[L’Ascensione di Salvador Dalì.] Il girasole, l'abbraccio redentivo del padre, di Gloria Riva
Riprendiamo da Avvenire un articolo di Gloria Riva pubblicato il 29/5/2014. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Arte e fede.
Il Centro culturale Gli scritti (29/5/2023)
È un simbolo raro, nell’arte, il girasole. Ai medioevali era sconosciuto, infatti, i semi di questo fiore arrivarono in Europa – dall’America – soltanto nel XVI secolo. Se fosse stato noto, avremmo certamente goduto di bellissime natività o Madonne ornate da questo eliotropico.
Un artista spagnolo, attento ai simboli anche cristiani benché istrionico e contraddittorio, Salvador Dalì non si lasciò sfuggire la prepotente bellezza del girasole. Non si lasciò sfuggire il curiosissimo autoritratto con girasole di Antonio van Dick; l’artista fiammingo, che aveva ricevuto da Carlo I di Inghilterra una preziosa offerta di lavoro, ottenne anche dal Sovrano un titolo onorifico. Per questo si ritrasse così: di profilo, mentre solleva con la mano sinistra una vistosa collana d’oro, simbolo del rango nobile ricevuto, e con la destra indica il girasole. Questo fiore, che appunto stava affascinando l’Europa per la sua misteriosa rotazione verso il sole, fu scelto dall’artista come segno allusivo della sua eterna dedizione al sovrano inglese.
Proprio prendendo spunto da questo simbolo Dalì, realizzò una tra le più affascinanti ascensioni della storia dell’arte. In una prospettiva vertiginosa Cristo sale al cielo mantenendo la forma della croce. Le mani ancora tese nello spasmo della sofferenza sembrano però aggredire quella fuliggine rossastra che ingombra il Cielo e segnano pertanto, non il punto della sconfitta, ma quello della vittoria.
Ad accogliere Cristo nel suo trionfo sta un sole fulgido, dal cuore granuloso simile appunto agli acheni maturi del girasole. Il girasole per il suo ruotare attorno al sole, assumendone quasi le stesse caratteristiche (nel colore e nella corolla), è simbolo di adorazione e, per gli Inca, era segno stesso della divinità. È lui, per Dalì, il segno del Padre che, con lo Spirito, accoglie il Salvatore al termine della sua missione salvifica sulla terra.
Dalì era rimasto scosso dall’esplosione della bomba atomica e fu proprio da quell’evento che si avvicinò alla fede cristiana frequentando i padri carmelitani. Attorno al 1950 infatti, risalgono molte opere religiose dell’artista. Cristo ascende al cielo quasi con lo stesso dinamismo cosmico della bomba di Hiroshima, un dinamismo positivo e non distruttivo.
Sorprende che al culmine dell’ascesa, ad attendere il Salvator, non ci sia il volto del Padre, ma quello di Gala, moglie dell’artista. Dalì nutriva una venerazione per questa donna: era la sua musa ispiratrice, capace di avvicinarlo alle realtà eterne. Come nelle antiche raffigurazioni dell’ascensione la Madonna era il fulcro attorno al quale si ricompattava la Chiesa sgomenta per l’assenza del Maestro, così Dalì ritrae la Vergine Maria col volto di Gaia (lo aveva già fatto nella Madonna di Port Lligat, donata a Pio XII).
Il girasole, che tutto avvolge con la sua luce, è segno dell’abbraccio redentivo del Padre al quale siamo ammessi mediante Cristo. Di questo abbraccio, rivolto all’umanità intera, è testimone la Chiesa, simboleggiata da Maria e, quindi, da Gala.
Immagini: Antoon van Dyck, Autoritratto con girasole, 1632-1633, olio su tela, 60 cm × 73 cm. Collezione privata del duca di Westminster.
Salvador Dali, Ascensione di Cristo, 1958, olio su tela, 115 x 123 cm. Collezione Privata.