Il presbitero diocesano e quello religioso, francescano o altro, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 11 /07 /2023 - 22:51 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Teologia pastorale e Francesco d’Assisi. Cfr., in particolare, Francesco d’Assisi e le comunità da lui fondate: il secondo ordine con la clausura di Santa Chiara e il terz’ordine secolare dei borghesi con il vescovo san Ludovico e la principessa sant’Elisabetta, di Andrea Lonardo.

Il Centro culturale Gli scritti (9/7/2023)

Una falsa lettura della figura del presbitero ha portato taluni pastoralisti a negare quei tratti del prete diocesano che lo avvicinano al laico: ad esempio la necessità della cura delle persone al di là dei loro bisogni religiosi, come la vita di oratorio o l’accompagnamento nello studio, ma anche l’importanza dell’attenzione alle strutture di una parrocchia o di un parco o di sale per gli incontri, come pure la decisività della cura di celebrazioni come funerali, battesimi o matrimoni di persone solo “relativamente” vicine alla fede.

Per costoro il presbitero dovrebbe dedicarsi essenzialmente alla lectio divina, alla meditazione, alla predicazione e tutte le altre occupazioni in cui un prete di parrocchia è spesso “affaccendato” sarebbero estranee al suo compito essenziale.

Ma questo sbilanciamento sulla vita “spirituale” a discapito di quella “secolare” è tipica del frate, del monaco, non del presbitero in quanto tale, non del presbiterio diocesano.

Il presbitero ha una dimensione “laicale” che gli è imprescindibile. È uomo che, come “custode” di un popolo, ha cura degli spazi, dei luoghi, delle persone, degli interessi, con i loro orizzonti più diversi.

Come un padre non può occuparsi solo della formazione “religiosa” del figlio, ma anche del suo studio, della sua alimentazione, dei suoi spazi in casa, del suo gioco, della sua maturazione culturale e affettiva, delle sue amicizie, così il presbitero non si cura solo dell’anima del suoi molteplici “figli”: anzi un padre educa alla fede esattamente dentro la crescita del figlio, il nutrirlo, nell’accompagnarlo nel percorso scolastico, nello spalancargli gli orizzonti della cultura, dei social, dell’arte, della lettura del tempo presente, nel seguirlo nelle sue amicizie e così via, fino, in età più matura, ad una attenzione, con vera sensibilità, alle dimensioni lavorativa ed affettiva.

I grandi ordini religiosi, si pensi al francescanesimo, hanno inventato il Terz’Ordine, non solo per i laici ma anche per i preti diocesani, proprio perché un prete del Terz’Ordine deve includere nel suo orizzonte, la dimensione “laicale”.

Il presbitero diocesano deve sostenere il laicato e, per fare questo, deve amare ciò che è laico.

Anzi, deve sapere che la fede cristiana si annuncia proprio nell’amore alle realtà “laicali”, mentre nella vita religiosa e monastica l’attenzione va primariamente alle realtà del mondo a venire.

Il presbitero religioso annuncia Cristo più direttamente, il presbitero diocesano lo fa maggiormente attraverso l’amore a quel “secolo” nel quale sono inviati i laici che egli accompagna.

La dimenticanza della dimensione “laicale” - delle dimensioni culturale, sociale, politica, educativa, scolastica, ludica, artistica, amicale, affettiva, lavorativa e così via - deve essere superata.

Un prete diocesano deve occuparsi della dimensione “laicale” e coinvolgersi in essa: non può trascurarla quasi non fosse suo compito e suo interesse. Fino all’amore per gli edifici e le cose, ma prima ancora nell’amore al pensiero, all’espressione, alla costruzione del linguaggio e dei “costumi” di un popolo, per aiutare i laici a inoltrarsi negli orizzonti complessi della vita e della progettazione del futuro.

È estremamente pericoloso uno sbilanciamento del presbitero diocesano come di uomo rivolto alla fede nuda e pura, senza una contestuale lettura del tempo presente ed un coinvolgimento nella dimensione laicale della vita.

Certo egli annunzia la fede, ma la annuncia come vita del mondo.