Lo strabismo dell’eurocentrismo del politicamente corretto: dimentica sempre l’oriente e l’Asia tutta, di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Carità e giustizia.
Il Centro culturale Gli scritti (11/12/2022)
Chiunque si aggiri in un’università si accorge dell’enorme presenza di studenti dell’Asia: arabi, indiani, cinesi e così via.
È impressionante tutto ciò anche nelle università pontificie: non solo studenti europei e africani, ma soprattutto coreani, vietnamiti, indiani, cinesi.
Invece lo sguardo del politicamente corretto non si posa mai oltre gli Urali, non guarda mai all’India, alla Cina, alle Filippine, ai paesi arabi, all’Indonesia.
Se si parla di inquinamento e dell’Agenda 2030 si parla dell’Europa, mai della Cina o dell’India. Se si parla di sfruttamento dell’Africa si parla di Europa, senza mai riferirsi al colosso comunista cinese che ha ovunque nel continente nero i suoi addetti civili e militari.
Se si parla di libertà e di diritti non si tocca mai la questione della libertà religiosa nel mondo arabo o indiano o cinese o nord-coreano: quei paesi sono apparentemente lontani e per il politicamente corretto si può tranquillamente ignorare che lì sia vietato parlare di gender o non si possa cambiare fede e che non ci si possa dichiarare pubblicamente atei nei paesi a maggioranza religiosa o fedeli alla chiesa nei paesi a governo ateo.
Tristissimi simboli di morte vengono sempre reinterpretati in chiave eurocentrica. Ad esempio quasi a nessun europeo viene fatta conoscere la vera storia di Aylan Kurdi, il povero bambino curdo morto nelle acque turche: Aylan dovette fuggire con la sua famiglia da Kobane assediata dalle milizie islamiste per morire poi a 3 o 4 chilometri dalla Turchia. Tutti ignorano che furono gli islamisti arabi, che intendevano togliere il potere ad Assad e al contempo combattevano e combattono tuttora contro i kurdi, ad assediarli prima a Kobane e a costringerli poi alla fuga. Nessuno ricorda che furono i turchi a impedire alla famiglia di fuggire via terra dinanzi agli islamisti. Fu il padre stesso a denunciare questo in televisione.
I media del mondo arabo, invece, sanno bene che la colpa della morte di quel bambino ricade su quegli islamisti anti-Assad e poi sulla Turchia, proprio perché non dimenticano la situazione politica e religiosa dell’Asia (cfr. su questo Un video per comprendere la vera storia della morte di Aylan Kurdi e dei profughi di Kobane).
Gli occhi sono tutti puntati – e giustamente - sulla Russia fino agli Urali, ma pochi stanno immaginando un futuro che tenga conto della Cina che le è alle spalle.
Lo stesso strabismo è evidente dinanzi alle ricostruzioni del passato che sono decisive per il presente, perché non fare i conti con il passato significa riprodurre quegli errori nel tempo che verrà. Il tema della violenza islamica nella storia è un tabù. Esimi professori affrontano il tema dello schiavismo occidentale senza nemmeno fare riferimento allo schiavismo prima arabo e poi turco nei secoli, impedendo in questa maniera una corretta comprensione sia storica, sia anche morale e religiosa, della questione.
Tutti dimenticano che fu l’invasione araba proveniente dall’Asia a impedire per quasi un millennio ogni contatto fra Europa e continente africano, contatto che era invece la norma al tempo dell’impero romano e poi con la diffusione del cristianesimo: la conquista del nord Africa impedì per secoli ogni relazione dell’Europa con le popolazioni al di là del deserto del Sahara che ebbero rapporti diretti solo con le popolazioni islamiche della costa appena conquistata.
Nessuno ricorda, se non in maniera leggendaria citando Matteo Ricci, cosa abbia voluto dire e cosa voglia tuttora dire la chiusura del mondo estremo-orientale – con le dovute eccezioni – alla libertà di diffondere il Vangelo e, quindi, alla libertà tout court, con le derive comuniste tuttora vigenti in Cina, in Myanmar, in Corea.
L’Asia, l’Asia, l’Asia, questa sconosciuta che ci impedisce di capire anche l’Europa, perché non considerandola, il nostro sguardo diviene strabico sul passato, nel presente e, ancor più, in vista del futuro!