IGNAZIO DI LOYOLA. UN VENTO NUOVO SU ROMA. Copione dello spettacolo su sant’Ignazio di Loyola realizzato per la basilica di Sant’Ignazio di Loyola in Roma dall’Ufficio per la cultura e l’università della diocesi di Roma
Riprendiamo sul nostro sito il copione dello spettacolo IGNAZIO DI LOYOLA. UN VENTO NUOVO SU ROMA realizzato per la basilica di Sant’Ignazio di Loyola in Roma dall’Ufficio per la cultura e l’università della diocesi di Roma e rappresentato il 18/11/2022. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Roma e le sue basiliche.
Il Centro culturale Gli scritti (23/1/2023)
Qui il video realizzato per presentare i luoghi di sant’Ignazio, con i testi dello spettacolo:
(Organo) B. Pasquini, Variazione per il paggio todesco
(Attori) Dall’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, alla voce Gesuiti
Ci chiediamo come la Compagnia di Gesù si sia potuta affermare, malgrado tutto quello che ha fatto per perdersi; come si sia resa illustre, malgrado tutto quello che ha fatto per avvilirsi; come abbia ottenuto la fiducia dei sovrani, assassinandoli; la protezione del clero, degradandolo.
Il fatto che si son visti, contemporaneamente, nello stesso corpo, la ragione accanto al fanatismo, la virtù accanto al vizio, la religione accanto al sacrilegio, il rigorismo accanto al lassismo, la scienza accanto all’ignoranza, l’amore della solitudine accanto all’amore delle trame e degli intrighi. Soltanto l’umiltà non ha mai potuto trovare asilo tra questi uomini.
Essi hanno avuto poeti, storici, oratori, filosofi, eruditi.
Dediti al commercio, alla politica ed alle occupazioni estranee al loro stato, sono caduti nel disprezzo che ha seguito, e seguirà in ogni tempo, la decadenza degli studi e la corruzione dei costumi.
La maledizione di San Francesco Borgia, il terzo padre generale della Compagnia, si è avverata: «Verrà un tempo in cui il vostro orgoglio e la vostra ambizione non avranno più limiti, e voi sarete intenti soltanto ad accumulare ricchezze, e trascurerete la pratica delle virtù; nessuna potenza terrena potrà allora ricondurvi alla vostra primitiva perfezione e, se sarà possibile distruggervi, sarete distrutti».
(Narratore) LONARDO
Parlare di Ignazio vuol dire parlare dei gesuiti nella storia. Gli illuministi dell’Enciclopedia li disprezzavano e le loro critiche contribuirono alla chiusura del meraviglioso esperimento delle Reducciones.
Un intellettuale come Voltaire non era disposto a lasciar campo all’opera innovativa dei discepoli di Ignazio in America Latina e all’illuminismo si appoggiò il primo ministro portoghese di allora, Pombal, per eliminare le Reducciones attaccando i gesuiti.
Anche tra la gente semplice di Roma la domanda sull’effettivo ruolo dei gesuiti ha continuato a circolare. Proprio qui, in piazza Sant’Ignazio, la leggenda vuole che il diavolo, che si accompagnava al vento, entrasse per discutere con i gesuiti. Poiché lo spirito del male non riuscì a liberarsi di loro, il vento ancora lo attende e soffia in nella magnifica piazza Rococò disegnata dal Raguzzini.
CORO
C. Monteverdi, Cantate Domino
Cantate Domino canticum novum:
Cantate, cantate, cantate
Et benedicite nomini eius.
Quia mirabilia fecit!
Cantate et exultate,
Cantate et exultate et psallite.
Psallite in cythara et voce psalmi:
Quia mirabilia fecit!
(Narratore) LONARDO
La storia, non le leggende, questo ci interessa, ci interessa la vita stessa di Ignazio: come egli stesso ricorda, “da giovane era un uomo dedito alla vanità del mondo.
Suo diletto preferito era il maneggio delle armi, con un grande e vano desiderio di procacciarsi fama”, fino all’assedio di Pamplona, all’età di 26 anni.
Siamo nel 1521 ed è incredibile come una pallottola francese abbia cambiato il corso della storia: gli affreschi della chiesa di Sant’Ignazio rappresentano l’episodio tanto fu importante. Ignazio venne, infatti, ferito – nell’affresco lo si vede disteso mentre gli appare san Pietro - e, dovendo affrontare una lunga convalescenza, iniziò il suo cammino di conversione.
CANTANTE E ORGANO
Vivaldi, Cum dederit
Cum dederit dilectis suis somnum
Cum dederit dilectis suis somnum
Ecce haereditas Domini filii
Merces fructus ventris
Fructus ventris
(Organo) - Cum dederit
(Attore) Esercizi spirituali
Essendo stato appassionato divoratore di romanzi e d'altri libri fantasiosi sulle imprese mirabolanti di celebri personaggi, quando cominciai a sentirmi in via di guarigione, domandai che me ne fossero dati alcuni tanto per ingannare il tempo. Ma nella casa, dove ero ricoverato, non si trovò alcun libro di quel genere, per cui me ne diedero due intitolati "Vita di Cristo" e "Florilegio di santi".
Mi misi a leggerli e rileggerli, ma la mia mente ritornava a quel mondo immaginoso descritto dalle letture precedenti. In questo complesso gioco di sollecitazioni, si inserì l'azione di Dio misericordioso. Infatti, mentre leggevo la vita di Cristo nostro Signore e dei santi, pensavo dentro di me: "E se facessi anch'io quello che hanno fatto san Francesco o san Domenico?".
Queste considerazioni duravano a lungo, avvicendandosi con quelle di carattere mondano. Ma tra le prime e le seconde vi era una differenza. Quando pensavo alle cose del mondo ero preso da grande piacere; poi, quando, stanco, le abbandonavo, mi ritrovava triste e inaridito. Quando invece immaginavo di dover condividere le austerità dei santi, non solo provavo piacere mentre ci pensavo, ma la gioia continuava anche dopo.
In seguito costatai che proprio allora avevo cominciato a comprendere quello che insegnai ai miei discepoli sulla diversità degli spiriti.
(Narratore) LONARDO
Kafka ha rappresentato l’uomo moderno come qualcuno che bussa alla porta di un castello impenetrabile senza riuscire ad entrarvi. Ignazio e i santi della sua epoca, invece, mostrano come entrare appieno nella vita!
Teresa d’Avila, sua contemporanea, utilizzò l’immagine del castello in senso contrario a Kafka. Non impenetrabile, anzi l’anima è la proprietaria del Castello, ma, avendo dimenticato la propria dignità, è lei che si è estraniata, vivendo alle porte del Castello di elemosina, al posto che stare nella stanza delle nozze con il Signore del Castello, il Cristo, suo sposo.
Allo stesso modo, Ignazio insegna che è possibile entrare nella vita vera e non rimanerne estranei. È proprio a Pamplona che gli divenne chiaro che avventure d’onore, di guerra e tresche amorose non hanno un posto durevole nei cuori, mentre il desiderio di servire Dio non delude nel tempo.
Elaborò allora gli Esercizi spirituali, quel libro che è da allora un caposaldo per chi vuole aiutare a discernere fra i diversi sentimenti che proviamo. Capì con profondità che per decidere della propria vocazione, per decidere di ciò a cui il nostro cuore non può rinunciare, bisogna distinguere i pensieri che vengono dal male dalle ispirazioni vere.
CORO
Charles Villiers Stanford, Beati quorum via
Beati quorum via integra est
Quorum via integra est
Qui ambulant in lege Domini
Qui ambulant in lege Domini
In lege Domini
Beati
Beati quorum via integra est
Beati
Beati quorum via integra est
Quorum via
Quorum via integra est
Qui ambulant in lege Domini
Domini.
(Narratore) LONARDO
Mai come allora, forse, il mondo con il suo grido di aiuto fu presente nel cuore dei romani. Nella pittura della volta Andrea Pozzo non solo si espresse in maniera illusionistica con lo “sfondato” che eleva in alto la chiesa e la collega al cielo, ma ancor più, dipinse il Cristo che tocca con la sua luce Ignazio e questi, a sua volta, illumina quattro figure che simbolizzano i quattro continenti, l’Europa, l’Africa l’Asia e l’America, ognuna seduta su di un animale tipico.
Come farà più tardi la Fontana dei quattro fiumi del Bernini, è il mondo intero che viene qui evocato, con uomini che sono pronti a sacrificare la vita in favore di popolazioni lontanissime.
“La maggiore cosa dopo la creazione del mondo, fatta eccezione per l’incarnazione e la morte di colui che lo creò, è la scoperta delle Indie”, scrisse allora López de Gómara.
Cibi e racconti arrivarono dalle nuove terre, mentre quei giovani gesuiti si donavano ad esse. Dall’America arrivarono nelle coltivazioni e nella cucina europee il pomodoro, la patata, il cacao, il peperone, il fagiolo, lo zucchino, il mais, l’ananas, il girasole, la zucca. La maggior parte dei nostri piatti, come la pasta o la pizza al pomodoro, ma anche la tortilla spagnola sono impensabili senza i viaggi missionari del cinquecento. Fino a quel momento metà dell'umanità non sapeva dell'esistenza dell'altra metà, ma anche ignorava una serie di cibi che sono poi divenuti tipici.
CORO/ BALLERINE
Gaspar Fernandes, Eso rigor e e repente
Eso rigor e repente
juro a qui se ni yo siquito
que aun que nace poco branquito turu
somo noso parente
no tenemo branco grande
- tenle primo, tenle calje
husie husia paracia
- toca negriyo tamboriiyo
Canta parente
Sarabanda tenge que tenge
sumbacasu cucumbe
Ese noche branco seremo
O Jesu que risa tenemo
o que risa Santo Tomé.
Vamo negro de Guinea
a lo pesebrito sola
no vamo negro de Angola
que saturu negla fea
Queremo que niño vea
negro pulizo y galano
que como sanoso hermano
tenemo ya fantasia.
Toca viyano y follia
bailaremo alegremente.
Gargantiya le granate
yegamo a lo sequitiyo
manteyya rebosico
comfite curubacate
Y le cura a te faxue
la guante camisa
capisayta de frisa
canutiyo de tabaco.
Toca preso pero beyaco
guitarria alegremente
Sarabanda tenge que tenge
sumbacasu cucumbe
ese noche branco seremo
O Jesu que risa tenemo
o que risa Santo Tomé
(Narratore) LONARDO
L’opera di Andrea Pozzo segue di più di un secolo la vita di Ignazio, che certamente prediligeva un’arte più essenziale. Ma, come Ignazio aveva spiegato negli Esercizi che non si tratta di guidare con la ragione i desideri, bensì di valorizzarli nel loro giusto ordine, perché chi non ha desideri resta immobile e pietrificato, così l’arte barocca mira a coinvolgere la persona emotivamente.
L’illusionismo del “trompe-l'oeil” che Pozzo progettò per la magnifica cupola di Sant’Ignazio, che è solo dipinta, può apparire ai maligni solo un trucco finto, teso ad ingannare, mentre è, all’opposto, il gioco gioioso di chi se ne intende.
Pozzo, con pochissima spesa, raddoppiò “in apparenza” l’altezza di Sant’Ignazio: è la sua bravura di grande matematico che gli permise questa creatività sincera, esattamente come è creativa la musica di un altro gesuita, il compositore Domenico Zipoli, vissuto tra il 600 e il 700 e che, a Roma, fu organista della chiesa di Santa Maria in Trastevere e poi della Chiesa del Gesù.
(Organo)
D. Zipoli, All’Elevazione
(Narratore) LONARDO
Zipoli fu anche missionario nelle Americhe e la sua produzione musicale si diffuse velocemente nei territori degli odierni stati di Argentina e Paraguay, Bolivia e Perù. Zoologi ed esploratori giunti da Francia, Italia, Germania, affermarono di aver sentito suonate da indigeni “musiche indicibili, di rara bellezza, nello stile italiano ed esecuzioni straordinarie che mai ci si sarebbe attesi di ritrovare”. Negli archivi di numerose reducciones sono stati rinvenuti manoscritti a firma di Domenico Zipoli, contenenti composizioni per organo, mottetti, messe, accanto a pagine di Corelli, Vivaldi e altri celebri compositori.
Esempio significativo dell’incontro dello stile musicale europeo con la cultura indigena nella musica di Zipoli è il dramma sacro San Ignacio, che è di fatto «l’unica opera barocca profondamente marcata dall’impronta di una cultura extraeuropea». Anche se lo stile nel quale è stata composta è europeo e la lingua utilizzata è il castigliano, vi sono tratti musicali tipicamente indigeni.
MUSICISTI E CANTANTI
D. Zipoli, San Ignacio
Aria breve (San Ignacio): Oh! Que contento
Recitado (Mensajero 1/Mensajero 2/ San Ignacio)
Aria breve (Mensajero 2)
Recitado (San ignacio): Ah, perfido!
Recitado (Mensajero 1/Mensajero 2/ San Ignacio)
Aria triple (Mensajero 1/Mensajero 2/ San Ignacio): Contra este tigre
(Narratore) LONARDO
Nel 1551 Ignazio fondò il Collegio Romano. Una bellissima dicitura del tempo ricorda che esso era una “Scuola di grammatica, umanità e dottrina cristiana gratis”, dove è il “gratis” a fare la differenza!
Sebbene inizialmente avesse esitato a far assumere ai suoi compagni impegni in scuole e università, perché in tal modo essi avrebbero dovuto rinunciare alla possibilità di rapidi spostamenti per gestire invece stabilmente edifici inamovibili, successivamente Ignazio ripensò alla questione.
Come scrisse il suo segretario con parole di una chiarezza incredibile: “Poiché tutto il bene della Cristianità e di tutto il mondo dipende dalla buona formazione della gioventù per la quale c’è grande necessità di virtuosi e sapienti maestri, la Compagnia si è assunta il compito meno appariscente ma non meno importante della formazione di essa” (1556).
Quando con l’Unità d’Italia il Collegio Romano venne confiscato dallo Stato, i gesuiti dovettero acquisire un nuovo terreno per costruirvi una nuova università, la Gregoriana, in sostituzione della precedente, mentre i libri della Biblioteca del Collegio, anch’essi sequestrati, formarono il primo nucleo dell’attuale Biblioteca Nazionale.
Il Collegio Romano divenne il modello per le centinaia di scuole e università che i gesuiti fondarono in Italia, in Europa e nel mondo. Come l’università, inventata dal medioevo cristiano - a partire dall’asse Bologna Padova Salerno Parigi Oxford - si era diffusa nel mondo intero ovunque giungeva il cristianesimo, così ora gli studi dei gesuiti nacquero ovunque giungesse la Compagnia.
Gli osservatori sulla chiesa di Sant’Ignazio e sul Collegio Romano - l’Osservatorio astronomico Secchi e la torre Calandrelli -, pur successivi ad Ignazio, mostrano la cura che la Compagnia ebbe per gli studi scientifici.
Lo stesso Galilei insegnò ai gesuiti del Collegio ad utilizzare il telescopio ed essi, pur contrari all’eliocentrismo, confermarono la bontà del metodo sperimentale, scrivendo dei crateri della luna, delle fasi di Venere e dei satelliti di Giove
Già nel 1611 la luna con i suoi crateri venne dipinta in Santa Maria Maggiore, nella famosa Madonna Galileiana del Cigoli.
Ma tra le attività educative dei Collegi gesuitici, anche il teatro aveva una parte importantissima…
(Attori)
San Francesco Saverio dormendo sopra uno scoglio
I demonio
O squadre di Babelle
ecco l'orror del più profondo abbisso,
il Campion delle Stelle
ecco Francesco!
A l'armi, o schiere elette
a le furie, a le morti, a le vendette.
II demonio
Se questo io butto a fondo,
stimerò, che 'l mio colpo abatti un mondo
I demonio
Se sol Francesco atterro
caderà tutto il Ciel con questo ferro.
II demonio
A l'armi, a l'armi,
sonate o trombe, e risonate o carmi.
I demonio
Questo stral va nel core.
II demonio
Questa punta nel capo.
I demonio
Io gl'accendo nel Cielo
i baleni più ardenti.
II demonio
Io gl'apro nelle nubbi
i tuoni più frementi.
I demonio
Contro lui la mia voce
armerà le tempeste.
II demonio
Il Tessalo veleno
sarà il sorso più grato
al labro inaridito, et assetato.
I demonio
Nel core avrà timori.
II demonio
Negli occhi havrà spavento.
I demonio
Il giorno squadre armate.
II demonio
La notte contro havrà larve animate.
San Francesco Saverio
È sogno, o pure è morte
questa che i sensi
e l'animo inquieta?
Larve, mostri, fantasmi, ombre, e portenti?
O infinito orribile squadrone!
O trombe! O corni! O urli! O tuoni!
O contesa fatale!
Non basta a tanti colpi un cor mortale.
Tu potente mio Dio
dai lena al braccio mio!
Oda, e tremi l'abbisso a questo grido.
Odo fiere minaccie
veggo morti crudeli
saette, e ferro, e foco.
Ma ad un animo amante il tutto è poco.
In quel monte lontano
sotto il mio piè le rupi
s'aprono in precipizii, et in dirupi.
Da quel orrido speco
un leone, una tigre, un pardo, un orso
un Libico Dragone,
e mille ignoti mostri
famelici, anelanti, et arrabbiati
vengono in questi lati.
E chi per tanti mostri ha tante membra?
Chi per tante ferite ha tanto sangue?
Chi per tanti perigli ha tanti Cori?
Lacero, pesto, arso, e destrutto
per amor dirò sempre è poco il tutto.
Abandonato, e solo
già sedo in questo scoglio
ma correrò fra poco
dov'è più gonfia l'onda.
Merso fra mille abbissi,
fatto gioco de' venti, e di tempeste,
che fia di te Francesco?
Vò ch'una voce sola
mentr'ho fiato nel cor, voli al mio Dio
tutto è nulla Signor a l'amor mio.
(Narratore) LONARDO
Per volontà di Ignazio la sua compagnia si chiamò compagnia di Gesù. Il termine “compagni”, ben prima che venisse usato in senso politico in tempi moderni, significa “coloro che condividono lo stesso pane”, “cum panis”.
Nelle chiese gesuitiche – ed anche qui a Sant’Ignazio - si vedono dappertutto le tre lettere JHS, iniziali di Jesus Hominum Salvator, Gesù salvatore degli uomini. Erano già state usate come simbolo - e lo saranno ancora, si pensi all’architetto Gaudí che le utilizza in casa Battlo a Barcellona, insieme alle abbreviazioni dei nomi di Maria e Giuseppe.
Ignazio vi aggiunse una croce sull’acca e i tre chiodi della crocifissione.
Jehoshua è il nome ebraico di Gesù: Vuol dire: Dio salva. Le tre lettere latine scelte da Ignazio sottolineano come l’uomo riceva concretamente l’amore che salva: lo riceve nella croce di Cristo.
Tra i primi compagni di Ignazio ci fu un giovane, Francesco Saverio. La tela che è nella cappella di destra lo ritrae morente nell’isola di Sancian dove era giunto nel desiderio di predicare in Cina, cosa che riuscì poi a Matteo Ricci e ai suoi compagni.
Struggente è il desiderio, che emerge dalle lettere del Santo: che tutti possano conoscere il Vangelo.
(Organo) A. Vivaldi, L’inverno, II Largo e BALLERINE
(Attore) LETTERA FRANCESCO SAVERIO
Abbiamo percorso i villaggi dei neofiti, nelle Indie, che pochi anni fa avevano ricevuto i sacramenti cristiani. Questa zona non è abitata dai Portoghesi, perché estremamente sterile e povera, e i cristiani indigeni, privi di sacerdoti, non sanno nient'altro se non che sono cristiani. Non c'è nessuno che celebri le sacre funzioni, nessuno che insegni loro il Credo, il Padre nostro, l'Ave ed i Comandamenti della legge divina. Da quando arrivai qui, non mi sono fermato un istante; percorro con assiduità i villaggi, amministro il battesimo ai bambini che non l'hanno ancora ricevuto.
Moltissimi, in questi luoghi, non si fanno ora cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani.
Molto spesso mi viene in mente di percorrere le Università d'Europa, specialmente quella di Parigi, e di mettermi a gridare qua e là come un pazzo e scuotere coloro che hanno più scienza che carità con queste parole: Ahimè, quale gran numero di anime, per colpa vostra, viene escluso dal cielo e cacciato all'inferno! Oh! se costoro, come si occupano di lettere, così si dessero pensiero anche di questo.
(Narratore) LONARDO
Se la chiesa di Sant’Ignazio è la cappella universitaria del Collegio Romano – immaginiamola piena dei docenti e degli studenti del seicento o con Galilei che vi passeggia! – il Gesù, invece, è la prima chiesa che i gesuiti eressero in Roma, proprio sui luoghi dove Ignazio visse a lungo e dove morì il 31 luglio 1556.
Dell’antica costruzione si sono salvate 3 stanzette insieme all’immagine mariana della precedente chiesetta, la Madonna della Strada. I giovani lo amavano e alla sua morte già più di 1000 si erano fatti gesuiti ed erano partiti per ogni angolo della terra, dalle Americhe, all’Africa al Giappone.
Ma sant’Ignazio è veramente romano. Proprio perché amò Roma, la sua esistenza non fu provinciale, ma universale, così come lo è la missione di Pietro e dell’urbe.
Luca Serianni ha detto che l’italiano è noto nel mondo per la musica lirica e per la Chiesa! Ancora oggi tantissimi seminaristi – alcuni saranno futuri vescovi in tutto il mondo – vengono a Roma per studiare presso la Gregoriana dei gesuiti o presso le altre università pontificie. Roma sostiene in questo modo più che in qualsiasi altro modo il mondo intero, proprio tramite costoro.
Anche nel Concilio Vaticano II furono Roma ed il suo vescovo a preoccuparsi della terra in ogni suo angolo, quel Concilio che è l’evento più importante avvenuto in Roma negli ultimi secoli, quando la città accolse i vescovi del mondo intero e rinnovò la vita delle città e delle nazioni.
Ignazio era piccolo di statura, ma da Roma, sua città di adozione, scrisse ben 7000 lettere in tutto il mondo.
Allora come oggi l’Urbe è solo una città, eppure chi vi abita e chi la visita respira del mondo intero.
CORO
T. L. da Victoria, Regina Coeli
Regina coeli laetare, alleluja.
Quia quem meruisti portare, alleluja.
Resurrexit, sicut dixit, alleluja.
Ora pro nobis Deum, alleluja.
FINE
N.B. Il progetto ha previsto anche la realizzazione di due video in lingua LIS per presentare la vita del santo e la basilica di Sant’Ignazio: