Messa. La strana coppia. Il significato della parola Messa dal sito Una parola al giorno)
Riprendiamo dal sito Una parola al giorno (https://unaparolaalgiorno.it/significato/messa) un testo pubblicato il 16/2/2021. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Liturgia.
Il Centro culturale Gli scritti (24/9/2023)
més-sa
SIGNIFICATO Nella liturgia cristiana, rito in cui il sacerdote rinnova e commemora il sacrificio di Cristo
ETIMOLOGIA dalla locuzione ite, missa est con cui il sacerdote conclude il rito, letteralmente ‘andate, è stata inviata’.
«La messa è finita, andate in pace». Ho sempre trovato curiosa quest’espressione: va bene l’andare in pace, ma perché annunciare la fine del rito in modo così piatto e didascalico? In effetti, se consideriamo l’originale latino – ite, missa est – le cose prendono una piega assai più vivace, e ancor più se diamo un’occhiata alle altre lingue europee: mentre lo spagnolo misa, il francese messe e l’inglese Mass significano semplicemente ‘messa’, il tedesco Messe vuol dire anche ‘fiera’ – come nella Frankfurter Buchmesse, la fiera del libro di Francoforte. Pura coincidenza? Ovviamente no.
Se per tutti i linguisti è pacifico che il nome del rito liturgico nelle lingue europee derivi dalla formula ite, missa est, molto meno concordi si è sul come.
Due sono le ipotesi principali: secondo la prima, missa sarebbe il femminile sostantivato dell’aggettivo missus, a sua volta dal participio passato di mittere (inviare, mandare, quindi lasciar andare, congedare, e infine mettere, porre). La frase sarebbe quindi da intendere come “andate, è il congedo”. Il tono da licenza militare si spiega col fatto che i primi cristiani erano milites Christi, e le loro riunioni erano dette stationes, come il servizio di guardia dei soldati.
La seconda ipotesi, oggi preferita dagli etimologi italiani, considera missa come verbo. Il senso della formula sarebbe quindi: «andate, è stata inviata». Ma inviata cosa? L’eucaristia. Nei primi tempi del cristianesimo, segnati da persecuzioni e semiclandestinità, pare si usasse mandare il pane consacrato agli assenti forzati e alle chiese vicine. Quando col tempo tale pratica cadde in disuso, i fedeli non compresero più il senso della formula, intendendola come semplice annuncio della conclusione del rito e interpretando missa come nome del rito stesso.
Ma la Buchmesse e le altre Messen tedesche che non sono messe bensì fiere? Nel Medioevo, le messe in onore dei santi più venerati divenivano vere e proprie feste popolari, e così il latino ecclesiastico missa (nonché l’alto-tedesco medio misse o messe) prese, tra Francia settentrionale, Fiandre e Germania, anche il significato di ‘festa’, come traspare ancora nel tedesco Lichtmess, Candelora (letteralmente, ‘festa della luce’), e in kermesse (dal medio olandese kerkmesse), che da ‘messa della parrocchia’ è diventata sagra paesana. Ma essendo le festività religiose, naturalmente, anche occasioni per fiere e mercati, dal XIV secolo il tedesco Messe si arricchì anche di quest’accezione, con un passaggio semantico non certo peregrino per noi italiani, dato che fiera viene dal latino feria (giorno festivo, quindi di mercato).
Non si vive di solo pane, insomma, ma neppure di solo spirito, e di tale umanissimo connubio di sacro e profano è testimone davvero perfetto la parola messa, che a partire dal mittere nel senso di mettere è capace di trapassare dalla liturgia alla vita quotidiana, dalla messa in chiesa alla messa in vendita – e ancora alla messa a punto, alla messa in piega e via mettendo. Fino ad arrivare all’inglese mess, in cui la messa diventa addirittura caos, confusione: il latino tardo missus era anche la pietanza, la portata di un pasto – ciò che, appunto, è portato e messo in tavola – e attraverso l’antico francese mes (oggi mets) è approdato in Inghilterra, dove però ha finito per indicare un miscuglio di cibi, una sbobba, un pastone per animali, e poi un guazzabuglio in genere, un macello.
E niente battute sulla cucina britannica, mi raccomando!