I preti che personalizzano troppo: non resterà più niente dopo il loro passaggio ad altro incarico. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Teologia pastorale.
Il Centro culturale Gli scritti (24/7/2023)
Esiste un dramma, sovente dimenticato, che è costretto a vivere il prete che rende la “sua” proposta pastorale troppo legato alla propria persona. Un dramma a cui costringe la sua comunità nel tempo a venire.
Chi personalizza troppo vedrà svanire, dopo la propria partenza, dopo la propria promozione ad altro incarico, tutto ciò che ha fatto nel giro di un breve lasso di tempo.
Perché chi viene dopo è obbligato a modificare le cose, perché così come le ha immaginate quel presbitero sono improponibili, perché sono troppo legate al suo modo di fare e alla sua visione delle cose.
La forza di una parrocchia – ma anche di una diocesi - sta nella sua ordinarietà, nel suo non ammettere troppe personalizzazioni, nel rimanere nei solchi della tradizione, di modo che tutto possa poi proseguire.
Dove, invece, tutto viene proposto come originale e assolutamente nuovo, ecco che svanirà nel giro di breve tempo.
Quel presbitero sarà condannato a veder morire tutto ciò che ha fatto, nel suo migrare da un luogo ad un altro, e quelle comunità in cui ha vissuto saranno obbligate a rendersi conto una dopo l’altra che la vita ordinaria cristiana è un’altra cosa.