«Abbandonare significa mettere in pericolo, affidare invece è diverso. È avere così tanta fiducia nell’altro da chiedergli di custodire la cosa che più ti sta a cuore». La lettera di Luciana Littizzetto al piccolo Enea. È questo che la chiesa intende quando chiede una diversa soluzione dall’aborto. Non colpevolizzare, ma affidare ad altri, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione e Vita.
Il Centro culturale Gli scritti (14/5/2023)
Luciana Littizzetto ha scritto e letto una bellissima lettera rivolgendosi al neonato Enea, trovato in una Culla della vita il giorno di Pasqua, 9 aprile 2023, nel corso della trasmissione Che tempo che fa del 16 aprile 2023.
Le sue parole sono commoventi e indicano che esistono possibilità diverse dall’aborto, anche se la stessa attrice non ne è pienamente consapevole. Nelle sue parole diviene evidente ciò che la chiesa intende quando chiede una diversa soluzione che permetta al nascituro di venire alla luce. La Chiesa non intende colpevolizzare la donna, semmai desidera coinvolgere anche i padri, di modo che le donne non siano lasciate sole, e soprattutto intende aprire delle strade perché si ipotizzi almeno di tenere il bambino o si apra la possibilità di affidarlo ad altri. La Chiesa non intende obbligare ogni donna a tenere necessariamente un bambino concepito, ma di salvarlo, questo sì.
La lettera ad Enea è luce in un contesto culturale buio che spegne, invece, ogni possibilità che invece esiste.
Ecco la trascrizione della lettera della Littizzetto.
Qui il video della Littizzetto, al minuto 21.10:
Caro Enea, bel cicciottino di 2 kg e mezzo, cucciolo di specie umana, super-millenial, classe 2023.
Un giorno forse saprai di quanto si è parlato di te in queste ore, quanto sei diventato famoso a tua insaputa. Più di Fedez e Gianluca Vacchi.
Perché la tua mamma dopo averti tenuto nella sua pancia per nove mesi ha pensato che saresti stato meglio lontano da lei. Credo che questa decisione le sia costata molto cara, sai Enea. Così ti ha lasciato in una culla per la vita a Milano.
Le culle per la vita non ci sono solo a Milano, sai. Ci sono in tante città d’Italia. Ci sono a Napoli, Varese, Parma, Padova, Firenze e Roma. Più di una in ogni regione. E funzionano così: appena la mamma appoggia il bambino in quella piccola cuccia calda, scatta un sensore collegato con l’ospedale più vicino che allerta i medici che intervengono subito.
Per questo non credere mai a quelli che dicono che la tua mamma ti ha abbandonato. Non ti ha abbandonato, ti ha affidato. Sono due verbi molto diversi sai… quando crescerai, lo capirai.
Abbandonare significa mettere in pericolo, fregarsene di che cosa succederà dopo, vuol dire che non te ne importa niente.
Affidare invece è diverso. È avere così tanta fiducia nell’altro da chiedergli di custodire la cosa che più ti sta a cuore.
Semplicemente le mani di mamma hanno incontrato altre mani. È stata una catena d’amore, Enea caro.
Non succede solo a te sai. Pensa che in Italia capita a 400 bambini all’anno. E la maggior parte trova una nuova famiglia già dall’ospedale.
Sai, per noi adulti la vita è un casino e a volte siamo costretti a fare le cose che non vorremmo. Sembra strano dirlo a te che di settimane su questa terra ne hai così poche, ma ti assicuro che più invecchi, più le cose si complicano.
Non so come mai la tua mamma l’abbia fatto e se vogliamo davvero rispettarla non dobbiamo neanche chiedercelo. Al contrario. Dobbiamo custodire il suo segreto con rispetto, silenzio e soprattutto compassione.
Sappi comunque che mamma, col suo gesto pieno di amore e di dolore, ha messo in moto una catena di protezione che nei decenni in Italia abbiamo reso sempre più forte, che parte dagli ospedali, fino ad arrivare ai tribunali dei minori, agli assistenti sociali, ai genitori affidatari e a quelli adottivi.…
E questa catena sta dentro una cosa che si chiama Stato e serve apposta per tutelare i diritti di tutti, neonati, bambini, mamme e papà perduti e fragili. Anche famiglie tradizionali e famiglie non tradizionali.
Perché non è vero che la società non esiste. Esiste eccome. E dobbiamo fidarci di lei.
Porti un nome importante, Enea, il nome di un signore fuggito da una città in fiamme per cercare una nuova vita e una nuova casa. La stessa cosa è capitata a te. Quell’altro Enea ce l’ha fatta, sono sicura che ce la farai anche tu.
Ti auguro di diventare tutto ciò che si sogna da bambini: astronauta, calciatore, Harry Potter, pilota di Ferrari, dentista di leoni in Africa, rockstar come i Maneskin, sosia di Chiattillo o […] ai semafori.
Sono certa che avrai al tuo fianco una mamma e un papà al 100% che ti ameranno moltissimo. Ti ameranno un botto. Non dubitarne mai neanche un secondo.
Purtroppo la vita a volte somiglia alla scuola guida: le partenze in salita sono difficili, certo, ma se impari a farle, poi non ti spaventa più nulla.
Benvenuto pulcino di Pasqua. Ti riempiamo di baci, tutti quanti. Luciana.
P.S. C’è ancora una notizia che devi sapere, caro Enea. Per via del nostro debito pubblico, ogni italiano nasce già con un debito di circa 45.000 euro. Fossi in te, inizierei a pensare alla pensione integrativa.
Qui un mio video sulla questione dell’aborto: