Genesi 1-2 alle radici della Costituzione Italiana: il caso dell’articolo 36, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Giustizia e carità e Sacra Scrittura.
Il Centro culturale Gli scritti (23/1/2023)
«Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi».
Articolo 36 della Costituzione della Repubblica Italiana
È stato Genesi 1-2, con l’annuncio della “verità” del sabato ad introdurre nel mondo il riposo settimanale. Prima di quel testo, mai un popolo aveva avuto un giorno settimanale di riposo. Le feste erano annuali – al sopraggiungere della primavera, dell’anno nuovo, alla ricorrenza dei grandi eventi fondativi e così via.
Israele per primo ricevette l’ordine di alternare lavoro e riposo, poiché è attraverso il lavoro compiuto a regola d’arte che si manifesta la dignità dell’uomo ed egli contribuisce al bene comune, ma è poi nel giorno festivo che egli ritrova il senso della sua fatica e benedice il lavoro e gli affetti.
Fu poi la comunità cristiana a traslare tale significato alla domenica, poiché il Cristo era risorto “il primo giorno dopo il sabato”, e a rendere universale il ritmo settimanale lavoro-festa, ovunque giungesse il cristianesimo e poi anche solo la cultura occidentale.
Oggi ogni nazione - a maggioranza cristiana o atea, così come di qualsivoglia religione -, osserva il riposo settimanale che ha le sue radici in Genesi 1-2.
Ebbene tale ritmo è basilare per la Costituzione della Repubblica Italiana, al punto che essa enuncia che “non si può rinunziare al riposo settimanale”.
Il giorno di riposo non è solo diritto del lavoratore, ma è dovere – è il comandamento traslato nel linguaggio laico del “Ricordati di santificare le feste, cioè il sabato”.
Interessante è che il periodo delle ferie annuali – anch’esso sconosciuto all’antichità -, venga collegato al ritmo settimanale, come sua estensione, perché è proprio del tempo ebraico-cristiano aver introdotto la necessità della festa.
Meravigliosa è anche l’indicazione che la retribuzione deve essere «in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa».
Come ebbe e a scrivere G.K. Chesterton:
«Al primo ministro di un governo umano che vi capita di incontrare dite questo.
Un uomo onesto s’innamora di una donna onesta; pertanto, desidera sposarla, essere il padre dei suoi figli, dare sicurezza a lei e a se stesso. Tutti i sistemi di governo dovrebbero essere messi alla prova sul fatto se egli possa realizzare ciò. Se un sistema qualunque, feudale, schiavista o barbarico, di fatto gli dà un campo di cavoli abbastanza ampio da consentirgli di realizzarlo, lì è l’essenza della libertà e della giustizia. Se un sistema qualunque, repubblicano, mercantile o eugeneticista, di fatto gli dà un salario talmente piccolo che non può realizzarlo, lì è l’essenza della tirannia e della vergogna» (a G.K. Chesterton, La famiglia, regno della libertà. Un incubo di assurdità, ILN, 25 marzo 1911).
I padri costituenti erano consapevoli del diritto di ognuno a costruire la propria casa e la propria famiglia attraverso il lavoro, per poter godere insieme del riposo settimanale e della comunione familiare.