Gesù Cristo modello per la donna, Esercizi spirituali alle ragazze predicati da d. Achille Tronconi (Santuario della Pace, 11-14 settembre 1991
Il testo che presentiamo on-line è frutto della collazione di due diversi quaderni di appunti di partecipanti al corso. Per questo la presente sintesi, pur non essendo una trascrizione diretta, permette di seguire l'intero itinerario spirituale di quei giorni, proprio per il confronto delle due recensioni di appunti che si corrispondono. Lo presentiamo convinti dell'interesse che può suscitare. Nello stesso periodo d.Achille Tronconi predicò un analogo corso di esercizi spirituali per ragazzi, che avremmo voluto mettere a disposizione in parallelo, ma, a distanza di più di un decennio, non ci è stato possibile trovare chi avesse degli appunti completi di tale corso.
L'Areopago
INTRODUZIONE
L'ascolto
L'ascolto è importante perché ho bisogno di ritrovarmi, di ritrovare l'essenziale. Ritrovare la globalità del mio essere, ritrovare il mio contorno. Devo osservarmi nella prospettiva di Dio. L'ascolto deve diventare disponibilità a vedere al di là delle mie paure e dei miei interesse: questa è la prima decisione da prendere. La prima paura da vincere è quella di rivedermi nell' “insieme”. La Parola di Dio mi crea, mi aiuta a mettermi sotto il punto di vista di Dio. Perché la Parola possa lavorare in me ho bisogno di umiltà. Nella donna l'umiltà è la fiducia, è superamento della paura, umiltà è rinuncia al mio progetto e si esprime nella disponibilità alla volontà del Padre. Quindi devo mettere in gioco la mia vita e tutta me stessa. La mancanza di questa disponibilità impedisce l'ascolto. La disponibilità deve essere data senza riserve, solo allora sarà conversione: questo è il punto più difficile di tutti gli esercizi. Siamo qui per trovare tempo e spazio per dare una svolta alla nostra vita, per la nostra conversione, cioè per decidere definitivamente di stare col Signore. Abitare col Signore significa condividere la vita, sposarsi con Lui, con la particolarità che sono io a dover assumere la sua vita. Devo voler assumere sempre di più il suo modo di vedere le cose, devo riuscire a voler vivere in Dio e lasciare che Lui mi trasformi. Perché ciò possa accadere non devo opporre resistenza. La donna è più capace dell'uomo nel fare resistenza. Nel positivo questo è bello! Saper resistere, quando ci sono da affrontare problemi, malattie, fatiche. Ma la resistenza nel suo aspetto negativo, nel non volersi fidare, nel non volersi consegnare - e soprattutto la resistenza a Dio - è molto più difficile da superare per una donna. Cristo si innamora di ogni cuore veramente disponibile.
Per la donna, inoltre, rispetto all'uomo, è anche più difficile capire la figura paterna di Dio.
La preghiera
Oggi qui, per noi, preghiera è uno stare con se stessi, nella condizione del vuoto, del deserto, perché la preghiera diventi l'invocazione nel deserto. Il deserto – così è nel linguaggio biblico - può essere negativo o positivo. La donna nel deserto può cercare di sopravvivere, ma facendo appello a se stessa, mentre dovrebbe gemere, cioè stabilire che la salvezza le viene non da se stessa, ma dal Signore. Solo da Lui! In questo contesto nasce la ricerca del Signore, non per qualche cosa, ma perché si ha la sensazione che senza di Lui è la morte. La consapevolezza che il Signore è veramente la vita, viene dal cuore. La donna si scopre ad avere un bisogno infinito d'amore; quindi cerca Dio non solo perché è la vita, ma anche perché è l'Amore. Qui il bisogno diventa desiderio. Non si subisce Dio, non lo si teme, ma si desidera stare con Lui. Non basta stare con Dio, senza desiderarlo e amarlo. Una donna matura conosce il desiderio; non lo confonde più con la fantasia, ma lo vede come apertura totale all'Amore.
Il silenzio
Possiamo in questi giorni intendere il silenzio come bisogno di pace, vera cura di se stessa. Cessare le parole, fare silenzio; questo silenzio non deve essere in funzione di niente e di nessuno. Ci deve essere anche un silenzio del pensare. Il semplificarsi è la parte più difficile dell'animo femminile, è la vera cura di sé. Essere semplici e sentirsi ugualmente ricche dentro, senza barriere e diversivi. La complessità femminile spesso è artificiale, costruita a seconda delle necessità. Questa complessità fa sì che per giungere dal di fuori al nucleo centrale e viceversa ci sia sempre dell'altro, un intralcio, che impedisce di amare e di essere amati. Il silenzio quindi deve diventare semplificazione. Dio ci spiazza perché è semplice e diretto.
1. LA VITA
Riferimenti biblici per la meditazione: Lc 6,6-11; 13,10-17; 14,1-6
Tutti e tre i brani trattano del salvare in giorno di sabato.
“E' lecito in giorno di sabato salvare una vita o perderla?” Gesù mette innanzi a tutto la vita, al di sopra di ogni cosa, anche di ogni cosa “sacra”, (come era considerato il sabato). Non perché la vita è contrapposta alla religione, ma perché la vita è la vera realtà religiosa (Gesù infatti dirà: “Io sono la vita”). Non c'è una vita neutra ed una vita sacra, ogni vita è un rapporto a Dio. La prima grande conversione è prendere il punto di vista di Dio, per il quale la vita viene al di sopra di ogni altra forza o potere, più forte di ogni paura. Questo è particolarmente femminile: non c'è nessuno che ama la vita come la sa amare una donna. Ed in questo la donna è testimone di Cristo ed assomiglia a Dio. La donna è colei che di fronte al bisogno aiuta senza discriminazioni di nessun tipo. La donna “istintivamente” privilegia la vita, è una sua vocazione naturale. Per questo l'aborto può essere considerato come la violenza più grande fatta alla donna. La vita viene prima di ogni altra forza, di ogni altro potere, e questo è motivo di lotta per la donna. Per salvare una vita, la donna sa superare la paura. La donna è colei che, di fronte a chi ha bisogno, non chiede niente, perché la vita viene prima di se stessa. La donna privilegia la vita. L'egoismo è brutto in tutti, ma particolarmente in una donna.
La vita viene prima di se stesse
Ogni donna dovrebbe dire: “La vita viene prima di me”. La vita vista dal punto di vista di Dio ha la caratteristica di essere donata. Infatti, ogni vita inizia con il dono di Dio, ma questo donare è un'azione non compiuta. La vita è donata da Dio, in principio, all'universo, e poi continuamente donata ogni volta che vince la vita. Quindi il dono continua. Nel momento in cui fermo il donare la vita, la vita non è più vita, perché senza dono non esiste la vita. Se la vita arriva a me non posso fermarla e così rubarla anche agli altri con ingordigia. Questa vita ricevuta va continuamente ridonata. L'ingordigia della vita uccide la donna, così come l'avidità e la paura di perdere la sua vita. La vita ricevuta deve essere nuovamente donata per diventare dono nel dono. Anche il voler essere una primadonna uccide la vita perché impedisce il dono. Scegliere la vita vuol dire allora anche mescolarsi con gli altri, smettere di essere la più bella e la più amata. La vita deve prendere il sopravvento su di me. La donna è fortunata, perché basterebbe che lasciasse vincere dentro di sé questa forza di vita per sconfiggere la pigrizia e la noia. La donna che ha deciso di amare è bellissima. Se la donna lasciasse vincere in se stessa questo amore per la vita, sarebbe un dono felice. Uno dei suoi motivi di depressione è quando comincia a chiedersi se vale la pena di dare la vita, quando e se vale la pena buttarsi: perché è allora che vuole mettere se stessa al di sopra della vita. Buttarsi nella vita significa portare la nostra miseria, ma anche la nostra ricchezza, in una parola, noi stessi. E' facendo vivere la vita che è in noi, che conosceremo Cristo. Se si sceglie la vita, prima della nostra stessa vita, si diventa prima di tutto una donna feconda (la Bibbia ha paura della donna sterile!).
Ogni donna ha una passione per la vita tale da poter trascinare il mondo che la circonda, non dovrebbe mai essere stanca di figli, mai stanca di donare la propria vita. Fonte di fecondità è ricevere e trasmettere vita a tutti. In questo senso, si può affermare che la vocazione della donna è la fecondità, il dare la vita a tutti! Far vincere dentro di sé l'amore e la passione per la vita, scoprirsi sempre più donne in queste scelte. Una donna egoista non è una donna.
Nella riflessione personale possiamo porci alcune domande:
- Amo la vita (non la mia, ma la vita così com'è ed ogni vita)?
- Come la sto amando? Come dimostro di amare la vita, nell'accettazione di me stessa e degli altri, nella tolleranza e pazienza?
- Ho deciso di essere feconda?
- Sono decisa a rinunciare alla mia ingordigia, alla paura?
- Sono convinta che solo una pienezza di vita mi potrà rendere felice?
Gesù chiede alla donna di testimoniare l'amore per la vita. Se ogni donna lo facesse, molte più persone conoscerebbero Cristo ed il suo amore. Se ci chiudiamo alla vita, impediamo agli altri la conoscenza di Cristo. La sterilità è chiudersi alla vita, non fare la propria parte. Saremmo sterili, perché non saremmo né donne, né annuncio di salvezza. La prima scelta da fare è scegliere tra me e la vita. Solo se scelgo la vita vivo veramente (“chi perde la sua vita, in me la troverà”) , solo dopo aver scelto la vita, mi accorgo di averla trovata.
In queste scelte giocano alcune caratteristiche tipicamente femminili: il grande bisogno di essere amata della donna ("visto che non mi ama nessuno, mi amo io!") può portarla a scegliere se stessa, così pure il terrore della solitudine, dell'abbandono (che può spingere una donna a cercarsi una compagnia a qualsiasi prezzo).
Questi fattori possono spingere la donna ad occuparsi solo del proprio bisogno, guardando alla vita non come un luogo dove donare, ma come una vetrina dove arraffare. La donna allora diventa chiusa e sterile e queste cose si riversano sul mondo, sul marito, sui figli; una donna così rende tutto vecchio, rovina tutto.
- Ho deciso di donare la vita?
Troppo spesso guardiamo la vita come un grande scaffale dove riuscire ad agguantare un rimedio per la solitudine e non come "luogo della vita".
Tutto quello che facciamo va visto in rapporto a Gesù Cristo. Abbiamo paura del Vangelo, paura che abbia veramente ragione. Questa paura nasce dall'esigenza di pienezza tipica della vita. La risposta del Signore alla donna che gli espone i suoi problemi e le sue paure è: “Ama la vita”. Il Vangelo non risponde al mio problema, mi rimanda ad un'altra dimensione. Mi farebbe meno paura il Vangelo, se rispondesse al mio problema. Invece il Vangelo mi toglie da me stessa, dalle mie cose , mi fa alzare il livello di tutto e, solo allora, il problema prende la sua giusta dimensione. La preghiera non mi toglie il problema, ma mi mette in una condizione di fiducia, in controluce, e mi ridimensiona, la preghiera non è una fuga, ma è tornare alla realtà, all'essenziale. La fede non è alienazione; noi ci alieniamo vedendo fuori misura le cose. Il Vangelo mi toglie dal mio piccolo, mi fa scegliere la vita. Ma a noi non interessa la vita, preferiremmo il “problemino”. La vera mentalità “borghese” è quella di una vita “su misura”, dove non c'è posto per la novità; un mondo chiuso, preventivato, definito. Ci sono molti modi per essere “borghesi”, ad esempio credere che difendendomi da Lui conservo la vita. Anche se ci “porta via” la vita, non dobbiamo temere perché ce la restituisce in pienezza. Abbiamo paura che Dio ci strappi dalle nostre quattro cose.
C'è in me questa paura di Cristo quando mi chiede veramente la vita? Se mi rendo veramente disponibile il Signore rompe la schiavitù con il mio “io”. Nasce quindi il conflitto tra la nostra visione della vita e quella del Vangelo. Abbiamo bisogno di riscoprire la vita nelle sue giuste dimensioni che il Signore continua a ricordarci. Noi tendiamo invece a ridurla, a crearla come noi vorremmo. Quando il Signore mi entra dentro, mi fa saltare tutto ciò che con fatica ho deciso e costruito. Per questo ho paura di farlo entrare veramente e gli parlo solo dalla finestra. Non abbiamo il coraggio di farlo entrare, ma nemmeno il coraggio di non parlargli. Possiamo usare una immagine: è un Signore che non entra in punta di piedi, ma con i pattini a rotelle e che, entrando con forza, mi rovina la cera e rovescia tutte le mie cose che ho faticosamente impilato, mette in subbuglia la nostra casa ed il nostro cuore. Anche quando ci sembra che ci stia portando via la vita, in realtà sta creando in noi la felicità.
La fiducia va data al Signore, non al suo operato (non possiamo metterci a giudicare l'operato di Dio). E' Lui il criterio, quindi quello che fa è comunque giusto. Non riusciremo mai a possedere Dio, ma ne saremo sempre più posseduti se stiamo con Lui.
- Cosa devo fare per trovare il coraggio di farlo entrare nella mia vita anche se ha i pattini?
- Quanto sono disposta ad una grande storia d'amore con Lui?
Bisogna scegliere di buttarsi in una storia d'amore con Lui, un uomo impossibile da conquistare.
2. LA BELLEZZA
Riferimenti biblici per la meditazione: Lc 11,27- 28
“Beato il ventre che ti ha partorito e il seno da cui hai preso il latte!”. Si tratta di uno dei più alti complimenti che sono stati fatti a Maria. Il "ma" – “ma Gesù disse” - sembra una contraddizione, invece è un completamento. Per capire meglio vediamo le due figure femminili che appaiono:
- la donna tra la folla che urla e non può fare a meno di dire: "fortunata tua madre"; non ha saputo trattenersi, anche in mezzo alla folla, ed ha pensato ad un'altra donna.
- Maria, che ha avuto la beatitudine unica, irripetibile, di aver partorito Gesù.
Nel mistero dell'incarnazione, Dio ha avuto bisogno del latte di una donna! Questa è la dignità di una donna: il mistero dell'Incarnazione, vissuto fino in fondo. E' un evento sconvolgente. Questa donna che grida stabilisce un principio di bellezza: “Bella colei che ti ha generato ed allattato!”.
Ma che cos'è la bellezza per Gesù Cristo?
La donna che grida stabilisce un principio di bellezza: essendo il Figlio bello, la madre che lo ha allevato non poteva essere che bella. Gesù dice che belli sono coloro che ascoltano e vivono la parola di Dio. Per il Signore la bellezza è dono. La bellezza non è quella che ci costruiamo (sotto a questo c'è il concetto di poterci fare da noi stessi), anzi dobbiamo arrivare a rinunciare ad essere autrici della nostra bellezza, che poi è un volerci cambiare. Tu puoi renderti bella con un prodotto, una dieta, ecc. - insinua la cultura di oggi. C osì, quando s'incontra il limite oggettivo, non lo si accetta. Il primo passo per essere belle è accogliere la bellezza, viverla come dono e non come pretesa. La bellezza vuole disponibilità, semplicità e umiltà, che sono caratteristiche indispensabili per accogliere il dono, qualunque dono. L'orgoglio, la chiusura, la superbia impediscono la bellezza. Essendo un dono, tutti possono ricevere la bellezza, nonostante il proprio limite. Non accettarsi equivale a non accettare il dono. Il proprio limite, se accettato, può essere abbellito e diventare caratteristica della propria personalità. Curiamo la bellezza, invece di spaccarci la testa contro il limite, valutandoci con canoni esteriori. L'accettazione del proprio essere è davvero una conversione. Siamo creature fatte per essere belle, ad immagine di Dio.
Se pensiamo a noi come creature fatte in continuazione, continuamente create da Dio, sarà facile accettarci.
Cos'è bello? La persona. Dio è bello perché è persona , la bellezza è essere persona! La Trinità è costituita da Persone distinte e ben caratterizzate, perché non hanno mai voluto rinunciare alla loro bellezza. Ciò che piace ed è bello è quindi l'essere persona. Persona è la coincidenza tra quello che sono e quello che Dio vuole, cioè il realizzarsi del progetto di Dio in me. Ogni persona è irripetibile ed unica, è un mondo a sé. La strada giusta per la bellezza è avere la gioia di essere se stesse, così come Dio ci ha create. Ciascuno è un universo unico, nei miliardi di persone sulla Terra: ogni donna deve riuscire a trovare la sua strada, il suo sentiero ed essere persona. La strada giusta per questa bellezza è accettarsi con le proprie debolezze, le proprie povertà. Non dobbiamo metterci a reclamare contro il progetto di Dio. La felicità è essere proprio quello che Lui ha stabilito. E' proprio quella la strada della felicità. Ciò che rende felici è seguire il sentiero che il Signore ha tracciato. Ogni donna deve riuscire a trovare la sua strada, il suo sentiero ed essere persona.
Tutto ciò che avviene dopo è da cercare e trovare con Dio, nella sua storia con Lui, perché il dialogo che Dio ha con ognuno di noi è unico. Quando una persona ha trovato il suo sentiero diventa bella. E' violenza quando io o gli altri mi dicono cosa devo fare, cosa è meglio. Perché così avviene che io prendo e faccio ciò che voglio, per non verificare con Dio la mia strada, per orgoglio o per paura. La vocazione è la pienezza della personalità, ne è la realizzazione.
Occorre intrecciare la propria storia con il Signore. Esistono tante vocazioni quante sono le persone. Quando realizza la sua vocazione, quando ha trovato la sua strada, quella persona diventa sempre più bella. La vocazione, quindi, non rovina la personalità, ma la porta a pienezza. Quando ti fidi, ti accorgi che anche tu volevi essere così come il Signore ti aveva pensato. Alla fine ha sempre ragione Lui! Se volessimo dare un altro nome alla bellezza potremmo dire ESSERE UN DONO D'AMORE (si potrebbe anche dire solo dono, perché si sottintende “amore”). E' veramente il Signore il primo a volere la bellezza.
3. LA DOLCEZZA
Riferimenti biblici per la meditazione: Mc 10, 17-22 (ed, in particolare, il v. 21)
“Gesù fissatolo lo amò...” E' l'episodio del giovane ricco. La dolcezza sta proprio nelle tre parole: “fissatolo lo amò”. La dolcezza è una dimensione fondamentale della donna. Questo Gesù dolcissimo!
FISSARE è guardare con insistenza, vedere l'altro veramente, è rendersi conto di chi è - chi ho davanti - guardare negli occhi l'altro per arrivare all'anima. E' avere uno sguardo libero, che si può posare sugli altri e non solo su noi stesse. L'altro è cercato, desiderato, è il possibile amore, anzi è il certo amore. Occorre il desiderio dell'incontro con l'altro.
“LO AMO' ”. Noi, quando guardiamo l'altro, lo giudichiamo, poi “eventualmente” ci innamoriamo. Gesù guarda e ama immediatamente, Gesù s'innamora di tutti e di tutto. Dio ha amato per primo, questa è la caratteristica della dolcezza. La prima caratteristica della dolcezza è amare per primi . Dolcezza, quindi, è non giudicare, ma amare per primi. Uno sguardo che non è valutazione, ma una proposta d'amore. La dolcezza è necessaria nel senso che io non posso fare altro che amarti: io ho deciso di amarti, io non desidero altro che amarti. Uno . sguardo che è già una proposta d'amore. Il pericolo che ha lo sguardo è proprio questo: vedere per possedere. Il “vedere” spesso è voglia di possedere con lo sguardo ciò che non riesco ad avere con un rapporto diretto. Solo se nella donna (e nell'uomo) c'è una scelta di donazione, lo sguardo è proposta d'amore.
Nel brano di Marco emerge il desiderio di Gesù di amare gli altri. Noi dovremmo avere il bisogno ed il desiderio di amare tutti; questo sembrerebbe irrealizzabile, se non ci fosse la grazia di Dio. Nella donna lo sguardo d'amore deve ricordare che Dio guarda ogni creatura con amore.
Nella donna esprimere la dolcezza è un ministero di consolazione . La vita è un pellegrinaggio, è un cammino duro, fatto di momenti difficili, di buio. La dolcezza è allora consolazione intesa come conforto, sostegno nel cammino. Non solo l'accogliere la persona, ma nell'accoglierla farle presente, ricordarle, lo sguardo d'amore del Padre, che è esigente perché è un vero Padre, ma ama. La consolazione si manifesta nel rendere presente lo sguardo d'amore del Padre, soprattutto nei momenti in cui lo si avverte esigente.
Il Consolatore è anche lo Spirito Santo, che ha la funzione di accompagnarci nel cammino, che ci aiuta a vincere sempre la tentazione per incontrare l'amore del Padre. Lo Spirito Santo ha proprio la funzione di sostenerci nel cammino, quando la tentazione di sedersi, di fermarsi al margine della via è forte. Quando c'è un “figlio” che sta facendo fatica, là ci dev'essere anche la donna, con la sua dolcezza fatta di comprensione.
Consolazione è far passare lo spavento, la paura. Chi consola non si scandalizza della debolezza dell'altro. Perché non si può essere dolci, se non c'è la consapevolezza di essere peccatori. Piangere con gli altri è piangere perché ho conosciuto quelle paure, conosco quel peccato, perché anch'io vivo nel peccato. La mancanza di dolcezza è non ricordare più che anch'io sono stato perdonata, sono stata oggetto di misericordia.
Quando verrà un figlio a piangere, non lo guarderò dall'alto: dall'alto non si può essere dolci. Chi è orgoglioso, chi si vuol fare da solo, non può essere dolce. L'intolleranza nasce proprio dalla mancanza di dolcezza. Bisogna dare agli altri una possibilità per poter essere se stessi.
La donna ha capito che la dolcezza fa nascere la vita e rende tutti belli. Grazie alla dolcezza la donna non conoscerà mai la disperazione, non si scoraggerà perché ha capito che la vita va affrontata con un sorriso, ricordando che nell'altro c'è un grande bisogno di bene per cui il suo peccato deve essere perdonato. Lo sbaglio del figlio, dell'altro, non va preso troppo sul serio, ma va interpretato come desiderio di crescere.
Dobbiamo imparare a fissare e ad amare tutti. Mi deve “scappare” di essere donna con tutti, accogliere tutti a motivo della fede. Oggi tanta gente non è cresciuta per la mancanza della donna. Occorrono donne che accolgano per fede e non per un bisogno psicologico; donne che sono risalite alla loro sorgente - che è il Signore - e non la lasceranno mai. Bisogna essere convinte che Cristo è davvero necessario per essere donne. E' con questa presenza che annunciamo che nel mondo c'è Gesù Cristo. Una donna che ha scoperto la sua sorgente di vita - amore, dolcezza - nel Signore, non lo lascerà più. Quando riuscirà a consolare, non ne sentirà il merito, ma lo darà a quella fonte. L'annunciare Dio in questo modo è una grande responsabilità di tutti, ma in particolar modo della donna. Una donna che accoglie tutta la sua femminilità, è portata ad essere consolatrice, anche quando l'uomo non capisce.
Dolcezza non è debolezza ma è il tratto di Dio. Ci vogliono donne forti per essere dolci! E' dichiarare una guerra spietata ad ogni forma di egoismo, cominciando da se stesse.
Posso domandarmi nella riflessione personale quante volte:
- Ho ascoltato ma non vissuto la Sua Parola.
- Ho guardato con uno sguardo di giudizio.
Testi dello stesso autore presenti sul nostro stesso sito www.gliscritti.it
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