Lettera di Natale dal Lager alla moglie. «Signora, ho bisogno che tu faccia l’albero di Natale e il Presepe e che prepari tutto con cura. Bisogna che, almeno la notte di Natale, il mio pensiero, fuggendo dal recinto, possa trovare un angolo tiepido e luminoso in cui sostare. Voglio tanta luce: voglio rivedere il vostro volto, voglio rivedere il volto dell'antica serenità. Altrimenti che gusto c'è a fare il prigioniero?», di Giovannino Guareschi
Riprendiamo sul nostro sito una lettera scritta nel Lager nazista di Beniaminowo da Giovannino Guareschi. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Su Giovannino Guareschi, vedi su questo stesso sito anche:
- Bisogna salvare il seme (da Giovannino Guareschi)
- Un padre dinanzi al matrimonio della figlia, di Giovanni Guareschi
- Diario clandestino 1943-1945 e La favola di Natale, di Giovannino Guareschi
- Tradizione: la democrazia che include anche chi ci ha preceduto (da G.Guareschi e G.K.Chesterton)
- Guareschi e le elezioni del 1948, di Giuseppe Parlato
- Dio nel Lager (Signora Germania), di Giovanni Guareschi
- Fantasia e realtà (da Giovannino Guareschi)
- Peppone e Don Camillo, di Giovannino Guareschi
- La luce che non si spegne, di Giovannino Guareschi
- Bestemmiare... il suo vero significato (da Giovannino Guareschi)
- Il progresso, la storia e la geografia (da Giovannino Guareschi)
- Famiglia (da Giovannino Guareschi).
Il Centro culturale Gli scritti (16/7/2023)
Da Diario clandestino, «La lettera», dalla conversazione «Natale 1943, Lager di Beniaminowo, 24 dicembre 1943
Mi ritirai dal consesso e mi accinsi a riempire di lettere piccole piccole le mie ventiquattro. righe. Scrissi col lapis, sopra la punteggiatura, come vogliono appunto le convenzioni internazionali che tutelano il diritto delle genti:
«Signora, robustizza pacco pentachilo a 1/2 cedola all'uopàta evitando medicincarte et infiammabili. Pàccarni lancorrèdo, sigartabacco e seccacastagne. Se però credi castagne ben cotte possano giovare al bambino, non inviarle. Non mi manca niente.
Di una sola cosa ti prego: che la sera della Vigilia di Natale tu imbandisca la tavola nel modo più lieto possibile. Fa' schiodare la cassa delle stoviglie e quella della cristalleria; scegli la tovaglia migliore, quella nuovissima piena di ricami; accendi tutte le lampade. E prepara un grosso albero di Natale con tante candeline, e prepara con cura il Presepe vicino alla finestra, come l'anno scorso.
Signora, io ho bisogno che tu faccia questo.
Il mio pensiero ogni notte varca il reticolato: lo so, ti riesce difficile figurarti il mio pensiero che varca il reticolato. Il pensiero è un soffio di niente e non ha volto: e allora figurati che io stesso, ogni notte, esca dal recinto. Figurati un Giovannino leggero come un sogno e trasparente come il vento delle serenissime e gelide notti invernali.
lo, ogni notte, approfitto del sonno degli altri e mi affido all'aria e trasvolo rapido gli sconfinati silenzi di terre straniere e città sconosciute. Tutto è buio e triste sotto di me, e io affannosamente vado cercando luce e serenità (...).
Signora, bisogna che, almeno la notte di Natale, il mio pensiero, fuggendo dal recinto, possa trovare un angolo tiepido e luminoso in cui sostare. Voglio tanta luce: voglio rivedere il vostro volto, voglio rivedere il volto dell'antica serenità. Altrimenti che gusto c'è a fare il prigioniero?».
Qui ebbi la sensazione che le 24 righe stessero per finire, e mi interruppi...
(Diario clandestino, «La lettera», dalla conversazione «Natale 1943, Lager di Beniaminowo, 24 dicembre 1943)