Considerazioni rilevanti a partire dalle percentuali dei votanti e degli astenuti nelle elezioni regionali 2023 del Lazio e della Lombardia, di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Giustizia, carità e politica.
Il Centro culturale Gli scritti (26/2/2023)
Si è molto e a ragione parlato del crescente e drammatico astensionismo nelle recenti elezioni regionali del Lazio e della Lombardia 2023.
Vale la pena precisare la questione, per comprendere a quale grado stia giungendo l’irrilevanza “relativa” dei diversi partiti.
Fratelli d’Italia, il partito che ha ricevuto il maggior numero di voti in totale, ha raggiunto nel Lazio il 36% dei voti (meno in Lombardia). Se si calcola il 36% del 37% dei votanti totali la percentuale raggiunge il 13,32% di coloro che hanno diritto al voto. Ciò vuol dire che poco più di 1 italiano su 10 ha votato Fratelli d'Italia.
Se si guarda al PD il risultato è ancora più sconfortante: infatti, il 20% dei voti raggiunti nel Lazio sul 37% dei votanti del paese ammonta al 7,4% dei votanti italiani. Insomma circa ½ italiano su 10 ha votato per il Partito Democratico.
Se si guarda al Movimento 5Stelle la situazione si aggrava ancor più: il 9% dei suoi voti sul 37% dei votanti totali totalizza il 3,33% degli italiani, insomma poco più di ¼ di votante ogni 10.
Se si guarda ai risultati delle coalizioni, la maggioranza del centro-destra ha totalizzato il 54% che, sul 37% dei votanti totali, ammonta al 19,98%. Insomma 2 italiani su 10 hanno votato centro-destra.
Per capire ancor meglio la situazione, si deve notare che nel Lazio il partito Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha più voti da solo – anche se di pochissimo – dell’intero centro-sinistra, cioè del PD con tutti i suoi alleati.
La soglia del 54% indica che, fra i votanti - ma non in relazione all’intero elettorato che in maggioranza si astiene - il centro-destra ha la maggioranza assoluta e non più relativa.
Potrebbe governare anche senza alcun premio di maggioranza, perché oltre il 50% dei votanti – percentuale altissima – lo vota.
Per fare un raffronto con un altro dato estremamente significativo della situazione politica e sociale del paese, non si deve dimenticare che al primo turno delle primarie del PD i votanti sono stati circa 45.000 [N.B. l'articolo è stato scritto prima della votazione definitiva che ha una percentuale molto più alta, ma che è appunto più alta perché non hanno votato soolo gli iscritti e non è del tutto chiaro chi, dunque, abbia effettivamemte votato al di là degli iscritti].
Gli iscritti al momento della fondazione del partito nel 2008 erano ottocentomila circa. Il dato preciso è calcolabile al 7 novembre 2009, due settimane dopo la vittoria di Pier Luigi Bersani al congresso del 25 ottobre, quando l’allora responsabile per l’organizzazione del Partito democratico Maurizio Migliavacca aveva comunicato che gli iscritti che avevano votato le varie mozioni nei circoli erano stati «863 mila».
Ovviamente l’essere tesserati di un partito indica una forma di coinvolgimento molto maggiore della semplice espressione di un voto, ma certo il passaggio da 863.000 al numero di 45.000 votanti odierno significa che nel 2023 si è scesi ad 1/17 dei partecipanti del 2009.
In una prospettiva di ascolto sinodale del paese, questi dati – sia quelli percentuali, sia quelli di maggioranza politica – dicono qualcosa dello stato della nazione e delle sue mutate visioni sociali che deve essere sviscerato e interpretato, se si vuole dialogare con il paese odierno e non con una nazione immaginaria.