L’ecologia in sant’Anselmo. Non una natura da “conservare” immutata, bensì un cosmo che deve ritrovare vita, essere salvato e riscoprire la propria finalità. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Ecologia.
Il Centro culturale Gli scritti (11/12/2022)
Nei Discorsi di sant’Anselmo di Canterbury (o d’Aosta), un passaggio di grande verità e bellezza invita non ha ipostatizzare il creato, bensì a vederlo in attesa di una redenzione.
Seguendo Paolo che afferma che tutta la creazione geme nell’attesa della piena rivelazione della figliolanza, Anselmo evoca in maniera poetica che il dramma della creazione non è semplicemente la legge del morire – cui tutti gli esseri sono sottoposti – bensì è quel morire senza direzione e senza senso, senza dignità e senza frutto, senza perdono e senza resurrezione, che è il dramma di ogni creatura.
Anselmo canta la gioia inconsapevole del creato che, con la venuta del Figlio, riscopre il suo “fine” e il proprio ruolo “salvifico”.
Così dicono i discorsi di Anselmo:
«Cielo, stelle, terra, fiumi, giorno, notte e tutte le creature che sono sottoposte al potere dell'uomo o disposte per la sua utilità si rallegrano, o Signora, di essere stati per mezzo tuo in certo modo risuscitati allo splendore che avevano perduto, e di avere ricevuto una grazia nuova inesprimibile.
Erano tutte come morte le cose, poiché avevano perduto la dignità originale alla quale erano state destinate.
Loro fine era di servire al dominio o alle necessità delle creature cui spetta di elevare la lode a Dio. Erano schiacciate dall'oppressione e avevano perso vivezza per l'abuso di coloro che s'erano fatti servi degli idoli. Ma agli idoli non erano destinate.
Ora invece, quasi risuscitate, si rallegrano di essere rette dal dominio e abbellite dall'uso degli uomini che lodano Dio.
Hanno esultato come di una nuova e inestimabile grazia sentendo che Dio stesso, lo stesso loro Creatore non solo invisibilmente le regge dall'alto, ma anche, presente visibilmente tra di loro, le santifica servendosi di esse.
Questi beni così grandi sono venuti frutto benedetto del grembo benedetto di Maria benedetta.
Per la pienezza della tua grazia anche le creature che erano negl'inferi si rallegrano nella gioia di essere liberate, e quelle che sono sulla terra gioiscono di essere rinnovate.
Invero per il medesimo glorioso figlio della tua gloriosa verginità, esultano, liberati dalla loro prigionia, tutti i giusti che sono morti prima della sua morte vivificatrice, e gli angeli si rallegrano perché è rifatta nuova la loro città diroccata.
O donna piena e sovrabbondante di grazia, ogni creatura rinverdisce, inondata dal traboccare della tua pienezza. O vergine benedetta e più che benedetta, per la cui benedizione ogni creatura è benedetta dal suo Creatore, e il Creatore è benedetto da ogni creatura.
A Maria Dio diede il Figlio suo unico che aveva generato dal suo seno uguale a sé stesso e che amava come sé stesso, e da Maria plasmò il Figlio, non un altro, ma il medesimo, in modo che secondo la natura fosse l'unico e medesimo figlio comune di Dio e di Maria.
Dio creò ogni creatura, e Maria generò Dio: Dio, che aveva creato ogni cosa, si fece lui stesso creatura di Maria, e ha ricreato così tutto quello che aveva creato.
E mentre aveva potuto creare tutte le cose dal nulla, dopo la loro rovina non volle restaurarle senza Maria.
Dio dunque è il padre delle cose create, Maria la madre delle cose ricreate. Dio è padre della fondazione del mondo, Maria la madre della sua riparazione, poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per opera del quale tutte le cose sono state salvate.
Dio ha generato colui senza del quale niente assolutamente è, e Maria ha partorito colui senza del quale niente è bene. Davvero con te è il Signore che volle che tutte le creature, e lui stesso insieme, dovessero tanto a te» (dai "Discorsi" di sant'Anselmo, vescovo; Disc. 52; PL 158, 955-956).