sotto cieli nuvolosi, e non mi sento assolutamente imbarazzato nel tentare di esprimere tristezza, e un'estrema solitudine.
Come attraverso un fondo di bicchiere, oscuramente - così mi appare la vita, ed il perché del dire addio, le partenze, l'irrequietezza continua.
Per me la vita può ben continuare a restare isolata. Coloro cui mi sono più affezionato, mai li ho visti altrimenti che come attraverso un fondo di bicchiere, oscuramente. Eppure una ragione c'è perché a volte ci sia una maggiore armonia nel mio lavoro. Dipingere è un'entità a sé. L'anno scorso lessi in un qualche libro che lo scrivere o il dipingere un'opera era come avere un figlio. Questo non lo ritengo valido nel caso mio - ho sempre pensato che la seconda delle due cose fosse la migliore e la più naturale. È proprio per questo che mi sforzo al massimo, anche se accade che proprio quel mio lavoro è compreso meno, è per me ciò che costituisce il solo legame fra il passato e il presente.