Del riconoscimento di chi è più in gamba di noi, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Educare.
Il Centro culturale Gli scritti (20/11/2022)
Giobbe, che pure è intelligente, si sente dire da Dio: “Giobbe, ma sei tu che hai creato le Pleiadi e Orione? Sei tu che conduci all’acqua le gazzelle del deserto? Sei tu che fai scendere la neve? Sai come sono fatti gli abissi? Sei tu che ha creato il Behemoth? Sai tu della morte e della vita?”
Questo modo di rispondere interrogando non significa solo che all’uomo non è dato di comprendere appieno il “mistero” del dolore, ma anche che l’uomo deve avere coscienza della propria piccolezza. Anzi, che l’uomo diviene sé stesso solo quando riconosce l’infinità dell’Onnipotente.
Un uomo che non “possedesse” le giuste dimensioni, di sé, del creato, del Creatore, non potrebbe “stare” nella vita da sapiente. Nella vita ci sono ordini di grandezza diversi e sapienza è riconoscerli.
Questo vale, mutatis mutandis, anche nelle relazioni fra gli uomini. Tutti gli uomini desiderano essere riconosciuti nelle loro capacità, nelle loro doti, nei loro carismi, tutti desiderano che ci si fidi di loro. E questo è non solo giusto, ma anzi giustissimo.
Tutti desiderano ancor più che gli si dia ascolto, anche se sono peccatori, anche se sono incapaci, anche se sono piccoli da un qualche punto di vita. E questo è non solo giusto, ma anzi giustissimo.
Ma questa esigenza evangelica ha un suo corrispettivo.
Tutti siamo chiamati anche a riconoscere doti, carissimi qualità gli uni degli altri e anche di chi è più in gamba di noi. Non solo essere riconosciuti, ma anche riconoscere.
Una persona che non si fidasse a sua volta di altri e anche che non desse fiducia a chi sia evidentemente più in gamba, scaverebbe una divisione che si allargherà sempre di più, se tale atteggiamento persiste nel tempo.
Essere in gamba implica il riconoscere chi è più in gamba di noi.
Ovviamente il raffronto con Giobbe e il suo Dio è assolutamemte improprio perché qui si tratta di due umani, ma già nel rapporto con l'umano si impara a vivere la differenza e si imparano "misure".
Questo riconoscere l’altro più in gamba si manifesta nella fiducia che si offre a quella determinata persona, così come si manifesta nell’indirizzare ad essa altre persone, nell’essere un richiamo per tutti a rivolgersi a quella persona saggia.
A volte chi si lamenta di non essere apprezzato lo fa giustamente, perché non c’è chi ci si accorga di lui. Altre volte, invece, chi si lamenta lo fa impropriamente, perché è quella stessa persona che si condanna all’isolamento, perché non sa riconoscere le giuste “misure” della vita.
Tale fiducia vale ben al di là dei ruoli ministeriali che questo o quello ricopre. Paradossalmente il ruolo ministeriale è meno importante, perché è legittimo dissentire su questioni anche importanti con chi è ministro. Ciò che rovina il cammino personale è l’incapacità di divenire discepoli di chi è sapiente e buono.
Chi non dà mai fiducia raramente la riceverà, chi non dà fiducia a chi è più in gamba di lui, raramente incontrerà chi gli darà fiducia.