La verità definitiva sui segreti di Stonehenge, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Preistoria e Scienza e fede.
Il Centro culturale Gli scritti (27/3/2023)
Stonehenge è una delle tante testimonianze storico-scientifiche che ricordano come l’uomo abbia da sempre ha cercato Dio.
Probabilmente a Stonehenge, le cui origini vengono datate al 3000 a.C., si compivano sacrifici animali alle divinità: la presenza di numerose sepolture di epoche diverse attesta che vicino a questo luogo ritenuto sacro si seppellivano persone per affidarle alla vita eterna.
Insieme agli altri siti megalitici della Gran Bretagna, Marden Henge, dieci volte più grande di Stonehenge, Avebury ed ai siti delle isole Orcadi (Brodgar o Brogar, Stenness, Maeshowe o Maes Howe, Skara Brae), ci ricorda il senso religioso dell’uomo che ha sempre cercato di comunicare con il “cielo”.
Più di questo è difficile dire a livello scientifico - ma quanto detto è molto – ed è divertente la leggenda che si è creata, invece, su Stonehenge.
Tali speculazioni post-moderne vogliono nascondono un fatto incontestabile: le pietre del sito non sono oggi nella posizione originaria, perché quando esso venne risistemato per le visite, non ci si attenne ad una ricostruzione archeologica corretta, per cui ogni ricostruzione di un preciso orientamento è ormai impossibile, come ben spiega sul nostro sito l’articolo Stonehenge, falsa leggenda. "È stato tutto ricostruito". Uno studente riporta alla luce i documenti: la disposizione delle pietre è opera dei restauri di un secolo fa, di Antonio Polito con le foto accluse.
Nel 2022 uno studio dei professori Giulio Magli del Politecnico di Milano e Juan Antonio Belmonte dell’Instituto de Astrofísica de Canarias e Universidad de La Laguna di Tenerife pubblicato su Antiquity, autorevole rivista di archeologia, ha aggiunto argomenti contro le illazioni leggendarie che vengono proiettate sul sito.
I due ricercatori giungono a tre conclusioni:
«Magli e Belmonte analizzano in primo luogo l’elemento astronomico: mostrano che il lento movimento del sole all’orizzonte nei giorni prossimi ai solstizi rende impossibile controllare il corretto funzionamento del presunto calendario, poiché il dispositivo, composto da enormi pietre, dovrebbe essere in grado di distinguere posizioni molto precise, meno di 1/10 di grado.
In secondo luogo, la numerologia. Attribuire significati ai “numeri” in un monumento è una procedura sempre rischiosa: per esempio, in questo caso, un “numero chiave” del presunto calendario, 12, non è riconoscibile in nessun elemento di Stonehenge.
Infine, i modelli culturali. Una prima elaborazione del calendario di 365 giorni più 1 è documentata in Egitto solo due millenni dopo Stonehenge (ed è entrata in uso secoli dopo). Un trasferimento e un’elaborazione di nozioni con l’Egitto avvenuto intorno al 2600 a.C. non ha basi archeologiche».
Il sito attesterebbe, invece, esattamente come già proposto autorevolmente da Gli scritti la fiducia in una vita ultraterrena, in una «connessione tra vita ultraterrena e solstizio d’inverno, presente nelle società neolitiche»[1].
Un luogo che dice, insomma, del desiderio della vita eterna e della fede in divinità che la garantiscano, perché operanti nel governo degli astri, ma che non dice niente, invece, di presunte conoscenze astronomiche degli uomini preistorici.
Note al testo
[1] Uno studio del Politecnico svela uno dei misteri di Stonehenge, pubblicato il 9/9/2022.