Ma Dante è vicino alla gente più di quanto si pensi. Spesso ci si chiede come far giungere alle persone la grandezza del Poeta, in realtà è già vivo nei temi della vita, di Davide Rondoni
Riprendiamo da Avvenire un articolo scritto da Davide Rondoni e pubblicato il 2/6/2019. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Letteratura e, in particolare, Dante Alighieri.
Il Centro culturale Gli scritti (27/3/2023)
Dante in esilio, 1854
Togliete a Dante la maschera. La maschera, funebre, la maschera scolastica e quella patriottica. Dante è un poeta, una specie di sciamano, di lucidissimo folle, fedele d'amore. Un viandante esule e visionario.
Appena gli fai il monumento, ecco non c'è più, se ne va. I poeti sono diversi da presidenti, imperatori, primi ministri, eroi di ogni specie. Non sopportano i monumenti. Da qualche tempo, avvicinandosi al settimo centenario dantesco, si susseguono interventi su cosa fare, come trattare, cosa inventare intorno alla figura del poeta. Ci sono edizioni in corso. E poi chi vuole onorarlo con esposizioni delle ossa. E chi invece progetta festival o chi film. Finalmente la Rai ha detto sì al progetto di Avati. Un sommovimento salutare.
Qualcuno, anche su queste colonne, si è posto l'interrogativo su come avvicinare Dante alle folle, menzionando alcune cose meritorie già in circolazione, anche se andrebbe aggiunta la grande diffusione della bellezza di Dante grazie a Roberto Benigni e ai suoi show. Fu non a caso T. S. Eliot, grande lettore e figlio poetico di Dante nel '900, a immaginare quel che Roberto ha poi compiuto: per fare un teatro (e televisione) di cultura vera, ma anche popolare la cosa migliore sarà l’attore comico.
E non bisogna dimenticare la scuola. È lì, infatti, si può compiere il primo servizio a Dante o fargli il primo sgambetto. Il primo modo per avvicinare un genio e tradurlo - trasmetterlo - al futuro sia dare ascolto e retta al genio invece che alle proprie elucubrazioni o invenzioni "metodologiche".
In molte scuole sono rimasto colpito dal fatto che ogni volta che chiedo ai ragazzi perché Dante abbia scritto la Commedia e come mai si ritrovasse in quella famosa selva mi ritrovo a sentire rispostine rachitiche e preconfezionate, libresche, robe morte da libri di testo sbagliati.
Come se nessuno avesse ascoltato lui, il poeta. Che lo dice chiaramente e magnificamente. Come se la morte di Beatrice non fosse l'elemento scatenante, la grande misteriosa benzina, oscura e lucente, del poema.
Come se non fosse quella scandalosa morte la ferita e la potenza movimentante del viaggio fino in faccia al mistero dell'esistente. Non compie Dante forse il viaggio che ciascuno di noi vorrebbe fare quando veniamo profondamente segnati dalla perdita di una persona amata? Non vorremmo andare fino in faccia a Dio, se ha una faccia o tre cerchi o cosa, e guardare dentro per capire, vedere, fosse solo pure per un attimo, come accade a Dante stesso, se questa vita è solo un teatro di ombre, una presa in giro, una cloaca di dolore, oppure no?
Forse non occorre "portare" Dante più vicino alla gente, occorre non portarlo lontano da dove è. Lui, poeta e veggente, è già lì vicino alle questioni di tutti.