La leggerezza di essere minoranza: non possiamo sentirci responsabili di qualsiasi cosa succede, di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Ecclesiologia, Teologia pastorale e Giustizia e carità.
Il Centro culturale Gli scritti (16/4/2023)
È vero: siamo minoranza. I cattolici sono minoranza, la Chiesa è in Italia minoranza.
Basta guardare alle percentuali dei frequentanti per averne contezza, per rendersi conto che non è un’ipotesi, ma una realtà, dura se si vuole, ma appunto reale, verificabile, storica.
Basta guardare al numero dei seminaristi e delle novizie, al numero dei nuovi preti ordinati e delle nuove suore consacrate che è in calo.
Ebbene questo può, da un lato, rattristare e indurre a riflessioni, ma, d’altro canto, deve anche rendere più leggeri e sereni.
Vuol dire che non spetta a noi cristiani risolvere tutti i problemi dell’universo: non può essere una minoranza a dover fare questo. Dinanzi alle grandi questioni sociali, dinanzi ai grandi movimenti di popolazioni, dinanzi alla formazione di una nuova classe politica migliore dell’attuale, non dobbiamo sentirci i primi inquisiti.
C’è la maggioranza del mondo non credente che ha la responsabilità di affrontare tali problemi, proprio perché è maggioranza.
Bisogna guardare in faccia la realtà: non solo la Chiesa è minoranza, ma è anche una minoranza sempre sotto il bersaglio dei giornali, dei social, dell’opinione pubblica. Se le altre minoranze sono sempre protette dai media, hanno sempre l’intellighenzia pronta a schierarsi dalla loro parte, perché siano ascoltate quelle opinioni, per fare cultura e rendere quel pensiero di minoranza un pensiero di maggioranza, questo vale per tutti ad eccezione che per la Chiesa.
I cristiani sono minoranza e sono minoranza osteggiata, sempre sotto i riflettori per attaccare ogni loro parola e ogni loro gesto.
Questo ci deve rendere ancora più leggeri. Non ci si chieda conto di tutto. Quando esprimiamo un parere sulle grandi questioni, è bene che noi sappiamo che altri hanno la maggioranza, che altri si lamentano continuamente di non essere ascoltati, mentre sono la voce di maggioranza!
Non saremo ascoltati su certezza culturali, figuriamoci su questioni più opinabili. A livello di comunicazione saremo inefficaci, proprio perché minoranza che ha contro di sé il potere di chi detiene il controllo della comunicazione.
Se qualcuno provasse a mostrare che Caravaggio dipingeva in modalità assolutamente cattolica – si pensi solo per fare un esempio alla Madonna di Loreto dove il Merisi ritrae la Madonna che scende dal cielo, poiché ha attraversato lo spazio seduta sulla Santa Casa in volo da Nazarteh a Loreto -, sarà minoranza. Io stesso scrivo e racconto in video da anni queste cose e la maggioranza continua a ripetere che quella Madonna aveva il volto di una prostituta – è la maggioranza, signori!
Affermare che la novità del quadro è la Madonna che scende pulitissima dal cielo e sfiora i pellegrini, quelli sì sporchi, è un’affermazione vera, ma appunto di minoranza e tale posizione sarà di minoranza e non avrà alcun influsso sulla critica ufficiale.
Se qualcuno provasse ad affermare che siamo tutti fratelli, ma che le religioni non sono tutte eguali – al riguardo, meravigliosa è l’espressione di Laura Pausini che cantò: “Il cuore di chi ha un altro dio è uguale al mio”, non uguali gli dèi, dunque e le religioni, ma i cuori, perché fratelli!
Se si raffrontassero le storie dell’operato storico delle diverse religioni, emergerebbe maggiore violenza in alcune e certamente non nella Chiesa cattolica. Ma questo sguardo sarà una posizione di minoranza e verrà contestata apertamente o, peggio ancora, totalmente ignorata. Perché la maggioranza non intende raccontare che dello schiavismo cristiano e non di quello precedente e altrettanto letale operato dai musulmani, perché la maggioranza non intende parlare che della violenza delle conquiste cristiane e non di quella delle conquiste islamiche. Si noti bene che sottolineare questo non vuol dire “odiare” un’altra religione, ma aiutarla ad avere un senso critico verso la propria storia, per amore e non in odio, ed aiuta tutti ad avere senso storico e critico. Ma la maggioranza intende accrescere il deprezzamento del cristianesimo e non è equilibrata nei giudizi storici, così come tace delle stragi di matrice laica e illuminista.
Se qualcuno provasse a dire che c’è una differenza assolutamente ovvia fra un matrimonio e un’unione civile, perché se uno dei coniugi si rifiutasse di avere un bambino, il suo matrimonio sarebbe nullo anche per lo Stato, mentre tale obbligo non esiste nell’unione civile, tale motivazione sarebbe assolutamente ignorata, non avrebbe alcun eco nei social e sulla stampa, perché di minoranza.
Ebbene essere di minoranza è scomodo, ma è anche bello.
Rilassa, distende, permette di dire quello che si pensa, senza dover per forza sostenere il peso dell’opinione pubblica di maggioranza, che ha ben altri canali e mezzi per far apparire come onni-includente la propria posizione, che ha tutti i mezzi per irridere chi la pensa diversamente, perché è di maggioranza, che ha tutta la forza per ridicolizzare anche un articolo come questo.
“Ora e sempre, resistenza” si cantava e questo vale oggi per chi è cristiano.
che ha tutta la forza per ridicolizzare anche un articolo come questo.
“Ora e sempre, resistenza”: oggi un ragazzo o una ragazza che raccontassero a scuola di prepararsi alla Cresima, verrebbero irrisi. Un ragazzo o una ragazza che volessero andare in discoteca e fossero contenti di ballare, ma si rifiutassero di ubriacarsi, verrebbero tacciati di essere “suore” o “seminaristi”.
È duro essere resistenza alla maggioranza che cerca di importi i suoi cliché di pensiero e di comportamento, ma è bello. “Ora e sempre resistenza!”.
Anzi questa resistenza, questo essere minoranza, deve essere vissuto anche con un filo di ironia, in maniera divertente. Senza farne ogni volta un dramma.
Essere creativi, essere sé stessi, essere minoranza, essendo fieri di esserlo, senza troppo preoccuparsi di ogni questione e di ogni critica ricevuta.
La parola “segno” è bellissima. Oggi ai credenti è chiesto di essere un “segno”: ciò è sufficiente. Una minoranza non può essere più di questo. Può indicare una direzione, compiere delle azioni che siano un segno, educare in maniera significativa. Ma lasciare al contempo che le grandi questioni sociali siano risolte da chi ha la maggioranza e il potere. Da chi controlla i media e la comunicazione.
Ricordo un cardinale che già alcuni anni fa rideva quando sentiva parlare a torto di un presunto strapotere comunicativo dei cattolici. Rideva e diceva: “Sì, noi abbiamo TV 2000 e Avvenire, veramente abbiamo dei media ascoltatissimi che ‘comandano’ e ‘guidano’ la comunicazione”. E sorrideva ancora.
Noi cattolici dobbiamo tornare a sorridere e a chiedere alla maggioranza di risolvere i grandi problemi sociali, perché noi, come minoranza, non possiamo farlo!
A noi è chiesto, piuttosto, di mantenere una dimensione popolare di Chiesa, come ripete ossessivamente papa Francesco, cioè di non divenire mai un gruppo aristocratico che viva il suo essere minoranza come un compiacimento da intellettuali.
Dobbiamo stare vicini a chi ha bisogno della fede, a quella minoranza che ha piacere di stare vicino alle parrocchie, a volte senza nemmeno tanta convinzione o competenza. Sapendo appunto di essere una minoranza. Stare vicini a chi chiede il Battesimo o i sacramenti e a chi chiede che la presenza di un riferimento alla fede continui a sussistere.
E, al contempo, proporre ciò che è specifico della fede, cioè annunziare che la vita ha un senso, che nascere è una benedizione, che vale la pena dare la vita a nuove creature e battezzarle. Continuare a fornire i perché della fede, mostrare che essa è credibile, motivarla e cercare di mostrarne la bellezza.
Al contempo, mostrare come la fede è capace di illuminare i problemi sociali e come anzi, solo essa è in grado di farlo pienamente. Compiendo, quindi, al contempo azioni e opere che siano segno concreto di tale novità di prospettiva.
Farlo insieme a tutti gli uomini di buona volontà che si ritrovassero in tale visione anche senza condividere del tutto una visione di fede, così come seguire tutti coloro che propongono visioni intelligenti anche al di fuori della Chiesa. Accogliere, al contempo, tutte quelle persone che sentono di avere bisogno di una visione di minoranza come la nostra e sono come uccelli che vengono a “riposarsi” sui rami di chi crede, come nell’albero della parabola. Perché alcuni, sempre in minoranza, sentono però che ciò che i cristiani dicono è vero, anche se non sono cristiani.
Vivere tali segni con semplicità, con allegria, senza sentirsi i salvatori del mondo.
Essere coloro che indicano che il mondo è già salvato senza mai accondiscendere alla folle idea che sia una minoranza a doverlo salvare, come se ancora non fosse ancora salvato.
Ecco la leggerezza, ecco anche la creatività.
Stare al proprio posto, inventare e vivere cose bellissime, senza andare in ansia se esse non fossero accolte o non fossero capite.
Siamo una minoranza: l’onere di risolvere storicamente le questioni storiche spetta alla maggioranza.
Si noti bene: non che tali questioni non siano importanti. Ma piuttosto perché ad una minoranza non è possibile risolverle nell'immediato, bensì è dato di creare lentamente quelle condizioni di lungo periodo perché nel tempo esse siano risolte. Si pensi, ad esempio, alla condizione dello schiavismo nell'antico mondo latino ed ellenistico; Paolo e i cristiani non si posero, come minoranza, il compito di proporre una legge che modificasse tale condizione, ma, con il trattare gli schiavi come fratelli, iniziarono quel lungo percorso che porterà poi nei secoli all'aboilizione della schiavitù.
Ad una minoranza è chiesto - e dato - di lavorare sui fondamenti, sulle prospettive, alle radici delle cose, mentre poco può sulle questioni concrete.
A noi è chiesto di gettare luce, perché chi vuole vedere possa vedere.
A noi è chiesto un triplice atteggiamento:
1/ indicare il bene dove è già presente anche se ancora parzialmente
2/ denunciare il male dove c’è
3/ indicare che il bene, per essere pieno, ha bisogno di Cristo.
Leggeri, insomma, liberi. E “pedalare, gambe in spalle, pedalare”, senza lamentarsi.
Essere una minoranza che non si lamenta, laddove tutte le minoranze celebrano il lamento, come la loro fonte di vita.
Essere minoranza che non si sente responsabile di tutto ciò che succede, essere minoranza che non si lamenta, che meraviglia!