Nella memoria liturgica dei santi martiri Abdon e Sennen. I nobili persiani che trovarono a Roma la vera gloria [I cristiani martirizzati al Colosseo], di Francesca Giani
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Francesca Giani da L’Osservatore Romano, pubblicato il 29/7/2023. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. ae sezione Roma e le sue basiliche.
Il Centro culturale Gli scritti (6/8/2023)
Cristo pone il diadema ai due protomartiri
persiani (Catacombe di Ponziano)
La basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio
dove si conservano i resti di
Abdon e Sennen (affresco con il martirio)
Il giorno 30 del mese di luglio ricorre la memoria dei santi Abdon e Sennen, nobili persiani martirizzati a Roma il 30 luglio 250. Nei primi secoli erano talmente importanti da essere citati nelle principali fonti documentali della Chiesa romana e le loro reliquie furono fondamento di importanti comunità cristiane.
Sappiamo che Abdon e Sennen erano signori terrieri di rango nobile o governatori della città persiana di Cordula. Il loro martirio avvenne per volontà dell’imperatore romano Decio (249-251), attuatore di feroci campagne anticristiane. Mentre Galba reggeva la città di Roma, l’imperatore si spinse verso il regno di Persia dove conquistò molte regioni dove era già stato annunciato il Vangelo, tra cui quella di Cordula.
Fra i cristiani incontrati, Decio perseguitò e uccise Polychronius. Nella stessa notte Abdon e Sennen provvidero a seppellirne il corpo e così fecero in seguito anche con altri martiri cristiani inumandoli in un loro terreno.
Abdon e Sennen furono accusati da Decio di seppellire nella loro casa i martiri (corpora christianorum colligunt et in praedio suo recondunt).
Morto Galba, Decio decise di tornare a Roma portando con sé Abdon e Sennen costretti in catene e, in quanto nobili, mostrati in trionfo ad spectaculum Romanorum.
L’imperatore Decio presentò al senato Abdon e Sennen: Ecce inimici reipublicae et Romani imperii. Ai nobili persiani fu chiesto di offrire sacrifici agli dei, ma essi si rifiutarono. L’imperatore Decio allora ordinò a Valeriano di allestire lo spettacolo delle fiere nell’anfiteatro Flavio e, se i due cristiani non avessero adorato il dio sole, sarebbero stati dati in pasto alle belve.
Abdon e Sennen ribadirono di adorare solo Gesù Cristo. Furono quindi denudati e portati al Colosseo davanti al simulacro del dio sole (il colossus di Nerone trasformato da Vespasiano nell’immagine del sole) dove non solo non lo adorarono ma lo disprezzarono sputando.
Furono quindi condotti nell’arena dove erano attesi da due leoni e quattro orsi che avanzarono feroci per poi posarsi mansueti ai loro piedi (magica apparuit ars eorum).
Valeriano comandò ai gladiatori di uccidere Abdon e Sennen, i cui corpi esanimi furono gettati davanti alla base del dio sole dove rimasero per tre giorni a monito dei cristiani.
Abdon e Sennen, nobili provenienti dall’attuale Iran, a Roma offrirono la testimonianza cristiana a un popolo ancora pagano che li uccise proprio a motivo della loro fede. Durante la vita terrena testimoniarono Gesù con opere di misericordia — seppellirono i martiri cristiani — e restando saldi nella fede in Cristo davanti all’imperatore e al Senato.
Ma anche per come affrontarono la morte, con una serenità tale da ammansire le belve, e con i loro corpi diventati per tre giorni (il tempo in cui il corpo di Cristo riposò nel sepolcro) icona della fede cristiana ai piedi del colosso.
Subito dopo ebbero una prima sepoltura segreta presso la dimora di Quirinius prossima al Colosseo. Con l’editto di Costantino i corpi di Abdon e Sennen furono traslati nel cimitero di Ponziano sul colle del Gianicolo e il culto dei due protomartiri divenne pubblico.
Papa Damaso I (366-384) provvide a ornare il loro sepolcro e successivamente nei pressi del cimitero venne realizzata una chiesa a loro dedicata. Nelle catacombe di Ponziano ancora oggi è visibile un dipinto che raffigura Abdon e Sennen accanto a Cristo, affiancati da altri due santi, Milex e Vincenzo.
I due protomartiri sono vestiti secondo la tradizione persiana (cappello frigio e una tunica corta al ginocchio con maniche) e sono situati uno alla destra e l’altro alla sinistra di Cristo che indicano in modo speculare. Gesù dal cielo pone sulla testa dei martiri persiani il diadema: «Metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno» (Baruc, 5, 2).
Il movimento circolare fondamento del martirio — in Cristo vivo e da Cristo ho ricevuto la vita e a Lui la consegno — è visibile nel dipinto grazie alla circolarità creata dal gesto dell’incoronazione dei martiri a opera di Cristo e il loro gesto che rimanda a Cristo stesso. La Chiesa primitiva aveva la consapevolezza che questi protomartiri hanno dato una testimonianza esimia di come vivere imitando Cristo: le loro reliquie diventarono catechesi vibrante.
Per questo si pensa che Zanobi, ordinato da Damaso I metropolita di Toscana nel 370, portò a Firenze dei frammenti di reliquie dei protomartiri persiani che provvide a riporre nell’altare maggiore del Duomo. E così avvenne in seguito in molte altre occasioni. Reliquie dei santi Abdon e Sennen furono portate nelle chiese romane di San Salvatore alle Coppelle e di Santa Susanna. Si diffusero lungo la via francigena e se ne trovano al museo d’arte sacra di Abbadia San Salvatore, sull’Amiata.
Papa Gregorio IV (827-844) traslò i corpi dei martiri Abdon e Sennen nella chiesa di San Marco Evangelista al Campidoglio dove ancora oggi nell’altare maggiore si conservano i resti.
Nel 1659 fu completato il ciclo di affreschi che sulla parete destra della navata centrale descrive la vita di Abdon e Sennen con quattro episodi.
Molto altro si dovrebbe scrivere riguardo ad Abdon e Sennen, figli della Chiesa nata nell’attuale Iran tra il 79 e il 116 e fondata da Bartolomeo e Tommaso apostoli, dai santi re Magi di ritorno da Betlemme e da Mâr Mârî di Edessa (79-116).
Ma anche sugli altri santi persiani di Roma come la famiglia dei santi martiri (gli sposi Mario e Marta con i figli Audiface e Abaco, venuti a Roma per venerare le tombe degli apostoli Pietro e Paolo e che lungo la via Boccea trovarono il martirio), Anastasio martire e Onofrio anacoreta, che visse nell’eremo dove oggi sorge la chiesa a lui dedicata sul Gianicolo. Non si tratta solo di storie belle e dense di fascino, ma di realtà che ci ricordano che la nostra fede nasce a Oriente e che siamo debitori verso chi giunse a Roma a motivo dell’amore verso Cristo e qui versò il suo sangue.
Roma e la Chiesa godono di questa elezione da parte dei martiri che, nati provvisoriamente in un luogo, a poco a poco seguendo Cristo sono rinati definitivamente nell’Urbe. A noi il compito di raccontare e custodire la memoria (magari facendo tornare evidente la loro festa nel calendario liturgico) e di costruirne il futuro.
N.B. de Gli scritti. La Depositio martyrum del "cronografo del 354" ricorda già il loro martirio: III kal. augusti Abdos et Semnes in Pontiani, quod est ad Ursum pileatum. La notizia si ritrova nel martirologio geronimiano. La Passio che racconta in dettaglio le loro vicende è altomedioevale e non è storicamente attendibile nei particolari.