Elena e Costantino. Dal mito alla storia, scritto da Andrea Lonardo, con la direzione artistica e gli adattamenti teatrali di Francesco d’Alfonso

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 20 /11 /2023 - 22:00 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito il copione della lezione/spettacolo Elena e Costantino. Dal mito alla storia, scritto da Andrea Lonardo, con la direzione artistica e gli adattamenti teatrali di Francesco d’Alfonso, tenutasi il giorno 3/11/2023 in Santa Croce in Gerusalemme per il ciclo Ascoltando i maestri. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Storia: il periodo patristico. Su Costantino il grande, vedi su questo stesso sito:

Il Centro culturale Gli scritti (20/11/2023)

Elena e Costantino. Dal mito alla storia, scritto da Andrea Lonardo, con la direzione artistica e gli adattamenti teatrali di Francesco d’Alfonso

Qui il video della lezione/spettacolo Elena e Costantino. Dal mito alla storia

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CORO: M. Lauridsen, Ubi caritas et amor

Ubi caritas et amor Deus ibi est.

Congregavit nos in unum Christi amor
Exsultemus et in ipso jucundemur
Timeamus et amemus Deum vivum
Et ex corde diligamus nos sincero

Ubi caritas et amor Deus ibi est.

Simul ergo cum in unum congregamur
Ne nos mente dividamur caveamus
Cessent iurgia maligna, cessent lites
Et in medio nostri sit Christus Deus.

VIOLONCELLO: G.F. Händel, Largo da “Serse”

ATTORE (COSTANTINO)

Fui un uomo fortunato. Io, Costantino, ebbi la sorte – o meglio, la grazia – di avere una grande madre, Elena, che volle assicurare a me, suo figlio, l’aiuto della protezione divina, perché potessi combattere ogni guerra senza temere pericoli. Ella mi offrì più di quanto io, l’imperatore, potessi offrire a lei. Oh, madre mia! In ansia per tuo figlio, ti recasti a Gerusalemme per cercare il luogo della passione del Signore. Non ho mai saputo da dove venisse – prima che sposasse mio padre, l’imperatore Costanzo – se era figlia di re o fosse una locandiera, come molti dicevano. Se fu locandiera, fu buona locandiera, poiché cercò con tanta diligenza la stalla dov’era nato il Signore, perché non ignorò l’albergatore che aveva curato le piaghe dell’uomo ferito dai briganti, perché preferì essere stimata spazzatura per guadagnare Cristo. Madre mia, per questo Cristo ti elevò dal letame all’impero, perché si avverassero le parole del Salmo: Solleva dalla terra il bisognoso e dal letamaio rialza il povero!

1/LONARDO

Santa Croce in Gerusalemme venne costruita utilizzando l’atrio del Palazzo dell’imperatrice Elena, la madre dell’imperatore Costantino. Ecco la statua realizzata a partire da una precedente scultura pagana, con l’attributo iconografico che sempre accompagna Elena, la croce di Cristo, che è nella cripta della basilica.

Elena era una serva di una stazione di posta nella quale passò Costanzo Cloro, che se ne innamorò. Le fonti la definiscono vilissima, di bassa condizione e in nulla diversa dalle prostitute, non rispettabile e oscura, una stabularia – afferma Ambrogio – cioè una donna addetta al luogo dove si cambiavano i cavalli durante i viaggi.

Come concubina di Costanzo gli dette come figlio Costantino, che nacque a Naissus, nell’odierna Serbia, durante gli spostamenti della coppia. Quando poi Costanzo divenne Cesare, la ripudiò, perché non volle mostrarsi a fianco di una donna di bassa estrazione. Ma non appena Costantino fu acclamato Augusto a York, in Britannia, ecco che il figlio la elevò agli onori più alti dello Stato e la fece Augusta, come attestano le iscrizioni ritrovate a Santa Croce.

Elena visse a lungo nel palazzo imperiale, già esistente dai tempi di Elagabalo della dinastia dei Severi e ristrutturato da Costantino, dotato di un’aula regia – si possono vedere i resti dell’abside proprio qui a fianco -, un anfiteatro e un circo enorme – anch’esso riemerso dagli scavi –, più grande del Circo Massimo, così come le residenze della corte con i magnifici affreschi. La stessa basilica riutilizzò un’aula di tale palazzo che è ancora chiaramente riconoscibile dall’esterno.

Ma, soprattutto, Santa Croce è detta, oltre che basilica Heleniana, anche Santa Croce “in Gerusalemme” perché qui – il dato è ragionevolmente certo – Elena fece trasportare della terra dal Santo Sepolcro come reliquia di quel viaggio. La fece porre dove ora sorge il Cubicolo detto di Santa Elena, dove è l’antica statua romana riadattata che la rappresenta.

CORO: F. Barchi, Vexilla regis (a bocca chiusa, sottofondo al monologo)

Vexìlla Regis pròdeunt;
Fulget Crucis mistèrium,
Qua vita mortem pèrtulit,
Et morte vitam rèddidit.

DANZA

ATTRICE (ELENA)

Ecco il vessillo della croce,
mistero di morte e di gloria:
l'artefice di tutto il creato
è appeso a un patibolo.

O albero fecondo e glorioso,
ornato d'un manto regale,
talamo, trono e altare
al corpo di Cristo Signore.

O croce, unica speranza,
sorgente di vita immortale,
accresci ai fedeli la grazia,
ottieni alle genti la pace.

CORO: F. Barchi, Vexilla regis (riprende da capo, a voce piena)

Vexìlla Regis pròdeunt;
Fulget Crucis mistèrium,
Qua vita mortem pèrtulit,
Et morte vitam rèddidit.

O crux, ave, spes unica
Hoc passiònis tèmpore,
Piis adauge gràtiam,
Reisque dele crìmina.
Amen.

2/LONARDO

Per volere di Sisto V e di Benedetto XIV il rione venne ristrutturato urbanisticamente con tre rettifili, in modo da unire la basilica di Santa Maria Maggiore, a ricordo della nascita di Gesù, quella di Santa Croce, a ricordo della sua passione, e quella del Laterano a ricordo della sua resurrezione.

L’antica basilica venne così ristrutturata con la nuova facciata del 1750 e l’atrio ellittico tipicamente barocco.

Gli affreschi di Antoniazzo Romano nell’abside sono il capolavoro della basilica e raccontano del ritrovamento della croce secondo la Legenda Aurea, una raccolta medioevale di tutte le storie dei santi, con episodi reali ed altri leggendari delle loro vite.

Antoniazzo vi ha raffigurato un ebreo, in seguito vescovo di Gerusalemme secondo la Legenda, che le rivela il luogo del Golgota.

Un particolare curioso è che sullo stendardo che è in alto, sulla cittadella, il pittore ha rappresentato un fallo.

Nella seconda scena si vedono le tre croci emerse dallo scavo. Nella terza è l’individuazione di quella del Cristo, perché essa fa resuscitare un morto postovi sopra.

Segue poi l’imperatore bizantino Eraclio che sfida il re persiano a singolar tenzone su di un ponte, per recuperare le reliquie da lui trafugate.

Lo si vede poi vincitore, mentre riporta la croce a Gerusalemme seduto a cavallo.

Nella scena finale Eraclio deve, invece, portare la croce a piedi, e non a cavallo, su comando di un angelo, in segno di umiltà.

Al centro, infine, è l’esaltazione della croce, sorretta da Elena.

Al di là della Legenda, è certo che Elena visitò la Terra Santa, come rappresentante del figlio. Lì compì opere di carità e fece erigere la prima basilica dell’Anastasis, il futuro Santo Sepolcro, ma anche una chiesa a Betlemme e una sul monte degli Ulivi, tutte chiese che sono contemporanee delle basiliche romane del Laterano, di San Pietro, di San Paolo, come di Santa Croce e delle altre costruzioni costantiniane.

La storia del viaggio di Elena in Terra Santa e del ritrovamento della croce trovò eco, nella prima metà del Settecento, in un testo “in forma di teatro spirituale” di Pietro Metastasio, che fu musicato da Johann Adolf Hasse, Antonio Caldara, Pietro Anfossi e da Leonardo Leo, uno dei massimi esponenti della Scuola napoletana, che nel 1732 presentò l’oratorio musicale “Sant’Elena al calvario”.

SOPRANO: L. Leo – P. Metastasio, Sant’Elena al Calvario

Recitativo

O di qual zelo ardente saggio Pastore
Il tuo parlar m’infiamma!
Fedeli, è questo il campo della pugna felice:
è questo il loco
dove il re delle sfere l’inferno debellò.

Ma dove sono della vittoria i segni?
Della nostra salute il vessillo dov’è?
Dunque io nel trono,
e fra l’immonda polvere la Croce resterà?

Di gemme d’oro Elena cinta
e di ruine oppresso il sepolcro di Cristo?
Nel più nascoso seno del monte
A ricercar si vada il perduto tesoro.

Io son la prima che l’indurate glebe,
l’invide spine ed i tenaci sassi
sveller saprò.
Chi di sua man l’aita
All’ufficio pietoso negar vorrà?
Chi di versar ricusa.
Dove l’eterno Amore
Tanto sangue versò,
poco sudore?

Aria

Raggio di luce dal ciel discende
che mi conduce che il cor m’accende
che di me stessa maggior mi fa.

Ferve nel petto lo spirto acceso
e il corpo stanco reso più franco
non sente il peso di lunga età.

Raggio di luce dal ciel discende
che mi conduce che il cor m’accende
che di me stessa maggior mi fa.

3/LONARDO

L’invio in oriente della madre illumina la posizione religiosa di Costantino.

Il sentire moderno si è abituato a considerare negativamente il figlio di Elena, mentre egli è stato certamente un personaggio di rilievo assoluto, forse più grande dello stesso Augusto.

Come tutti gli imperatori romani esercitò certamente il potere in maniera assoluta, eliminando i rivali e giungendo a far uccidere un figlio, Crispo, e poi la seconda moglie, Fausta.

Ma non c’è dubbio che fu lui – anche se non da solo, bensì insieme all’imperatore d’oriente Licinio -, a porre fine alle persecuzioni anti-cristiane.

ATTORE (COSTANTINO)

Essendo felicemente convenuti a Milano, Noi, Costantino e Licinio Augusti, trattando tutto ciò che riguarda il bene e la sicurezza dello Stato, tra le cose che pensavamo avrebbero giovato alla maggioranza degli uomini, abbiamo deciso di stabilire prima di tutto quelle che riguardano la religione, in modo da dare ai cristiani e a tutti la libera facoltà di seguire la religione preferita, affinché la Divinità che risiede nei cieli – qualunque essa sia – possa concedere pace e prosperità a Noi e a tutti i nostri sudditi. 

4/LONARDO

Il cosiddetto editto dei due Augusti fu storicamente il primo a dare piena libertà di culto ai cristiani e a tutti. È falso che Costantino abbia perseguitato il paganesimo e solo molti decenni dopo la nuova fede divenne religione di Stato con Teodosio.

L’editto del 313 segue di un anno la battaglia di Ponte Milvio vinta da Costantino contro Massenzio. È certo che fu da quel momento che l’imperatore divenne favorevole ai cristiani, al punto da costruire tanti edifici e in tante parti dell’impero per le diverse comunità cristiane (a Roma sono ben dieci, più la basilica di Ostia antica, recentemente riportata alla luce).

Altrettanto certo è che le biografie di Costantino hanno via via ingrandito i particolari dell’apparizione della croce – all’inizio un’intuizione o una luce, poi il monogramma, poi la croce - fino al racconto di Eusebio di Cesarea.

VIOLONCELLO: P. I. Tchaikovsky, Notturno in re minore

ATTORE (COSTANTINO)

Quando mi fui saldamente assiso sul trono, cominciai subito a prendermi cura della parte dell'Impero che era stata di mio padre. Assoggettai tutte le genti barbare stanziate intorno al Reno, attraversai il mare per combattere i britanni, portai soccorso a quanti fossero bisognosi d’aiuto.

Consideravo l'intero globo terrestre come un grande corpo, ma vedevo che proprio il capo, Roma, la città regina dell'Impero, era oppressa da un tiranno, Massenzio. 

Non avrei potuto vivere oltre, se avessi dovuto abbandonare la città regina in preda alle sofferenze. Mi preparai pertanto ad abbatterne la tirannide.

Sapevo che a causa delle arti malefiche operate da Massenzio, mi era necessario un aiuto più potente delle sole forze militari. Cercavo la protezione di un Dio: nulla possono gli eserciti senza l'invincibilità dell'aiuto divino.

Pensavo a quale Dio potessi scegliermi come protettore: nel passato, tutti i sovrani avevano riposto le loro speranze in molti dei, venerati con libagioni, sacrifici e offerte. Era una vera follia perder tempo con quelle inutili divinità! Soltanto un Dio merita di essere venerato. Cominciai allora a invocarlo, supplicandolo di porgermi il soccorso della sua destra.

Mentre ero assorto in questa preghiera, mi apparve un segno divino, straordinario: nell'ora in cui il sole è a metà del suo cammino, quando il giorno comincia a declinare, vidi con i miei occhi, in mezzo al cielo, il segno luminoso di una croce, insieme a un'iscrizione che diceva: «Con questo segno vincerai».

Ero sconvolto. Riflettevo. Molta era la mia incertezza sulla natura di quella visione.

Sopraggiunse veloce la notte. Mi venne in sogno Cristo, con il segno che era apparso nel cielo, e mi invitò a costruire un'immagine simile a quella che avevo visto, e di servirmene come difesa nelle battaglie contro i nemici.

Spuntò l'alba. Convocai i sacerdoti cristiani e chiesi loro chi mai fosse questo Dio e cosa significasse quel “segno”: mi dissero che era l'unico e solo Dio, e che la croce era il simbolo dell'immortalità, il trofeo della vittoria sulla morte, la vittoria di Cristo.

Scelsi come mio Dio il Signore dell’Universo, e Cristo come salvatore e soccorritore. Ora potevo combattere contro il tiranno. Potevo vincere, conquistare Roma.

Alla testa dell’esercito posi il trofeo del mio Dio, la croce.

Nello stesso modo in cui, al tempo di Mosè, il faraone e il suo esercito furono sommersi dalle acque del Mar Rosso, così anche Massenzio e i suoi soldati sparirono nelle acque del Tevere, sprofondando come pietre.

Roma era presa: Dio mi aveva dato la vittoria.

CORO: V. Miškinis, Dum medium silentium

Dum medium silentium tenerent omnia,
et nox in suo cursu medium iter haberet,
omnipotens sermo tuus, Domine,
de cælis a regalibus sedibus venit.

5/LONARDO

Certo è che il cosiddetto monogramma costantiniano compare nella monetazione dell’imperatore, con il Chi e la Rho che sono le iniziali di Cristos, e con la croce.

Anche il viaggio in Terra Santa della madre Elena e la costruzione delle basiliche in Gerusalemme intendevano mostrare quanto l’imperatore si appoggiasse alla fede cristiana, che pure era ancora minoranza nell’impero, soprattutto in occidente.

Costantino aveva capito che il paganesimo non conquistava più i cuori e che le divinità di Roma non erano più un collante che unificasse i sudditi.

I templi erano sempre più vuoti.

Già il padre, Costanzo Cloro, era probabilmente adoratore di un’unica divinità solare, avendo abbandonato il politeismo. L’arco di Costantino, reca un’iscrizione che nomina Dio al singolare: “instinctu divinitatis” – per ispirazione “del” Dio, per ispirazione “della” divinità. Non specifica, però, volutamente, chi fosse questo Dio.

Si discute se l’imperatore sia stato pienamente cristiano: è certo che si battezzò solo in punto di morte e visse, di fatto, da catecumeno o almeno tale venne ritenuto – catecumeno era chi aveva chiesto il Battesimo, ma non lo aveva ancora ricevuto e si preparava ad esso. Il rinvio del battesimo che richiedeva una conversione sincera divenne sempre più diffuso con Costantino.

Fu questa sua condizione di catecumeno che gli permise di convocare il Concilio di Nicea che professò una prima versione di quello che diverrà il Credo niceno-costantinopolitano che ogni domenica si recita nelle chiese.

Fu lui ad introdurre nel calendario civile la celebrazione della domenica, come giorno di riposo, mentre il mondo antico conosceva feste solo annuali e non un riposo settimanale.

Costantino, però, non capì mai perché la teologia fosse così importante nella nuova fede e perché tutto cambiava se Gesù era veramente figlio di Dio o non lo era e se su quella croce si era manifestato l’amore del Dio vivente o solo l’amore di una creatura. Infatti, è solo con il cristianesimo che la teologia, con la sua precisione, diventa importante. La fede cristiana annuncia, infatti, l’incarnazione, che il Dio lontano, cioè, si è fatto vicino, che la Parola di Dio non è più solo un libro, ma la vita del Signore.

Costantino, invece, fece condannare a Nicea gli ariani, ma poi chiese che fossero riammessi nella Chiesa, senza mutare le loro posizioni teologiche.

Un canto medievale catalano, riscritto per violoncello da Pablo Casals, immagina l’annuncio della nascita di Gesù cantato da 32 uccelli.

VIOLONCELLO: P. Casals, El cant des ocells

DANZA

6/LONARDO

La cappella delle reliquie custodisce il tesoro più prezioso della basilica, le reliquie che la tradizione cristiana venera come quelle della Santa Croce. La più impressionante è certamente il titulus, l’iscrizione che era stata posta sulla croce di Gesù in tre lingue.

Nella tavoletta lignea si leggono chiaramente le lettere US NAZARENUS REX, ciò che rimane dell’iscrizione “JESUS NAZARENUS REX IUDEORUM.

Le scritte latina e greca corrono da destra a sinistra come quella ebraica.

CORO: D. Bartolucci, Crux fidelis

Crux fidélis ínter ómnes
árbor úna nóbilis
núlla sílva tálem prófert,
frónde, flóre, gérmine.
Dúlce lígnum, dúlces clávos,
dúlce póndus sústinet.

Pange, lingua, gloriosi proelium certaminis
et super crucis trophaeo dic triumphum nobilem,
qualiter redemptor orbis immolatus vicerit.

Crux fidélis ínter ómnes
árbor úna nóbilis
núlla sílva tálem prófert,
frónde, flóre, gérmine.
Dúlce lígnum, dúlces clávos,
dúlce póndus sústinet.

7/LONARDO

In un reliquiario a parte sono conservati tre frammenti di legno che la tradizione vuole siano appartenuti alla vera croce, mentre un’ulteriore custodia conserva un chiodo che sarebbe stato utilizzato per la crocifissione.

In una stanza a lato è conservata una copia della Sindone con un crocifisso sindonico realizzato da Giulio Ricci. La Sindone mostra chiaramente come i chiodi non fossero piantati nel palmo delle mani, come tutti i dipinti rappresentano il fatto, bensì nei polsi, perché solo in questo modo era possibile che le ossa potessero sorreggere il peso del corpo.

VIOLONCELLO: E. Bloch, From Jewish life, B. 55

ATTRICE (ELENA)

Arrivai nella terra dove era nato, vissuto e morto Nostro Signore.
Cominciai a visitare i luoghi santi, quando ebbi l’ispirazione di cercare il legno della croce.
Mi recai sul Golgota, e pensai: ecco il luogo della battaglia… dov’è la vittoria?
Cercavo il vessillo della salvezza, e non lo trovavo.
Io sul trono e la croce del Signore in mezzo alla polvere…
O diavolo, dove hai seppellito la spada che ti ha annientato?
«Si tolgano le macerie – ordinai – affinché appaia la vita! Si squarci la terra, affinché la salvezza rifulga».
Che hai ottenuto, o diavolo, nascondendo il legno, se non di essere vinto una seconda volta?
Ti ha vinto Maria, che generò il trionfatore.
Sarai vinto anche oggi, così che una donna scopra le tue insidie.
Feci scavare il terreno, sgombrandolo dai materiali: trovai tre patiboli, che le macerie avevano coperto e il Nemico nascosto.
Cercai dunque la croce di mezzo, ma era possibile che le macerie avessero confuso i patiboli, o che una caduta ne avesse alterato l'ordine. Ricorsi allora al testo evangelico, ricordando che sul patibolo di mezzo era posta l'iscrizione: Gesù Nazareno, re dei Giudei. Mi fu chiaro allora qual era la croce della salvezza.
Trovai l'iscrizione e adorai Cristo, poi cercai i chiodi con i quali era stato crocifisso, e li trovai.
Con un chiodo feci fare un morso, l’altro fu incastonato in un diadema di gemme.
Inviai tutto a mio figlio Costantino, che usò entrambi gli oggetti e trasmise la Fede ai suoi successori.

8/LONARDO

Elena – racconta Eusebio di Cesarea – individuò il luogo della crocifissione e della resurrezione, perché l’imperatore Adriano vi aveva fatto costruire sopra un Tempio dedicato a Giove e a Venere per impedire la venerazione di quel luogo da parte dei cristiani di Terra Santa. Proprio la presenza di quel Tempio pagano attestava che quello era il luogo venerato dai primi cristiani.

Come sulla tomba di Pietro a Roma, così anche nel luogo del Golgota e del sepolcro, Elena e Costantino fecero erigere la basilica dell’Anastasis, cioè della Resurrezione.

La fede cristiana non è un mito, ma si basa su eventi avvenuti in luoghi e datazioni precise, perché sono storia e non mito. Il mito non ha indicazioni storiche e geografiche che possano confermarlo o contestarlo, è senza tempo, non così il cristianesimo che afferma della morte di Gesù sulla croce sotto Ponzio Pilato! Questa differenza dal mito ha generato l’esigenza della ricerca storica e della verifica scientifica dei testi biblici, così importante nella nostra cultura occidentale.

Lo scrittore Evelyn Waugh ha immaginato in maniera geniale un dialogo fra Elena e il suo compagno Costanzo Cloro. Costanzo ragiona a partire dai miti atemporali di Mitra e non capisce le domande sulle coordinate cronologiche e temporali poste da Elena che chiede: Quando e dove?

VIOLONCELLO: J.S. Bach, Cello Suite n. 2, Sarabande

ATTORI (ELENA E COSTANZO)

ELENA Costantino è venuto a casa dicendo che lui è un corvo.

COSTANZO Ebbene?

ELENA Che significa, Costanzo? Dopo il vostro ritorno dal Mitreo, quando gli ho domandato se gli fosse piaciuto, lui mi ha risposto: «Non si parla di queste cose con le donne!»

COSTANZO Ahahhah

ELENA Cosa fate in quella caverna? Perché questi segreti?

COSTANZO Elena, mia amata sposa, non c’è nulla di male a raccontarti la storia di Mitra. È molto bella…

Mitra nacque da una roccia: in una mano reggeva una fiaccola, e con l’altra brandiva un coltello. Iniziò ai propri misteri il Sole, e salendo sul suo fulgido carro, scoccò un dardo, facendo scaturire l’acqua da una pietra. Un giorno, poi, Mitra, consigliato da un corvo, si nascose in una caverna e lì uccise il toro cosmico che, morendo, diede vita all’universo. 

ELENA Dove?

COSTANZO Dove?

ELENA Sì, dove è successo? Hai detto che il toro si nascose in una caverna e che dal suo sangue si creò il mondo. Beh, dov’era la caverna quando non c’era la terra?

COSTANZO È una domanda puerile.

ELENA Davvero?

COSTANZO Sì, davvero.

ELENA Quando è successo? Come fai a saperlo se non c’era nessuno? E se il toro fu il primo pensiero di Ormazd, e bisognava che fosse ucciso perché venisse fatta la terra, perché Ormazd non ha pensato direttamente alla terra? E se la terra è malvagia, perché mai Mitra uccise il toro?

COSTANZO Non dovevo dirti proprio nulla, se vuoi solo fare l’irriverente.

ELENA Faccio solo una domanda. Quel che voglio sapere è: ci credi davvero a tutto questo? Voglio dire, tu credi che Mitra ammazzò il toro proprio come credi che tuo zio Claudio battè i Goti?

COSTANZO Credo solo che non ha senso parlarne con te!

9/LONARDO

Elena può essere, insomma, considerata la prima archeologa. Ovviamente quegli scavi a Gerusalemme non vennero condotti con le metodologie scientifiche odierne, ma lo stesso ella volle andare a verificare l’esistenza di luoghi precisi esistenti sotto il Tempio adrianeo. Ella fece trasportare a Roma parte del materiale emerso dai lavori di sterro compiuti a Gerusalemme e chi calpesta il pavimento della cripta della Basilica è come se calpestasse la terra del Calvario e del Sepolcro di Gesù.

La madre dell’imperatore venne dichiarata santa: dopo essere stata sepolta nel Mausoleo di Tor Pignattara, venne poi traslata all’interno della chiesa dell’Aracoeli dove tuttora si venera il suo corpo, nonostante i rivoluzionari francesi lo avessero profanato alla fine del settecento.

Se le sue reliquie ora riposano in pace, vive sono le enormi conseguenze della vicenda di Elena e di suo figlio.

Innanzitutto il fatto che – certo non volontariamente – spostando la capitale dell’impero a Costantinopoli di fatto rese libero il pontefice. Infatti, in oriente, il patriarca di Costantinopoli fu spesso succube dell’imperatore a motivo della sua vicinanza, come nel caso della crisi iconoclasta, e si generò quella peculiare condizione politico-religiosa che è detta cesaropapismo, cioè dove colui che ha il potere politico controlla di fatto la Chiesa.

Diversa fu la condizione dell’occidente.

La lontananza dell’imperatore da Roma rese libero il pontefice, soprattutto nelle sue decisioni in materia di fede.

Ma un secondo processo si sviluppò a partire da Costantino: l’imperatore comprese che il cristianesimo non era antitetico alla vita sociale e politica e che non avrebbe disgregato lo Stato in nome dell’attesa del ritorno di Cristo.

Pur non essendone, forse, pienamente consapevole, operò una svolta per la quale la visione che avevano i cristiani manifestò tutto il suo potenziale sociale generando di fatto la civiltà occidentale.

Avvenne ciò che la Lettera a Diogneto aveva intuito: «Insomma, per parlar chiaro, i cristiani rappresentano nel mondo ciò che l’anima è nel corpo».

I valori cristiani, da allora, non restarono più rinchiusi nell’ambito dei credenti, ma fecondarono il vivere sociale in tutto il mondo.

CORO: R. Thompson, Alleluia

DANZA

FINE