De la bellezza le dovute lodi. Un balletto di Claudio Monteverdi. Un commento di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una recensione di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Musica classica. Cfr. in particolare Il compositore Claudio Monteverdi fece voto di andare in pellegrinaggio a Loreto e divenne prete nel 1632 (dal Dizionario biografico degli italiani).
Il Centro culturale Gli scritti (8/1/2024)
De la bellezza le dovute lodi è magnifico. Forse del 1599, forse del fratello di Claudio Monteverdi, appartiene comunque agli Scherzi musicali, no. 18 del catalogo di Monteverdi, che vennero pubblicati nel 1607.
Si sa che nel 1599 Monteverdi era in servizio alla corte di Mantova ed il balletto è dedicato a Don Francesco Gonzaga, principe di Mantova e di Monferrato.
La bellezza che genera l’amore è indicata come “raggio de la celeste luce”: essa è cioè segno di Dio stesso, rimanda a Lui, che partecipa alle cose e alle persone la sua propria bellezza.
Dell’amore – e della sua bellezza – sa Alcide/Ercole che dovette morire ucciso da Deianira, gelosa, perché aveva portato come trofeo Iole che amava e dovette perciò varcare le porte del Tartaro – canta il balletto.
Ma lo sa anche il Dio della guerra, Marte, che si arresta quando incontra Venere, la Dea d’amore, che gli impone di disarmarsi.
Il passaggio più bello del balletto è proprio quando la composizione cambia totalmente ritmo, perché Marte, appunto, è stato reso “mansueto et humile” da Venere, anche se tali mansuetudine e umiltà sono rese da un ritmo vorticoso.
Insomma un inno all’Amor vincit omnia, è tratto dalla mitologia pagana e dall’esperienza, ma canta indirettamente anche della carità divina, dell’“amore che tutto e tutti vince”, cantato da san Paolo nella prima Lettera ai Corinzi.
https://www.youtube.com/watch?v=t_a2EidfbkI
De la bellezza le dovute lodi
celebriam con lieto canto
e tu Ciprign’intanto [Ciprigna è Venere]
de tuoi prieghi altera godi.
Godi pur ch’alta vittoria
si prepara a meriti tuoi
onde chiara oggi fra noi
splenderai per nuova gloria. (2xx)
È la bellezza un raggio
de la celeste luce
che quasi un Sol di Maggio
temprat’ardor n’adduce.
Quinci nel nostro core
nascono i fior d’amore.
Chi di tal lume non splend’ornato
dirsi beato in van presume (2xx)
che’ vil tesoro son gemm’et oro
e valor cade contro beltade. (2xx)
(2xx)
Ben sallo Alcide il forte [Alcide/Ercole che venne ucciso per gelosia, poiché aveva portato come trofeo Iole che amava]
da duo begl’occhi vinto
quantunque avvinto
traesse il cor da le tartaree porte
e sallo il Dio de l’arme
de l’ira e del furore
quando la Dea d’Amore
gl’impon che si disarme.
Ond’ei cangiato stile
mansueto et humile
mirando il suo bel volto
la spada oblia fra belle braccio accolto.(2xx)
Dunque a lei che di beltate
ottenne il pregio e’I vanto
quest’altere alme ben nate
concordi al nostro canto
guidano in queste valli
per far l’honor quest’amorosi balli.