Le quattro sfide che ci sono dinanzi, quella della vita, del pane, della pace ed, infine, della libertà religiosa. Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede (lunedì 10 gennaio 2005) (tpfs*)
Vogliamo presentare quasi integralmente il discorso che il papa Giovanni Paolo II ha rivolto al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il 10 gennaio 2005. La sua lettura cristiana della storia odierna ci appare profetica non solo in ognuna delle 4 sfide che pone dinanzi ai nostri occhi, ma ancor più, nel saperle leggere insieme, come parti indivisibili di un unico disegno.
L’Areopago
Eccellenze,
Signore e Signori,
... questo stesso messaggio – vinci il male col bene – vorrei ora rivolgere a Voi, Signori Ambasciatori, e per Vostro tramite ai diletti popoli che Voi rappresentate... può guidare tutti nel rispondere alle grandi sfide dell’umanità di oggi. Ne vorrei qui indicare alcune principali:
5. La prima sfida è la sfida della vita. La vita è il primo dono che Dio ci ha fatto, è la prima ricchezza di cui l’uomo può godere. La Chiesa annunzia “il Vangelo della Vita”. E lo Stato ha come suo compito primario proprio la tutela e la promozione della vita umana.
La sfida della vita si va facendo in questi ultimi anni sempre più vasta e più cruciale. Essa si è venuta concentrando in particolare sull’inizio della vita umana, quando l’uomo è più debole e deve essere più protetto. Concezioni opposte si confrontano sui temi dell’aborto, della procreazione assistita, dell’impiego di cellule staminali embrionali umane a scopi scientifici, della clonazione. La posizione della Chiesa, suffragata dalla ragione e dalla scienza, è chiara: l’embrione umano è soggetto identico all’uomo nascituro e all’uomo nato che se ne sviluppa. Nulla pertanto è eticamente ammissibile che ne violi l’integrità e la dignità. Ed anche una ricerca scientifica che degradi l’embrione a strumento di laboratorio non è degna dell’uomo. La ricerca scientifica in campo genetico va bensì incoraggiata e promossa, ma, come ogni altra attività umana, non può mai essere esente da imperativi morali; essa può del resto svilupparsi con promettenti prospettive di successo nel campo delle cellule staminali adulte.
La sfida della vita ha luogo al contempo in quello che è propriamente il sacrario della vita: la famiglia. Essa è oggi sovente minacciata da fattori sociali e culturali che fanno pressione su di essa rendendone difficile la stabilità; ma in alcuni Paesi essa è minacciata anche da una legislazione, che ne intacca – talvolta anche direttamente – la struttura naturale, la quale è e può essere esclusivamente quella di una unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio. Non si lasci che la famiglia, fonte feconda della vita e presupposto primordiale ed imprescindibile della felicità individuale degli sposi, della formazione dei figli, e del benessere sociale, anzi della stessa prosperità materiale della nazione, venga minata da leggi dettate da una visione restrittiva ed innaturale dell’uomo. Prevalga un sentire giusto e alto e puro dell’amore umano, che nella famiglia trova un sua espressione veramente fondamentale ed esemplare. Vince in bono malum.
6. La seconda sfida è quella del pane. La terra, resa meravigliosamente feconda dal suo Creatore, ha nutrimento abbondante e vario per tutti suoi abitanti, presenti e futuri. Ciò nonostante, i dati sulla fame del mondo che vengono pubblicati sono drammatici: centinaia di milioni di esseri umani soffrono gravemente di denutrizione, ed ogni anno milioni di bambini muoiono per la fame o per le sue conseguenze.
In realtà già da diverso tempo l’allarme è stato lanciato, e le grandi organizzazioni internazionali si sono poste degli obiettivi doverosi, almeno per ridurre l’emergenza... Ma tutto ciò non basta. Per rispondere al bisogno che cresce in vastità ed urgenza, si richiede un’ampia mobilitazione morale dell’opinione pubblica, ed ancor più dei responsabili uomini politici, soprattutto di quei Paesi che hanno raggiunto uno standard di vita soddisfacente o florido.
A tal fine vorrei ricordare un grande principio dell’insegnamento della Chiesa...: il principio della destinazione universale dei beni della terra. È un principio che non giustifica certo forme collettivistiche di politica economica, ma deve motivare un radicale impegno di giustizia ed un più attento e deciso sforzo di solidarietà. È questo il bene che potrà vincere il male della fame e della ingiusta povertà. Vince in bono malum.
7. Vi è poi la sfida della pace. Bene sommo, che condiziona il raggiungimento di tanti altri beni essenziali, la pace è il sogno di tutte le generazioni. Ma quante sono, quante continuano ad essere le guerre ed i conflitti armati – tra Stati, tra etnie, tra popoli e gruppi viventi in uno stesso territorio statale – che da un estremo all’altro del globo causano innumerevoli vittime innocenti e sono fonti di tanti altri mali! Il nostro pensiero va spontaneamente a diversi Paesi del Medio Oriente, dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina, in cui il ricorso alle armi e alla violenza, mentre reca danni materiali incalcolabili, fomenta l’odio ed accresce le cause di discordia, rendendo sempre più difficile la ricerca ed il raggiungimento di soluzioni capaci di conciliare i legittimi interessi di tutte le parti coinvolte. A tali tragici mali si aggiunge il fenomeno crudele e disumano del terrorismo, flagello che ha raggiunto una dimensione planetaria ignota alle precedenti generazioni.
Come vincere contro tali mali la grande sfida della pace? Voi, Signore e Signori Ambasciatori, come diplomatici siete per professione – e certo anche per personale vocazione – gli uomini della pace. Voi sapete di quali e quanti strumenti la società internazionale dispone per garantire la pace, o per riportare ad essa. Io stesso... sono intervenuto innumerevoli volte, e continuerò ad intervenire, per indicare le vie della pace ed invitare a percorrerle con coraggio e pazienza: alla prepotenza si deve opporre la ragione, al confronto della forza il confronto del dialogo, alle armi puntate la mano tesa: al male il bene.
Non pochi, anzi numerosi, sono gli uomini che operano con coraggio e perseveranza in questo senso, e non mancano segni incoraggianti, che dimostrano come la grande sfida della pace può essere vinta. Così in Africa, dove, nonostante gravi ricadute in dissidi che parevano superati, cresce la comune volontà di operare per la soluzione e la prevenzione di conflitti attraverso una più intensa cooperazione fra le grandi organizzazioni internazionali e le istanze continentali, come l’Unione Africana: esempi ne sono stati dati, nel novembre dello scorso anno, nella riunione di Nairobi del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sull’emergenza umanitaria nel Darfur e sulla situazione somala, come anche nella Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi. Così in Medio Oriente, nella terra così cara e sacra ai credenti nel Dio di Abramo, dove il crudele confronto delle armi pare sopirsi, ed aprirsi uno sbocco politico verso il dialogo ed il negoziato. E come esempio, certo privilegiato, di pace possibile può ben essere portata l’Europa: nazioni un tempo fieramente avversarie ed opposte in guerre micidiali si ritrovano oggi insieme nell’Unione Europea, che durante l’anno trascorso si è proposta di consolidarsi ulteriormente con il Trattato costituzionale di Roma, mentre resta aperta ad accogliere altri Stati, disposti ad accettare le esigenze che la loro adesione comporta.
Ma per portare una pace vera e duratura su questo nostro pianeta insanguinato è necessaria una forza di bene che non arretri di fronte ad alcuna difficoltà. E’ una forza che l’uomo da solo non riesce ad ottenere né a conservare: è un dono di Dio. E Cristo è venuto proprio per portarla all’uomo, come gli angeli hanno cantato sul presepe di Betlemme: “Pace agli uomini che Dio ama” (Lc 2,14). Dio ama l’uomo, e vuole per lui la pace. A noi è chiesto di essere strumenti attivi di essa, vincendo il male con il bene. Vince in bono malum.
8. Ad un’altra sfida ancora vorrei accennare: la sfida della libertà. Voi sapete, Signore e Signori Ambasciatori, quanto questo tema mi sia caro, proprio per la storia stessa del popolo da cui io provengo; ma esso è certo caro anche a tutti Voi, che per il vostro servizio diplomatico siete giustamente gelosi della libertà del popolo che rappresentate ed attenti a difenderla. La libertà è però anzitutto un diritto dell’individuo. “Tutti gli esseri umani nascono” – come giustamente dice la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo proprio all’articolo 1 – “liberi ed uguali in dignità e diritto”. E l’articolo 3 dichiara: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.” Sacra è certo anche la libertà degli Stati, i quali devono essere liberi, ed anzitutto proprio per poter assolvere adeguatamente al loro dovere primario di tutelare, insieme alla vita, la libertà dei loro cittadini in tutte le sue giuste manifestazioni.
La libertà è un bene grande, perché solo con essa l’uomo può realizzarsi in maniera rispondente alla sua natura. La libertà è luce: permette di scegliere responsabilmente le proprie mete e la via per raggiungerle. Nel nucleo più intimo della libertà umana è il diritto alla libertà religiosa, perché questa è relativa al rapporto più essenziale dell’uomo: quello con Dio. Anche la libertà religiosa è espressamente garantita nella predetta dichiarazione (cf. art. 18). Essa è stata anche oggetto – come è a tutti voi ben noto – di una solenne dichiarazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, che inizia con le significative parole “Dignitatis humanae”.
La libertà di religione resta in numerosi Stati un diritto non sufficientemente o non adeguatamente riconosciuto. Ma l’anelito alla libertà di religione non è sopprimibile: esso rimarrà sempre vivo e pressante, finché sarà vivo l’uomo. E per questo rivolgo anche oggi l’appello già tante volte espresso dalla Chiesa: “ In tutto il mondo la libertà religiosa sia protetta da un’efficace tutela giuridica e siano rispettati i doveri e i diritti supremi degli uomini per vivere liberamente nella società la vita religiosa” (DH 15).
Non si tema che la giusta libertà religiosa limiti le altre libertà o nuoccia alla convivenza civile. Al contrario: con la libertà religiosa si sviluppa e fiorisce anche ogni altra libertà: perché la libertà è un bene indivisibile prerogativa della stessa persona umana e della sua dignità. Né si tema che la libertà religiosa, una volta riconosciuta alla Chiesa Cattolica, sconfini nel campo della libertà politica e delle competenze proprie dello Stato: la Chiesa sa ben distinguere, come suo dovere, ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (cf. Mt 22,21); essa coopera attivamente al bene comune della società, perché ripudia la menzogna ed educa alla verità, condanna l’odio ed il disprezzo ed invita alla fratellanza; essa promuove ovunque sempre – come è facile riconoscere dalla storia – le opere di carità, le scienze e le arti. Essa chiede soltanto libertà, per poter offrire un valido servizio di collaborazione con ogni istanza pubblica e privata preoccupata del bene dell’uomo. La vera libertà è sempre per vincere il male col bene. Vince in bono malum...
Giovanni Paolo II