Perché preferisco che mi si telefoni e mi disturba di più che mi si mandino WA e messaggi vocali, mentre desidero che si utilizzi il telefono per chiedermi qualcosa. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Educazione e media.
Il Centro culturale Gli scritti (11/12/2023)
Dico sempre a tutti che mi danno un po’ fastidio i messaggi WA e i vocali, così come i messaggini e le mail.
Tutti mi dicono: “Preferisco non telefonarti, così non ti disturbo”, è vero esattamente il contrario. Se mi mandi un messaggio, innanzitutto non puoi sapere se io l’ho letto – e, difatti, io non riesco a leggere spessissimo i messaggi e i WA e i vocali, perché ne ricevo troppi e perché non posso stare tutta la giornata a seguire i diversi canali, debbo vivere il presente e stare attento piuttosto a chi ho davanti, perché devo fare attenzione a chi mi sta parlando e non a chi mi scrive ogni 5 secondi.
Ma, in secondo luogo, è come se, nella mente di chi lo invia, un messaggio obbligasse poi a risponderti e, ad esempio, se si deve fissare un appuntamento, obbligasse chi ha ricevuto il messaggio ad essere lui a cercare te – fra l’altro anche con spese di costi telefonici.
Se qualcuno vuole dirmi una cosa, che mi telefoni. Se non gli rispondo, vuol dire che ho da fare e che mi chiamerà lui più tardi – la palla la deve giocare chi chiama, non il poveretto a cui si vuole chiedere qualcosa, fosse pure solo un parere e non un appuntamento. Tutti sanno che per telefono rispondo a tutti, in maniera che, se c’è da decidere qualcosa, si prendono le agendine e si fissa o se c’è una questione la si risolve subito.
Mandare messaggi pare obblighi, invece, a torto, chi li riceve a dover rispondere senza aver ancora sentito l’altro, senza poter fornire spiegazione, senza poter a sua volta fare domande chiarificatrici per capire meglio cosa ci si sta chiedendo, cose per le quali c’è necessità di parlarsi e non di scriversi.
Insomma che si parli e non che si scriva o si vocalizzi in assenza.
Questa è la mia filosofia dei social e spero sia condivisa da sempre più persone.
Divertente e terribile è, in merito, l’articolo che scrisse il grande Claudio Magris, che è sempre da leggere:
«Quei 418 messaggi che non ho letto». Sono arrivati in tre giorni sul mio telefono. Se rispondessi a tutti, mi resterebbe tempo? La tecnologia sottrae spazio per vivere, amare, leggere: siamo servi della gleba digitale, di Claudio Magris.