Decorazione ispirata alla Alif e alla Lam arabe in Masaccio, Gentile da Fabriano a altri pittori toscani (da Mahmoud Salem Elsheikh)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 05 /02 /2023 - 23:07 pm | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo sul nostro sito dalla Rivista di Studi Indo-Mediterranei VI (2016) on-line (http://kharabat.altervista.org/RSIM-BTracce_-1_di_presenza_arabo-islamiche_in_Tscana.pdf ) un brano dall’articolo Tracce di presenza arabo-musulmana in Toscana, di Mahmoud Salem Elsheikh. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Arte e fede.

Il Centro culturale Gli scritti (5/2/2023)

N.B. de Gli scritti
Non è stato possibile trasportare i caratteri arabi in questo file, per cui essi vanno ricontrollati sull'orignale dell'articolo.

[…]

Qualcuno, mosso non si sa da quale suggestione, crede di leggere sull’aureola della Madonna di San Giovenale di Masaccio nientemeno che la «Shahāda», la professione di fede islamica «lā ilaha illā Allāh wa Muḥammad rasūl Allāh» (‘Non c’è altro dio se non Iddio e Muḥammad è l’Inviato di Dio’), parlando di chiari e visibili caratteri arabi stilizzati in finto cufico sull’aureola e sulla veste.

A questa conclusione era arrivato nel 1968 Rudolf Selheim che precisava però che la «shahāda» sarebbe leggibile a rovescio: quindi in una «iscrizione a specchio». Anche il bravo Wladimiro Settimelli sull’Unità del 28 giugno 1997 afferma che la scritta sull’aureola della Madonna niente altro è che la «classica professione di fede di chi crede nel Corano».

La stessa supposizione è unanimemente accordata a due opere di Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi (Uffizi), e soprattutto la Madonna dell’Umiltà (Museo di San Matteo, Pisa).

Di quest’ultima opera si dice che «sull’orlo del panno dov’è disteso il Bambino corre un’iscrizione in caratteri arabi che compongono le prime parole della shahāda, la professione di fede musulmana» (Sylvia Auld).

Letture assolutamente fantasiose e immaginarie, originate non si sa da quale pretesa e a quale scopo da persone che di arabo manco sanno distinguere l’alef (prima lettera dell’alfabeto) da una banana!

Come abbiamo già dimostrato, sia nel 1997 a Reggello, in occasione di un dibattito sulla Madonna di San Giovenale di Masaccio che a Roma nel 2011, in un convegno vaticano, questi motivi ornamentali letti come caratteri arabi non sono altro che imitazioni, in funzione assolutamente ornamentale e suggestiva, delle due lettere alte dell’alfabeto arabo أ) A) e ل) L), qualche volta intrecciate لا) LA) ال , ch’è facile leggere sulle iscrizioni arabe.

Quanti hanno visitato l’Alhambra si ricorderanno certamente del motto ripetuto dei signori Al-Aḥmar, frase poi scelta come motto del mausoleo di re Muḥammad V a Rabat, هللا اال غالب ال «l’onnipotenza è di Dio», dove le due lettere dell’alfabeto, أ e ال , ل ,formano un motivo decorativo di straordinaria bellezza che potremmo chiamare «decorazione ispirata alla Alif e alla Lam - أ e ل ,o ال ال ».

Ed è a questo motivo che si sono ispirati i pittori e gli artigiani rinascimentali, giocando pure di fantasia, e qualche volta al diagramma ال intrecciavano un altro capovolto, magari ripetutamente, per formare una figura artistico-decorativa.

Basterà osservare la cornice della Croce dipinta di Giotto, quella restaurata di Ognissanti e quell’altra Croce di Santa Maria Novella, per vedere che perfino la cornice del dipinto è decorata con gli stessi motivi decorativi delle أ) A) e ل) L).

Sono alcuni elementi che testimoniano i rapporti fra il mondo arabo-islamico e la Toscana e, sommati a tanti altri - l’ambone della chiesa pistoiese di San Giovanni Fuorcivitas (marmo con vetri dorati del 1270) e il bicchiere detto di Santa Edvige, opera di un maestro egiziano del sec. XII, conservato nel Palazzo dei Vescovi di Pistoia -, armi ed armature (Museo Stibbert), vestiti, ricette mediche, strumenti scientifici (conservati in abbondanza nel Museo di Storia della Scienza), costituiscono un raro esempio di fusione e di simbiosi culturale che sta proprio alla base della civiltà del nostro Mediterraneo.