Le prime comunioni, anche quest’anno un’esperienza entusiasmante. Due parole sul perché, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Teologia pastorale e Catechesi.
Il Centro culturale Gli scritti (24/9/2023)
Questa volta il mio intento non è di fornire tutte le motivazioni teologiche di un fatto, ma solo dare testimonianza di un’esperienza.
Il cammino della Prima Comunione – e non credo sia eccessivamente rilevante discutere se tale espressione sia corretta o meno – è entusiasmante.
Sono stati altri due anni di un annunzio vero, effettivo, a persone che non conoscono il vangelo e che pian piano vengono a intuirlo più da vicino.
In alcune famiglie sono evidenti i frutti di una riscoperta della chiesa, in altre questo non è assolutamente lampante, ma certo tutti sono colpiti da ciò che si annuncia e di cui nessuno ha più il coraggio di parlare al di fuori della chiesa.
Che la fede cristiana annunci non che Dio esista, ma che Dio sia vicino, talmente vicino da essere “qui” nella celebrazione e nella vita.
Che qualcuno dica loro che se Cristo non fosse vero, allora il nulla sarebbe padrone.
Che la celebrazione annunci che la vita è benedetta.
Che tale domanda sul fatto che la vita non possa essere ridotta a qualcuno dei suoi momenti, ma chieda per che cosa si vive, dove si debba giungere nella vita, quale speranza fondata possa consolare, sia fondamentale e sia presente nei cuori degli stessi bambini, come di loro genitori.
I genitori escono dalla celebrazione dicendo che è stata bella e tu avverti benissimo che non è stata bella per quel particolare o per quell’altro, ma perché essi hanno intuito che forse la vita ha un senso e che non hanno sbagliato a far nascere i loro figli e non hanno sbagliato a battezzarli, perché se il Battesimo non fosse vero, i loro figli non avrebbero una vocazione, una speranza certa e sarebbero in balia di un destino anonimo.
Senti che la proposta di continuare costituendo un gruppo di famiglie a partire da una due giorni fuori Roma genitori e figli – dopo che hanno visto la gioia del GREST e del campo estivo dei loro figli – comunque li interessa. Poi, certo, non è detto che verranno, ma sentono che la comunità cristiana non li dimentica.
Loro potranno dimenticare la chiesa, ma non la chiesa loro.
Il cammino delle prime comunioni non solo non è un’esperienza inutile o poco utile, ma anzi è una delle più preziose che oggi la chiesa proponga ancora, è una delle poche vere esperienze di annunzio a chi non crede, a chi ha un’idea generica e lontana del cristianesimo.
È una delle poche esperienze che permetta di incontrare i veri adulti, cioè quelli che hanno figli, e non i singles e gli zitelloni che fanno infiniti percorsi teologici, per pura curiosità e non per un bisogno vitale.
Aver generato figli ti pone, invece, in una situazione di emergenza, dove hai bisogno.
Dico tutto questo provocatoriamente per chi non crede che il cammino della Prima comunione sia qualcosa di enorme. Enorme è stare, invece, accanto a chi ha generato la vita e si domanda il perché di quelle fragili vite che sono nate. Solo ora quei veri adulti generatori si sentono annunciare, senza capirlo fino in fondo, che la vita è buona e che Dio è vicino.