Il padre Antonio disse: "Io non temo più Dio, lo amo. Perché l’amore caccia il timore" (1 Gv 4, 18). Alcuni detti di Sant’Antonio del deserto, per conoscere l’iniziatore del monachesimo copto, di d. Andrea Lonardo
“Io non temo più Dio, lo amo. Perché l’amore scaccia il timore” (1Gv 4, 18). Queste parole appartengono alla collezione dei detti di Sant’Antonio Abate, Sant’Antonio del deserto, nato nel 251 d.C. e morto nel 355 circa. Dopo aver vissuto l’ultima grande persecuzione romana, quella di Diocleziano del 303/4 dopo Cristo, scelse la via del deserto, su di una montagna vicino all’odierna Hurghada, dalla quale si potesse vedere il monte Sinai[1]. Nel deserto non volle estraniarsi dalla vita della Chiesa del suo tempo, ma se ne allontanò per tornare, sia pur solo temporaneamente, in città, ad Alessandria d’Egitto, a difendere la fede nella natura divina di Cristo, durante la controversia ariana.
Così dirà parlando del rovesciamento dei valori:
Verrà un tempo in gli uomini impazziranno, e al vedere uno che non sia pazzo, gli si avventeranno contro dicendo: "Tu sei pazzo!, a motivo della sua dissimiglianza da loro".
Per lui, ogni giovane deve sapere bene quale vita vuole condurre, quali aspetti della vita cristiana vuole privilegiare. Ognuno deve imparare a scegliere:
Colui che batte un blocco di ferro, prima pensa a quel che vuole farne: se una falce, o una spada, o una scure. E anche noi dobbiamo sapere a quale virtù tendiamo, se non vogliamo faticare invano.
Deve però, insieme, avere l’umiltà, originata dalla consapevolezza di ciò che ancora non si sa, senza la quale è impossibile poter crescere desiderando di imparare:
Un giorno alcuni anziani fecero visita al padre Antonio; c’era con loro il padre Giuseppe. Ora l’anziano, per metterli alla prova, propose loro una parola della Scrittura e cominciò dai più giovani a chiederne il significato. Ciascuno si espresse secondo la sua capacità. Ma a ciascuno l’anziano diceva: "Non hai ancora trovato". Da ultimo, chiede al padre Giuseppe: "E tu che dici di questa parola?". Risponde: "Non so". Il padre Antonio allora dice: Il padre Giuseppe sì, che ha trovato la strada, perché ha detto: "Non so".
Dalla tradizione ci sono riferite due sue diverse e complementari risposte alla domanda su quale sia la via della volontà di Dio. Antonio invita a vivere alla presenza di Dio, alla necessità di mettere radici in un luogo preciso, con relazioni costanti, all’importanza di trascurare l’effimero, alla bellezza del saper tacere che accompagna il digiuno dei cibi:
Un tale chiese al padre Antonio: "Che debbo fare per piacere a Dio?". E l’anziano gli rispose: "Fa’ quello che ti comando: dovunque tu vada abbi sempre Dio davanti agli occhi; qualunque cosa tu faccia o dica, basati sulla testimonianza delle Sante Scritture; in qualsiasi luogo abiti, non andartene presto. Osserva questi tre precetti e sarai salvo".
Il padre Pambone chiese al padre Antonio: "Che debbo fare?". L’anziano gli dice: "Non confidare nella tua giustizia, non darti cura di ciò che passa, e sii continente nella lingua e nel ventre".
Senza preghiera nessuno riesce ad essere uomo in profondità e cristiano:
Disse ancora: "Come i pesci muoiono se restano all’asciutto, così i monaci che si attardano fuori della cella, o si trattengono tra i mondani, snervano il vigore dell’unione con Dio. Come dunque il pesce al mare, così noi dobbiamo correre alla cella; perché non accada che attardandoci fuori, dimentichiamo di custodire il di dentro".
Disse ancora: "Chi siede nel deserto per custodire la quiete di Dio è liberato da tre guerre: quella dell’udire, quella del parlare, e quella del vedere: Gliene rimane una sola: quella del cuore".
Un fratello disse al padre Antonio: "Prega per me". L’anziano gli dice: "Non posso io avere pietà di te, e neppure Dio, se non sei tu stesso ad impegnarti nel pregare Dio".
Senza l’amore ai fratelli tutto è perduto. Da questo punto di vista non c’è alcuna differenza fra il monaco che vive nel deserto ed il laico che vive la sua fede in città:
Il padre Antonio, nel deserto, ebbe questa rivelazione: "In città c’è uno che ti somiglia: è di professione medico, dà il superfluo ai bisognosi, e tutto il giorno canta il trisagio (cioè il canto: Santo, santo, santo) con gli angeli".
Disse ancora: "E’ dal prossimo che ci vengono la vita e la morte. Perché se guadagniamo il fratello, è Dio che guadagniamo; e se scandalizziamo il fratello, è contro Cristo che pecchiamo".
I giovani della sua generazione gli appaiono talvolta senza nerbo, senza vigore, senza carattere:
Dei fratelli fecero visita al padre Antonio e gli dissero: "Dicci una parola: come possiamo salvarci?". L’anziano gli dice: "Avete ascoltato la Scrittura? E’ quel che occorre per voi". Ed essi: "Anche da te, padre, vogliamo sentire qualcosa". L’anziano dice loro: "Dice il Vangelo: Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra". Gli dicono: "Ma di far questo non siamo capaci". L’anziano dice loro: "Se non sapete porgere anche l’altra, tenete almeno ferma la prima". Gli dicono: "Neppure di questo siamo capaci". E l’anziano: "Se neppure di questo siete capaci, non contraccambiate ciò che avete ricevuto". Dicono: "Neppure questo sappiamo fare". Allora l’anziano dice al suo discepolo: "Prepara loro un brodino: sono deboli". E a loro: Se questo non potete e quello non volete, che posso fare per voi? C’è bisogno di preghiere".
Disse ancora: "Dio non permette che contro questa generazione si scatenino guerre come contro le antiche; perché sa che è debole e non ha forza di sopportare".
L’umiltà è, allora, la via della vera ascesi (parola che non vuol dire "salita" – si tratta piuttosto di una discesa – ma "esercizio"):
Il padre Antonio disse: Vidi tutte le reti del Maligno distese sulla terra, e dissi gemendo: "Chi mai potrà scamparne?" E udii una voce che mi disse: "L’umiltà".
Disse il padre Antonio al padre Poemen: "Questa è l’opera grande dell’uomo: gettare su di sé il proprio peccato; e attendersi tentazioni fino all’ultimo respiro".
Antonio è l’iniziatore del monachesimo. Propone con forza a tutti l’importanza di essere accompagnati da un padre spirituale, soprattutto se si vuole essere guida di altri. Se la persona confida troppo in se stessa certo peccherà o diventerà pazzo, pur volendo cercare Dio:
Tre padri avevano costume di andare ogni anno dal beato Antonio; due di loro lo interrogavano sui pensieri e sulla salvezza dell’anima; il terzo invece sempre taceva e non chiedeva nulla. Dopo lungo tempo il padre Antonio gli dice: "E’ tanto ormai che vieni qui e non mi chiedi nulla". Gli rispose: "A me, padre, basta il solo vederti".
Disse ancora: "Obbedienza e continenza ammansiscono le belve".
Disse anche: "Ho visto monaci dopo molte fatiche cadere e uscir di senno perché avevano confidato nella loro opera e trascurato quel precetto che dice: Interroga il padre tuo ed egli te lo annunzierà" (Dt 32, 7).
Disse ancora: "Quando è possibile, il monaco deve affidarsi ai padri riguardo al numero dei passi da fare e delle gocce d’acqua da bere nella sua cella; se in queste cose non vuole cadere".
Come ogni vero santo Antonio ha conosciuto il tempo della tristezza e dell’aridità:
Un giorno il santo padre Antonio, mentre sedeva nel deserto, fu preso da sconforto e da fitta tenebra di pensieri. E diceva a Dio: "O Signore! Io voglio salvarmi, ma i miei pensieri me lo impediscono. Che posso fare nella mia afflizione?" Ora, sporgendosi un po’, Antonio vede un altro come lui, che sta seduto e lavora, poi interrompe il lavoro, si alza in piedi e prega, poi di nuovo si mette seduto a intrecciare corde, e poi ancora si alza e prega. Era un angelo del Signore, mandato per correggere Antonio e dargli forza. E udì l’angelo che diceva: "Fa così e sarai salvo". A udire quelle parole, fu preso da grande gioia e coraggio: così fece e si salvò.
In una terra – quella dell’antico Egitto dei faraoni - che non aveva conosciuto le parole del Signore "Quando muore con sé non porta nulla, né scende con lui la sua gloria" o ancora "Tutto quello che hai messo da parte di chi sarà?" e che, cercando l’immortalità, aveva monumentalizzato le sepolture, Antonio vuole morire senza che nessuno sappia dove verrà sepolto. La nudità della sua morte ci appare simile a quella di Mosè, che lascia le persone da lui stesso liberate dall’Egitto ed abbandona ogni cosa che da quella terra di schiavitù ha salvato, per ridire il suo amore a Dio, prima di morire:
Com’è scritto io prendo la via dei miei padri. Sento di essere chiamato dal Signore. Voi siate giudiziosi, e non perdete il frutto della vostra lunga ascesi secondo la volontà del Signore, ma, come se cominciaste adesso, cercate di custodire con ogni cura il vostro zelo. Conoscete i demoni insidiosi. Avete visto come sono feroci e insieme deboli. Non temeteli dunque, ma respirate sempre Cristo, e credete in lui, e vivete come se doveste morire ogni giorno, osservando voi stessi e ricordatevi le cose che vi ho consigliato. Non abbiate rapporto con gli scismatici… Sapete quanto anch’io li evitassi, giacché essi, insegnando altre cose, combattono Cristo, invece di sostenerlo. Cercate di unirvi sempre prima di tutto al Signore e poi ai santi, affinché dopo la vostra morte vi accolgano nei tabernacoli eterni. Pensate a questo e comprendetelo. E se v’importa di me, non permettete a nessuno di portare il mio corpo in Egitto, affinché forse non venga messo in una casa. Per questo appunto sono salito sul monte, perché sedendo vicino al fiume e rendendo lo spirito presso gli eremiti, io non soffra questo destino. Sapete come io confondessi chi faceva così e raccomandavo loro di abbandonare questa consuetudine. Seppellite dunque il mio corpo e nascondetelo sotto terra; e custodite in voi la mia parola, perché nessuno sappia dov’è il mio corpo e in che luogo è stato messo. Nel giorno della resurrezione dei morti, io lo riceverò incorrotto dal salvatore…per il resto vi dico addio, o figli. Antonio lascia questo mondo, e non sarà più con voi.
Note
[1] Sant’Antonio è ritenuto non solo l’iniziatore del monachesimo copto – potremmo tradurre “copto” più semplicemente con “egiziano”, poiché il termine Coptos è l’evoluzione fonetica del suo equivalente Egyptos, con l’evoluzione del suono “g” in “c” – ma del monachesimo tout court. La Chiesa, appena uscita dalle persecuzioni, scopre immediatamente, con lui e con i monaci suoi contemporanei, la via della preghiera e della ricerca di Dio anacoretica e cenobitica. La Vita di Antonio è il testo scritto dal suo grande contemporaneo il vescovo Atanasio di Alessandria d’Egitto, l’odierna al-Iskandariyyah, grande difensore del dogma della divinità di Gesù dopo il Concilio di Nicea del 325: è questo testo la fonte principale di ciò che sappiamo della vita e dell’insegnamento di Antonio. Rapidamente, in quei decenni, il cristianesimo che già si era profondamente radicato in Egitto, divenne la fede dell’intera popolazione egiziana e la Chiesa copta è oggi quella che ha resistito di più all’islamizzazione iniziata con la conquista araba del Medio Oriente con un numero di cristiani egiziani, gli eredi di Antonio ed Atanasio, che si può quantificare in 6/8 milioni di fedeli. E’ possibile oggi visitare i quartieri copti del Cairo, con il Museo copto della città, recarsi ad Alessandria d’Egitto in pellegrinaggio ai luoghi di San Marco evangelista ed alle rovine delle antiche basiliche di Atanasio, come visitare i monasteri di Wadi Natrun, non lontano da al-Iskandariyyah, o quelli di Sant’Antonio e di San Paolo vicino Hurghada, solo per citare i luoghi più famosi, per rendersi conto dell’importanza della storia della Chiesa egiziana e della sua vitalità, pur in un contesto di non piena libertà.