Galileo e i 400 anni del Saggiatore: sbagliato nel merito, giusto nei principi. Galilei lo scrisse per contestare un testo sulle comete del gesuita Grassi, che appoggiava il sistema di Brahe. Sulle comete aveva ragione Grassi, ma sul fronte epistemologico resta un'opera capitale, di Flavia Marcacci
Riprendiamo da Avvenire un articolo di Flavia Marcacci pubblicato il 26/1/2023. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Scienza e fede.
Il Centro culturale Gli scritti (5/2/2023)
«Chi meno intende e sa, tanto più risolutamente discorre». È una delle tante lamentele espresse dallo scienziato pisano Galileo Galilei ne Il Saggiatore. Si tratta di una lunga lettera all’accademico linceo Virginio Cesarini, avente la sostanza del trattato e di cui nel 2023 si celebrano i 400 anni dalla pubblicazione.
Era il 6 maggio del 1623 quando ebbe inizio la stampa di quest’opera, sovvenzionata dal Principe dei Lincei Federico Cesi e sollecitata dal sodale Francesco Stelluti che da tempo chiedeva allo scienziato pisano di condividere i suoi pensieri sulle comete.
Era dal 1618 che il passaggio di tre comete suscitava clamore, accendendo il dibattito sulla natura di questi fenomeni che si trascinava da qualche decennio.
Galileo aveva problemi di salute e inizialmente era restato fuori dalle discussioni. Se non che nel 1619 il gesuita Orazio Grassi pubblicò la Disputatio astronomica sostenendo che le comete sono corpi al di sopra del cielo della Luna: il telescopio, infatti, non mostrava spostamenti del fenomeno, rispetto allo sfondo delle stelle fisse, rispetto a diversi luoghi di osservazione (parallasse), lasciando pensare che esso fosse davvero lontano nel firmamento.
Grassi prendeva distanza dalle teorie aristoteliche per le quali le comete erano alterazioni dell’atmosfera al di sotto della luna. Soprattutto, il gesuita andava a sostenere le teorie di Tycho Brahe, l’autorevole astronomo danese che aveva rivoluzionato con i suoi strumenti e le sue abili osservazioni a occhio nudo molte concezioni antiche.
Grazie a lui era stata rigettata l’antica opinione per cui i cieli erano sfere solide.
D’altra parte, il modello cosmologico di Tycho Brahe, avente la Terra al centro del mondo, il Sole ruotante intorno a essa e tutti gli altri pianeti ruotanti intorno al Sole, era un buon compromesso per i gesuiti: la condanna al sistema eliocentrico di Copernico era avvenuta qualche anno prima (1616) e occorreva un modello alternativo adeguabile alle osservazioni telescopiche successive al 1609, anno in cui Galileo iniziò a usare questo strumento fare astronomia.
Si aggiunga che, al contempo, criticare Aristotele rendeva manifesta l’ambizione all’innovazione di Grassi.
L’ombra di Tycho, insomma, si accresceva e Galileo doveva percepirla come un fastidioso intralcio per il cercatore della verità. Meglio mettere a tacere subito coloro che con Tycho volevano smentire Copernico.
Così, se pur gli era stato intimato di non proferire parola a favore di Copernico, Galileo poteva supporsi libero nel pronunciarsi contro Tycho, poiché nulla in questo senso gli era stato ingiunto. Le sue critiche furono dapprima espresse celandosi dietro il Discorso sulle comete di Mario Guiducci, console dell’Accademia fiorentina.
La contromossa di Grassi fu il conio dello pseudonimo Lotario Sarsi Sigensano con cui pubblicò per tutta risposta la Libra astronomica: così rispose alle critiche con tono polemico e aspro e riferendosi esplicitamente a Galileo.
Ecco che allora Galileo uscì allo scoperto e di sua mano firmò Il Saggiatore. Qui, pagina dopo pagina, Galileo criticò la scienza “di sistema”, irrigidita dietro convinzioni ataviche e inabile ad adattarsi alle nuove scoperte.
Più che dell’esperienza, secondo Galileo, Grassi/Sarsi si faceva forte del solo principio di autorità, chiudendo gli occhi di fronte alle evidenze e producendo dimostrazioni sbagliate.
Galileo non aveva una sua teoria delle comete ma pur di attaccare l’avversario sosteneva che la cometa fosse un corpo apparente. Le idee cometarie di Galileo erano sbagliate, ma lo spirito controversistico gli permise comunque di identificare alcuni grandi temi epistemologici che guideranno la nuova scienza: il ruolo degli strumenti, il rapporto tra vedere e conoscere, la compenetrazione tra argomentazioni logiche ed evidenze sensibili.
Dalla libra al saggiatore, i titoli delle opere al centro della polemica evocano la necessità di soppesare e confrontare i ragionamenti, svelare gli errori altrui e demolire l’avversario.
«La natura è scritta in caratteri matematici» è qui proclamato da Galileo con forza, e alle dimostrazioni geometriche alterna citazioni letterarie tra le quali campeggia l’Ariosto.
Per cantare le sue ragioni, Galileo colora il testo di metafore ed espressioni colorite: così da schernire i vizi di quella filosofia che «con tanta agevolezza si accomoda alle nostre voglie», ma non è vera conoscenza.
Grassi risponderà ancora con la Ratio ponderae et simbellae, ma Galileo non vi trovò toni meno accorati e accomodanti.
Perché tanta pervicacia non portò Galileo a proporre una teoria innovativa delle comete? Bisogna considerare la complessità delle questioni, la profondità delle scoperte galileiane e l’intreccio imbrogliato tra realtà e teorie che sgominava vecchi approcci alla natura senza poter immediatamente proporne nei nuovi.
Nel corso del 2023 si avrà modo di ragionarne ampiamente: si intravede già un significativo numero di eventi organizzati per esaminare questo episodio indimenticabile della storia della scienza. Non a caso, Enrico Bellone, curando l’edizione de Il Saggiatore (Roma 1994), ne ebbe a dire che qui «si tocca con mano, pagina per pagina, un momento splendido nel cammino incerto e accidentato degli uomini verso la verità».