Qumran, mito e realtà (tpfs*). Conferenza del prof. Gian Luigi Prato
Il testo che mettiamo a disposizione on-line è la trascrizione di una conferenza che il prof.Gian Luigi Prato tenne presso il Centro Culturale Due Pini della parrocchia di S.Chiara in Roma, in occasione dell’esposizione Dead Sea Scrolls Exhibition at the Vatican, nel 1994. Alcune note sono state aggiunte dall’Areopago, durante la redazione. Il testo non è stato rivisto dall’autore.
L’Areopago
I primi manoscritti di Qumran sono stati ritrovati nel 1947, ma le ricerche si sono protratte poi per anni[1]. Solo qualche anno dopo si è iniziata la loro pubblicazione. Nel 1952 si è formato un primo comitato ufficiale internazionale che doveva avere cura di queste pubblicazioni. Si programmò così una serie di volumi, perché i manoscritti fossero messi a disposizione degli studiosi. Questa serie di volumi era patrocinata dal Governo giordano e dalla Oxford University Press. Alcuni volumi sono stati pubblicati, poi c’è stato un certo disinteresse e queste pubblicazioni sono andate a rilento, a cominciare dagli anni ’70[2]. Come mai questo? C’è stata la guerra del 1967, il governo israeliano si è impadronito dei manoscritti che erano nel Museo Rockefeller di Gerusalemme, che era fino a quel momento di proprietà del governo giordano. Questo ha ulteriormente ritardato le pubblicazioni, o perlomeno le ha complicate.
Della commissione internazionale che si era creata facevano parte studiosi di diversa estrazione confessionale, ma la maggior parte era formata da cattolici[3]. Per questo con l’andare del tempo la gente ed anche alcuni studiosi - ma soprattutto il mondo giornalistico interessato a questi fenomeni - hanno cominciato ad insinuare che si ritardasse la pubblicazione dei manoscritti perché i cattolici, che dovevano occuparsene, avrebbero scoperto che alcuni di questi manoscritti contenevano dottrine compromettenti per il cristianesimo tradizionale. Addirittura si è voluto a torto ipotizzare che il Vaticano stesso fosse interessato ad osteggiare queste pubblicazioni.
Di queste proteste si è fatto portavoce qualche giornalista americano intorno al 1985. Poi si è andati avanti con questi articoli di giornale fino al 1989-90, quando nello Stato di Israele, vista la situazione internazionale, si è deciso di formare una nuova commissione che controllasse i lavori della prima e li accelerasse.
Ma qui le cose si sono complicate perché, verso la fine del 1991, avvennero alcuni episodi, che hanno da una parte acuito i sospetti che già esistevano e dall’altra non hanno facilitato la pubblicazione dei manoscritti che erano ancora sul tavolo degli studiosi.
Innanzitutto nel 1991 due studiosi americani, Ben Zion Wacholder e Martin G. Abegg hanno pubblicato una edizione preliminare[4] (così l’hanno chiamata loro) dei manoscritti non ancora pubblicati. Come avevano fatto a venirne in possesso? La commissione internazionale, quando ha cominciato ad esaminare tutti i manoscritti ha creato anche una concordanza[5]. Ma cosa è una concordanza? E’ un elenco delle parole che compongono i manoscritti, una sorta di vocabolario.Questi studiosi, basandosi su queste parole e sulle loro ricorrenze, hanno cercato di ricostruire il contenuto dei manoscritti non pubblicati e hanno dato alla luce questo volume che, secondo loro, conteneva almeno una parte dei manoscritti non pubblicati. Questo ha agitato un po’ le acque, soprattutto nell’ambito del mondo scientifico israeliano, e si è in qualche modo cercato di accelerare la pubblicazione ufficiale.
Poco dopo, nel settembre del 1991 un certo William Moffet, che era incaricato della Huntington Library in California, ha annunziato al mondo intero che quella biblioteca era in possesso delle fotografie dei manoscritti ritrovati a Qumran o meglio dei manoscritti del Mar Morto. La cosa ha impressionato: da dove erano venute fuori queste fotografie? Chi aveva potuto fotografare i manoscritti che erano tenuti segreti, in mano degli studiosi? Le fotografie erano autentiche, quindi qualcuno le aveva comprate. Questo ha suscitato qualche perplessità ma le fotografie erano ormai a disposizione ed ognuno poteva vederle. Poco dopo, sempre verso la fine del 1991, a novembre, un altro studioso, sempre americano Robert H. Eisenman ha pubblicato un comunicato stampa in cui rinfocolava i vecchi sospetti di una pubblicazione ritardata per motivi ideologici, al fine di tenere nascosto il contenuto dei documenti.
Questo comunicato stampa del 1 novembre 1991 diceva più o meno che
lo stesso Eisenman era il primo studioso che aveva avuto accesso alla collezione dei microfilm dei manoscritti del Mar Morto nella Huntington Library ed annunciava di aver così scoperto un testo che parlava dell’esecuzione capitale di un messia. Questo minuscolo frammento avrebbe confuta definitivamente, a suo dire, l’idea sostenuta dal comitato responsabile della pubblicazione dei manoscritti che questo materiale non avesse nulla a che fare con le origini del cristianesimo in Palestina. Questa la tesi di Eisenman, docente di Religioni del Medio Oriente presso la California State University di Long Beach contro eminenti studiosi incaricati della pubblicazione dei manoscritti, che avevano affermato non vi fosse nulla di interessante nei testi non ancora pubblicati direttamente legato alla nascita del cristianesimo in Palestina. Vedremo più in là il significato del passo a cui si riferisce Eisenman. Seguitiamo per ora il racconto delle polemiche che hanno accompagnato la pubblicazione dei manoscritti.
Secondo la commissione internazionale, questi manoscritti erano di scarso interesse per le origini del cristianesimo, invece secondo le affermazioni di Eisenman, si sarebbe scoperto qualche frammento che invece era compromettente, soprattutto quello che riguardava la messa a morte di un messia. Qumran qui avrebbe anticipato il Nuovo Testamento. Questo è stato un fatto sensazionale nel mondo americano. Qui in Europa si sono avuti alcuni riflessi, ma queste cose hanno agitato il mondo scientifico e giornalistico statunitense.
Poco dopo ci fu un’altra edizione in fac-simile di manoscritti non ancora pubblicati, per l’esattezza 1785 fotografie. Si è vista perciò sempre di più la necessità di provvedere ad una pubblicazione seria di questi manoscritti inediti.
Le pubblicazioni si sono moltiplicate, ma finalmente quel piccolo comitato nominato dallo Stato di Israele, ha deciso di pubblicare definitivamente un’edizione in microfiches di manoscritti. Questo avvenne nel 1993, a cura di Emanuel Tov[6], che è un insigne studioso israeliano. Questa è un’edizione veramente seria, anche se non è ancora quella demandata alla commissione internazionale e alla Oxford University Press dal governo israeliano. Però con questa pubblicazione gli studiosi possono avere accesso a tutti i manoscritti. Tutti oggi sono in grado di giudicare questi manoscritti, perlomeno di studiarli e vedere se effettivamente sono così rivoluzionari come pretendeva Eisenman.
Recentemente in Italia è uscito un libro “I manoscritti segreti di Qumran”, a cura di questo Eisenman e di Michael Wise. Il libro è stato pubblicato in inglese nel 1992 (Eisenman R., Wise M., The Dead Sea Scrolls Uncovered, Barnes & Noble, New York, 1992) e ora è uscito in Italia a cura di Piemme. In realtà, detto francamente, non è la cosa migliore che sia stata pubblicata a proposito di Qumran. Ci sono delle altre pubblicazioni più serie, che potevano essere prese in considerazione e tradotte anche in italiano. Questo libro invece sa un po’ di sensazionale, vuole pubblicare i manoscritti non ancora editi, commentandoli, traducendoli, e qui appunto la traduzione italiana segue esattamente l’edizione inglese che peraltro ha ricevuto sulle riviste scientifiche delle recensioni addirittura atroci.
Questi sono i fatti che hanno suscitato nuovamente un certo interesse attorno ai manoscritti di Qumran. Voglio anticipare, fra l’altro, che quel frammento del presunto messia messo a morte è pubblicato da Eisenman come se fosse parte del rotolo della guerra, uno dei maggiori documenti trovati a Qumran. In realtà è un frammento a parte.
Questa è la situazione al giorno d’oggi. Andiamo un po’ indietro e cerchiamo di vedere in cosa è consistita questa scoperta, come è avvenuta e cosa sono questi manoscritti.
La scoperta è avvenuta casualmente nel 1947. Un ragazzo, lanciando delle pietre in una cavità della roccia, sentì un rumore. Aveva rotto un vaso di argilla! Poi lo aveva detto a degli altri amici ed uno di loro era riuscito a penetrare in questa caverna e aveva trovato delle giare, alcune intere, altre rotte, con dei rotoli dentro. Sono andati ad avvisare un antiquario di nome Kando, che abitava a Betlemme, il quale si è accorto del valore di questi manoscritti anche solo sul piano commerciale. Questa è la prima grotta scoperta a Qumran che conteneva sette grandi manoscritti di opere sia bibliche sia non bibliche, cioè tipiche della comunità di Qumran. Dopo varie vicende molto avventurose che non sto ad esporvi nel dettaglio, questi manoscritti sono finiti in parte in mano al superiore del monastero di San Marco di Gerusalemme, monastero dei siri-giacobiti. Questo Kando infatti non era in grado di sapere in che lingua erano scritti questi manoscritti. In realtà erano scritti in ebraico, ma lui pensava fosse siriaco e per questo li portò nel monastero dei siriani di Gerusalemme.
Il superiore di allora non era competente in materia e ha cercato di farli esaminare da una scuola scientifica americana in Gerusalemme e ha così scoperto cosa contenevano questi rotoli. Qualcuno, pare un olandese, che si trovava casualmente presso questa associazione americana, si accorse che uno di questi manoscritti conteneva il libro di Isaia. E’ stata la prima identificazione.
Altri tre manoscritti sono andati a finire invece nelle mani di Eliezer L. Sukenik, studioso dell’Università ebraica di Gerusalemme. Anche da parte sua si è riconosciuto subito il valore scientifico di questi manoscritti - nonché quello economico!
I primi quattro manoscritti poi sono stati pubblicati da questa associazione americana di Gerusalemme, verso il 1950, mentre Sukenik successivamente, ha pubblicato gli altri tre manoscritti.
Quale fu la storia dei primi quattro manoscritti?
Mar Athanasius Yeshue Samuel, superiore del convento siro-giacobita di San Marco, non sapeva più che farsene di questi manoscritti, anche se erano preziosi. Non era in grado di decifrarli e neppure di farli studiare. Li ha portati allora in America e li ha messi in vendita, attraverso un’inserzione sul giornale! Per fortuna in quel momento si trovava negli Stati Uniti Y.Yadin, uno dei massimi archeologi e studiosi israeliani degli ultimi anni, figlio di Sukenik, E’ così che Y.Yadin, nel 1954, ha potuto acquistare i quattro rotoli, che sembravano scomparsi, e riunirli ai quattro acquistati da Sukenik. I sette manoscritti della prima grotta[7] costituirono così il primo fondo di quello che sarebbe poi diventato il “Santuario del Libro”, nel Museo d’Israele a Gerusalemme.
Nel frattempo, nel 1948, c’era stata la guerra che aveva fatto sì che la zona di Qumran, che prima era sotto il mandato britannico, passasse sotto il governo giordano.Quindi gli israeliani sono stati tagliati fuori da questa zona. Tra il 1952 ed il 1955 si sono scoperte le altre grotte, ma la maggior parte di queste è stata scoperta da beduini e pastori, nonostante gli archeologi si fossero già recati nella zona e avessero già iniziato le loro esplorazioni e gli scavi del monastero. Bisogna ringraziare quindi questi beduini, anche se hanno fatto percorrere a questi manoscritti vie tortuose e a volte li hanno addirittura deliberatamente spezzati per venderne più frammenti e guadagnare di più.
Inoltre altre scoperte sono avvenute nella zona nord-occidentale, non solo a Qumran, anche in qualche wadi, in qualche parte del deserto a qualche chilometro di distanza. Le scoperte sono avvenute dunque alla fine degli anni ’40 e durante gli anni ’50 e si è proceduto poi agli scavi del monastero che c’era vicino. Si erano scoperte queste grotte, ma si sapeva che c’erano delle rovine nella pianura vicino al mar Morto, che erano conosciute fin dall’antichità. I viaggiatori le avevano identificate con una fortezza romana o altro. Gli studiosi infatti sono stati incerti sull’identificazione di queste rovine, che non si sapeva neanche se fossero in relazione con i manoscritti trovati nelle grotte. Alla fine prevalse l’opinione di R.de Vaux, direttore di questi scavi archeologici e primo direttore del comitato scientifico per la pubblicazione dei manoscritti, il quale fece appunto l’ipotesi che il sito archeologico di Qumran fosse abitato da una comunità che era in possesso di quei rotoli che poi erano stati nascosti nelle grotte probabilmente durante la prima rivolta giudaica, verso il 68 d.C..Questa è una ipotesi, accettata da quasi tutti, ma un’ipotesi. Non siamo del tutto sicuri che il sito di Qumran fosse abitato da gente che utilizzava i manoscritti ritrovati nelle grotte.
Quasi subito, inoltre, si è proposta l’ipotesi che gli abitanti di quel sito, del monastero, fossero degli Esseni. Ma come si è arrivati a questa identificazione? E’ venuto in mente a R.de Vaux che alcuni autori antichi, soprattutto Plinio il vecchio e Flavio Giuseppe, avevano parlato del gruppo degli Esseni che vivevano in quei luoghi.
Ho qui il testo di Plinio sul quale ci si è basati per identificare gli abitanti di quel monastero. Plinio dice così nella sua Storia naturale:
Ad occidente del Mar Morto gli esseni si tengono lungi dalle rive per quanto sono nocive. E’ un popolo unico nel suo genere, ammirevole nel mondo intero più di tutti gli altri. Non ha donne, ha rinunciato a tutti i piaceri dell'amore, è senza denaro. Di giorno in giorno la folla, portata dai flutti della sorte, di nuovi venuti, accorsi in abbondanza verso i loro costumi perché stanchi delle vicissitudini della fortuna, cresce nuovamente. Così è eterno per migliaia di secoli - incredibile a dirsi - un popolo in cui non nasce nessuno: talmente è feconda di proseliti la loro vita di penitenza! Al di sotto degli esseni, vi era la città di Engaddi, seconda solo a Gerusalemme per fertilità e palmizi, ma ora come Gerusalemme è un cumulo di macerie.
Probabilmente qui c’è un errore, ci si riferisce a Gerico, non a Gerusalemme che a quel tempo poteva essere un cumulo di macerie.
Da questi dati di Plinio si è partiti per dire che quelli erano Esseni. In realtà lo studio dei documenti di Qumran, non ha rivelato proprio una coincidenza con quanto dice Plinio. Alcuni dati coincidono, altri no. Ma oggi si è abbastanza concordi nel dire che quegli abitanti del deserto fossero degli Esseni.
Se questa è stata la situazione fin dall’inizio della scoperta, veniamo un po’ più da vicino a questa comunità e ai manoscritti. Il monastero di Qumran presenta una fase di costruzione molto antica, dell’VIII- IX secolo a.C. - questo per la parte centrale. Su queste strutture si è poi costruito quello che è chiamato il “monastero” verso il II secolo a.C. La comunità di Qumran sembra aver abitato il sito dal II sec. (140-150 a.C.), fino al 68 d.C. Queste sono le date estreme, il periodo entro cui si colloca l’attività di Qumran, con varie fasi già proposte da R.de Vaux.
Che cosa ha prodotto questa comunità? Supponendo che i testi trovati nelle grotte rappresentino la biblioteca di questa comunità, non è detto che rappresentino l’ideologia di questa comunità. Una biblioteca non rappresenta di per sé l’ideologia dell’istituzione che governa quella biblioteca. Tutte le università hanno biblioteche, ma non è detto che le università si identifichino con le ideologie che vengono fuori dallo studio di quello che è contenuto nei testi.
Bisogna stare attenti, questo vale in genere per la cultura. Tuttavia i manoscritti sono abbastanza indicativi della vita di Qumran, soprattutto quelli che sono propri della comunità.
A Qumran troviamo innanzitutto manoscritti biblici. Cosa significa “biblici” in un periodo nel quale la Bibbia non c’era ancora? In genere i manoscritti che sono venuti a far parte dei libri che noi troviamo nella Bibbia sono rappresentati a Qumran in buon numero. Anzi, si ha quasi la certezza che in quel periodo si stava formando un qualche canone, almeno dell’Antico Testamento, ed un elenco quasi fisso di libri con valore appunto canonico. Si stava formando la Bibbia, unificando tutti i libri dell’Antico Testamento ebraico - il canone ebraico, quindi non esattamente quello che conosciamo noi. Tutti i libri del canone ebraico sono rappresentati a Qumran, tranne due. Questo ci risulta dalle ultime liste dei manoscritti qumranici. Non sono rappresentati i libri di Ester e di Neemia. Tutti gli altri sono rappresentati in più copie. A cominciare dal grande rotolo di Isaia, che ci offre un testo abbastanza vicino a quello che leggiamo nella Bibbia ebraica. Gli altri testi non coincidono esattamente con i testi della Bibbia ebraica che leggiamo anche noi, c’è qualche differenza, anche interessante. A noi interessa però che l’Antico Testamento è quasi completamente presente a Qumran.
Oltre ai testi biblici, ci sono i commentari ai testi biblici, il genere “pesher”, che vuol dire appunto “commento”. Si cita un testo della Bibbia e lo si commenta, sempre applicando quello che dice il testo alla propria comunità. La comunità veniva retta dal maestro di giustizia, il quale attribuiva a sé le prerogative di essere un uomo ispirato - e solo la sua ispirazione valeva. L’interpretazione che si dà di questi testi biblici, in genere, è di tipo escatologico. La comunità sembra che si identifichi con l’ultima comunità, quella appunto che attende la fine del mondo o l’avvento del messia. Questo attraverso l’opera del maestro di giustizia o della sua presunta ispirazione.
Oltre a questi, abbiamo testi biblici tradotti in aramaico (targumim). Non sono traduzioni alla lettera, ma ampliate e commentate. Questo genere di traduzioni commentate sarà molto diffuso in seguito, nei secoli seguenti. Se ne trovano già tracce a Qumran: si trova una buona parte del targum di Giobbe e del targum del libro della Genesi.
Abbiamo poi testi tipici della comunità. Una “Regola della comunità” che è stata denominata così perché contiene un regolamento per la comunità. In un primo momento era stata chiamata “Manuale di disciplina”. Perché l’archeologo che lo aveva decifrato era un mormone e aveva trasferito su quella comunità i regolamenti della sua setta. Qui veniamo a conoscere la vita comune, gli ordinamenti, ciò che caratterizzava la vita di ogni giorno, per esempio la comunione dei beni. L’ammissione alla comunità era molto difficile, si era ospiti prima per un anno o due. Entrare nella comunità significava partecipare al banchetto pienamente, ai pasti in comune. Ognuno depositava i propri beni in una cassa comune, almeno così risulta da questo documento. Sembra che fosse una comunità fondata sulla vita comune e sulla comunione dei beni. Abbiamo poi un rotolo che si chiama “Hôdayyôt”, rotolo di poesie, di canti, in genere canti di ringraziamento, sul tipo dei salmi di ringraziamento. Ci fanno conoscere una letteratura salmica molto più vasta di quella canonica. Abbiamo poi il “Rotolo della guerra” che parla della lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre. I figli della luce sono chiaramente i membri della comunità di Qumran che dovranno combattere una guerra finale, escatologica, contro i figli di Belial (Satana in alcune traduzioni). Questo documento ci presenta, soprattutto nella terza e quarta colonna, una dottrina dualistica che effettivamente è eccezionale. Si tratta di un pre-determinismo: Dio, già dall’eternità, ha prefissato chi sono i buoni e chi sono i cattivi, chi sono i figli della luce e chi figli delle tenebre. Pertanto i membri della comunità hanno la salvezza in mano, perché hanno la vittoria assicurata. E’ un documento molto interessante da questo punto di vista. C’è poi il cosiddetto “Documento di Damasco”, detto così perché parla di una comunità che ad un certo punto lascia Gerusalemme e si trasferisce a Damasco. La comunità in questione è forse proprio quella di Qumran che pensava a Damasco come luogo escatologico. C’è una tradizione che fa di Damasco la città escatologica, la città dell’ultimo giudizio.In realtà una copia di questo documento era già stata trovata alla fine del 1800 nella genizah (un magazzino di documenti usati dalla sinagoga) del Cairo. La copia trovata al Cairo coincide abbastanza con quella trovata a Qumran, caratterizzata da quest’attesa escatologica. Ci sono ancora altri documenti importanti, come il “Rotolo di rame”, detto così proprio perché di rame, interessante perché parla di tesori nascosti nella zona della Giudea o intorno a Gerusalemme. Sembrava si trattasse dei tesori di questa comunità, nascosti in momenti di pericolo; molti si sono messi alla ricerca di questi tesori, ma nessuno ha mai trovato niente. E’, in realtà, un documento ideale di questi tesori nascosti che rappresentano i beni della comunità ideale. Finalmente, tra i documenti maggiori, troviamo il cosiddetto “Rotolo del Tempio”, un rotolo che dà degli ordinamenti cultuali molto simili a quelli che troviamo nel Pentateuco. Si è pensato perciò che questo testo avesse a Qumran lo stesso valore che aveva il Pentateuco, la Torah, nel mondo giudaico. E’ un documento importante per conoscere le correnti del giudaismo tra le quali era presente anche questa di Qumran.
Vediamo così che accanto ai testi che sono poi stati riconosciuti come testi biblici ispirati ce n’erano altri che altre comunità ritenevano ugualmente ispirati. Pare che il rotolo del Tempio avesse lo stesso valore di testo ispirato per la comunità di Qumran.
Cosa si può dire delle caratteristiche dottrinali?
Per sapere cosa pensavano questi abitanti di Qumran, questi monaci, bisogna partire dall’epoca post-esilica - IV-V secolo a.C. - quando cioè ormai l’esperienza religiosa dell’antico Israele era finita. Le speranze escatologiche del giudaismo post-esilico si sono concretizzate anche in una corrente cosiddetta apocalittica, cioè che in qualche modo pensava ad una fine del mondo abbastanza imminente. Questa attesa si è strutturata su due linee: politica e religiosa. Su una linea politica nel senso che si pensava ad un ritorno del messia davidico, discendente di Davide. Su una linea religiosa nel senso che un capo messianico o un messia sarebbe stato anche un sacerdote dell’antica alleanza, più precisamente il cosiddetto sacerdote sadocita, che prende il nome da Zadok, che dal tempo di Salomone era stato designato unico sacerdote, sacerdote in capo della monarchia.
Ecco perché nella comunità di Qumran si trovano due messia. I documenti qumranici parlano di due messia: il messia di Israele, politico, ed il messia di Aronne, discendente del sacerdozio sadocita. Infatti questi due comandano di fatto nella comunità. Forse più quello politico che quello sacerdotale, ma tutti e due hanno una funzione precisa nella attesa della fine dei tempi.
Questa urgenza escatologica d’altra parte va messa a fuoco un po’ meglio. Il fatto che si sia scoperto Qumran ha fatto sì che l’orbita degli studi giudaici si sia spostata troppo su Qumran. Si è visto tutto il giudaismo alla luce di Qumran, per cui è sembrato che tutto il giudaismo fosse tutto proiettato verso questa attesa della fine. In realtà il gruppo di Qumran era settario, era un piccolo gruppo. Il fatto che noi abbiamo una documentazione quantitativamente maggiore relativa a questo gruppo, non ci autorizza a pensare che tutto il giudaismo fosse orientato nello stesso modo.
Non dobbiamo utilizzare questo materiale neppure per interpretare il Nuovo Testamento anche in senso escatologico. Quali sono dunque le relazioni tra il gruppo di Qumran, il resto del giudaismo ed il cristianesimo? Certamente ci sono delle somiglianze, ma queste si presentano più a livello dell’ambiente che circonda Gesù che a livello di Gesù stesso. Ci sono somiglianze tra il gruppo di Qumran e Giovanni Battista: anch’egli va nel deserto, rifugge dal giudaismo comune, da Gerusalemme.
Il fatto che Gesù, invece, non sia molto d’accordo con il Tempio, non vuol dire che faccia parte di questa setta che fugge da Gerusalemme e va a vivere nel deserto. Gesù non era di Gerusalemme, non era un giudeo, era un galileo. Il giudaismo della Galilea, benché la Galilea disti solo 150 chilometri da Gerusalemme, era diverso da quello della Giudea, più aperto, più libero, meno legato al Tempio di quello giudaico gerosolimitano che invece ce l’aveva in casa. Anche Gesù critica il Tempio - non in una maniera universale – ma il suo è un altro punto di vista.
Il Nuovo Testamento presenta dei tratti che sono simili a quelli della comunità di Qumran, ma più per quello che riguarda l’entourage di Gesù o i precursori di Gesù, come Giovanni Battista. Anche Paolo, in alcune sue riflessioni molto ascetiche, apparentemente sembra essere vicino a Qumran. Questa comunità era caratterizzata da un forte ascetismo, da una rinuncia a tutti i beni del mondo. Ma, di nuovo, il suo punto di vista è radicalmente diverso da quello di Qumran.
Qumran era una comunità protestataria. Probabilmente, secondo una opinione abbastanza comune, questa corrente è nata con la dinastia Asmonea, discendente dai Maccabei, che hanno rappresentato un momento di rinascita nazionale. I Maccabei erano degli ebrei che sono riusciti a creare uno Stato dopo secoli di non-stato, dopo secoli di dominazioni. Sono riusciti a fare una rivoluzione e a cacciare i dittatori. Ad un certo momento il sommo sacerdote, che era sempre di famiglia sacerdotale, è diventato un politico, un re, dando luogo appunto alla dinastia Asmonea. Questo ha scandalizzato alcuni che si sono ritirati nel deserto. Forse la comunità di Qumran è nata così, dalla constatazione che il potere politico si era contaminato con quello religioso, e viceversa. Da qui una comunità protestataria ed un tantino troppo attaccata al proprio ascetismo. Addirittura sbandierato in contrapposizione al giudaismo ufficiale di Gerusalemme.
Questa comunità rappresenta quindi una piccola cosa nell’ambito del giudaismo. Però di fatto il giudaismo si capisce meglio con queste scoperte.
Il famoso frammento che ha suscitato così grande scalpore, sulla scorta dei libri di R.H.Eisenman, cosa dice in realtà?
Si parla veramente di un messia, di un Gesù già presente nei testi di Qumran per cui il Nuovo Testamento non avrebbe detto nulla di nuovo?
E’ un testo composto da almeno sette frammenti. Quando un testo è composto da vari frammenti non si sa mai come metterli in ordine. Ma supponendo che si debbano mettere in un certo ordine, allora uno di questi ad un certo punto parla della lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre e comincia a citare Is 11, un testo messianico. Nella quarta riga di questo frammento c’è una parola ebraica che è והםיתו che può essere letto wehemitu o wehemito. I testi di Qumran non sono vocalizzati, possono essere letti in maniere diverse. Se leggiamo wehemitu, vuol dire “essi hanno messo a morte”. Chi sono “essi”? Le persone che hanno messo a morte lui, cioè il messia di cui si parla in quel contesto o il maestro di giustizia identificato con il messia. Questa è la lettura adottata nel libro che vi avevo citato di Eisenman. Ma se noi leggiamo wehemito cioè “egli ha messo a morte lui”, “egli ha messo a morte l’empio”, allora questa parola farebbe ancora parte di Is 11, che si vede già citato all’inizio del frammento e che poi continua. Infatti il testo di Is 11, andando avanti, dice che il rampollo di Iesse, discendente di Davide, ucciderà l’empietà, o l’empio. Qui siamo sul piano della citazione del testo di Isaia, non ci sarebbe niente di nuovo. Questa è la lettura adottata dagli studiosi più seri, la lettura del frammento così come si presenta. Il frammento era esposto alla mostra del Vaticano, ognuno poteva vederlo. Sembra che l’interpretazione più fondata sia questa, che il frammento continui a citare il testo di Is 11 e quindi faccia riferimento al messia, al discendente di Davide che ha messo a morte l’empio o l’empietà. Addirittura questo maestro di giustizia è un uomo feroce, nell’interpretazione di Qumran, che deve sterminare tutti gli avversari!
Insomma questa asserita sensazionalità dei testi di Qumran sembra risolversi in una bolla di sapone.
Testi dello stesso autore presenti sul nostro stesso sito www.gliscritti.it
Il Museo Egizio di Torino: una introduzione alla visita
Per altri articoli e studi sul contesto storico della Bibbia presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici
Note
[1] N.d.R. L’importante grotta quarta è stata scoperta solo nel 1954, l’undicesima nel 1956; ed un importante manoscritto di quest’ultima, il cosiddetto Rotolo del Tempio, fu trovato nel 1967, al momento dell’occupazione di Betlemme da parte delle truppe israeliane, in possesso del mercante Kando che lo teneva nascosto in vista di una lucrosa vendita, non appena ne avesse avuto l’opportunità.
[2] N.d.R. Questa la cronologia dei volumi via via pubblicati: AA. VV. Discoveries in the Judean Desert (of Jordan), Oxford, vol.I 1955, vol.II 1961, vol.III 1962, vol.IV 1965, vol.V 1968, vol.VI 1977.
[3] N.d.R. I professori cattolici della commissione erano soprattutto docenti ed archeologi della Scuola Biblica dei domenicani di Gerusalemme, la notissima École Biblique.
[4] N.d.R. B.Z.Wacholder-M.G.Abegg, A Preliminary Edition of the Unpublished Dead Sea Scrolls, Washington, 1991, 1992, 1995.
[5] N.d.R. Preliminary Concordance to the Hebrew and Aramaic Fragments from Qumran Caves II-X.
[6] N.d.R. E.Tov (in collaborazione con S.Pfann), A Comprehensive Facsimile Edition of the Texts from the Judean Desert, Leiden 1993.
[7] N.d.R. I sette manoscritti sono 1QIsA (Q significa Qumran ed il numero “1” che precede indica la prima grotta; Is indica il contenuto, il testo del profeta Isaia e la A indica il primo testo di Isaia ritrovato a Qumran, poiché ne abbiamo più di uno), 1QIsB (appunto il manoscritto B di Isaia, il secondo testo di Isaia), 1QpHab (dove p sta per “pesher”, “commento” e Hab per Abacuc profeta), 1QS (dove S sta per “sérek hayyàhad”, “regola, ordine della comunità”; è la cosiddetta “Regola della comunità”, da alcuni studiosi detta anche “Manuale di disciplina”), 1QGenAp (dove Ap sta per Apocrifo e Gen per Genesi), 1QM (dove M sta per “milhamàh”, “guerra”; è il cosiddetto Rotolo della guerra), 1QH (dove H sta per “hôdayyôt”, “inni”).