I matrimoni islamo-cristiani: la condizione giuridica della famiglia islamica e le problematiche di un matrimonio misto, di Maurice Borrmans

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 06 /10 /2022 - 17:30 pm | Permalink | Homepage
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Poiché ci è stato più volte chiesto chiarimento sulle situazioni che si vengono a creare in un matrimonio dove lo sposo sia musulmano e la sposa cristiana, per permettere una prima informazione riprendiamo dal sito Web del CADR (Centro Ambrosiano di Documentazione per le Religioni) due articoli del prof. Maurice Borrmans, docente del PISAI (Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica). Il primo che portava l’originario titolo Le famiglie musulmane in Italia è stato concesso dal Servizio Migranti, organo della Fondazione Migrantes, Roma, 1994, alla rivista Africa (n.2/1995). Il secondo, più tecnico, che affronta i problemi più strettamente giuridici della famiglia musulmana – e può così orientare a comprendere quali problematicità potrebbero manifestarsi in un matrimonio misto di questo tipo – compare sul sito del CADR solamente con una indicazione di data (1999).

Il Centro culturale Gli scritti (4/1/2006)

 

I matrimoni islamo-cristiani
di Maurice Borrmans

E' possibile l'integrazione delle famiglie islamiche immigrate? Quali sono i loro valori e quali sono le difficoltà che esse incontrano in un contesto italiano di tradizione cristiana e di ordinamento laico? Quali sono i problemi che Musulmani e Cristiani devono affrontare e risolvere nei casi sempre più numerosi di matrimoni misti?
Gli studi e le pubblicazioni non sono mancati in questi ultimi anni. Basta pensare all'ultimo libro elaborato dal Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, "La famiglia in una società multietnica" (1993, 288 p.). Ci si sforzerà in queste pagine di proporre una breve sintesi.

Una certa modernizzazione
Gli Stati moderni che rappresentano oggi i Musulmani immigrati in Italia hanno spesso elaborato una legislazione che tende a codificare la legge islamica classica (Sharia) in materia di Statuto Personale (diritto della famiglia e delle persone, diritto ereditario) secondo alcune scelte che corrispondono all'ideologia riformatrice o conservatrice dei loro leaders. Occorre dunque tener conto della pluralità delle scelte giuridiche dei paesi d'origine. Si tratta spesso di una prima modernizzazione del diritto della famiglia nei paesi arabi musulmani. E' da notare che quasi tutti i Codici arabi ricordano che, in mancanza di disposizioni precise da parte loro, ci si deve riferire alla dottrina prevalente della scuola sunnita che fa parte del retaggio culturale e giuridico del paese, tanto più che in quasi tutte le Costituzioni, questi paesi stipulano che l'Islam è la religione dello Stato e che la Sharia è la fonte principale od una delle fonti della legislazione.

Il matrimonio nell'Islam
La matrice islamica di questi Codici definisce il matrimonio come "contratto tra un uomo ed una donna, che ha per scopo il riposo dell'anima, il lecito esercizio della sessualità e la crescita della nazione/comunità" (Codice del Kuwait, art.1). E' ovvio che non c'è né sacramento, né patto d'amore, di per sé.
Tale contratto bilaterale privato (non si va alla moschea), per essere valido, richiede quattro condizioni:

  1. Assenza di impedimenti, i quali possono essere permanenti (consanguineità, affinità...) o temporanei (il vincolo di un precedente matrimonio per la donna, diversità di religione del pretendente che vuol sposare una musulmana...).
  2. Libero consenso delle parti, pur essendo spesso il consenso della donna sottomesso al controllo di suo padre e talvolta espresso da lui. Un'età minima è pure richiesta.
  3. La stipulazione di una dote (denaro od altri valori) che lo sposo assicura alla sposa come compenso del suo consenso: la moglie ne dispone liberamente senza nessun controllo.
  4. I requisiti di forma, e cioè lo scambio dei "sì" in una sola "seduta" davanti a due testimoni musulmani maschi oppure un uomo e due donne di fede musulmana.

Da tale matrimonio derivano diritti ed obblighi reciproci. Da una parte si tratta della coabitazione e della reciproca assistenza. Dall'altra parte si tratta della filiazione legittima e del diritto ereditario: la filiazione viene considerata soltanto nei confronti del padre legittimo (niente riconoscimento di paternità od adozione fuori del matrimonio).
Di conseguenza, la prole segue il padre in tutto (religione, cittadinanza, domicilio...).
Bisogna ricordare che, oltre che per la morte reale o legalmente presunta (apostasia), il matrimonio viene sciolto per ripudio (su iniziativa del marito o su richiesta della moglie) o per pronuncia giudiziale. Infatti il marito musulmano ha sempre il potere di decidere unilateralmente lo scioglimento del vincolo matrimoniale e fino a tre volte, nonostante il "detto" attribuito a Maometto che dice: "La cosa lecita che Dio odia di più è proprio il ripudio". Per quanto riguarda il divorzio, le scuole canoniche islamiche riconoscono il diritto per entrambi i coniugi di chiederlo al giudice a causa di una malattia fisica o psichica o nel caso di impotenza antecedente ed insanabile. Da parte sua, la moglie può chiedere il divorzio per mancato pagamento del mantenimento, per allontanamento prolungato del marito (scomparso o condannato alla prigione, ecc.) o per maltrattamento del marito, se ne può dare le prove. Bisogna infine ricordare che, nel caso del ripudio come del divorzio, il marito non ha niente da pagare alla sua ex-moglie (che sia un mantenimento oppure una "pensione").

Subordinazione della donna
Questo riassunto del diritto islamico nelle diverse forme contemporanee dei codici di Statuto Personale si rivela essere la fedele fotografia della struttura della famiglia nelle società musulmane e della visione specifica che l'Islam vi ha sviluppato nei riguardi della donna, del sesso e dei bambini: si tratta dunque di una famiglia "patriarcale" dove il marito esercita tutti i poteri perché deve mantenere tutti, pur avendo la moglie un margine di autonomia. Indiscutibilmente vi è una posizione di priorità o di pre-eccellenza dell'uomo. Certo, l'uomo e la donna sono uguali a titolo teologico, donde gli stessi obblighi nei riguardi del culto e del credo, ma a causa delle loro missioni specifiche nella società si ritrovano in posizioni disuguali in materia di usanze e diritti. Lo dice il Corano: "Gli uomini sono un grado sopra delle donne" (2,228) e "Gli uomini sono superiori alle donne" (4.34).
Perciò la subordinazione della donna nella famiglia islamica sembra palese in tanti capitoli del diritto matrimoniale ed ereditario. La possibilità della poligamia (fino a quattro mogli ad eccezione della Turchia e della Tunisia), anche se viene limitata dalle leggi, non rispetta il principio dell'uguaglianza assoluta tra uomo e donna. E tale principio viene anche dimenticato, se non rifiutato, nell'esercizio della tutela sulla prole: tranne rare eccezioni, la potestà sui figli è dappertutto esercitata esclusivamente dal padre o, in assenza sua, dalla parentela maschile. La custodia che la madre può esercitare sulla prole, fino ad una certa età, viene controllata da chi è il tutore legale. E questa subordinazione della donna si verifica anche nei vari modi di scioglimento del matrimonio, come è stato detto sopra. Certo la moglie non partecipa al mantenimento della famiglia e rimane totalmente libera nell'amministrare i suoi beni, ma è sotto la stretta dipendenza economica di suo marito per quanto riguarda la vita di famiglia.
Rimane in questo contesto, che assomiglia molto a quanto l'Antico Testamento attribuisce alla donna ebrea nel quadro del diritto mosaico, che vengono elogiate le stesse virtù bibliche: amore dei genitori per la loro prole ed affetto dei giovani nei riguardi del padre e della madre. Il Corano ricorda ai Musulmani che "Il tuo Signore ha decretato che trattiate bene i vostri genitori. Se uno di essi, od ambedue, raggiungono presso di te la vecchiaia, non dir loro "Uffah!", non li rimproverare ma parla loro con dolcezza. Inclina davanti a loro mansueto l'ala della sottomissione e dì: Signore, abbi pietà di loro, come essi hanno fatto con me, allevandomi quando ero piccino!" (17,23-4). E tutto questo, dice ancora il Corano, perché "Noi abbiamo prescritto all'uomo bontà verso i suoi genitori: lo portò sua madre in seno a fatica e lo ha partorito a fatica e trenta mesi durarono la gestazione e lo svezzamento" (46,15).

"A rischio..."
E proprio in tale contesto così complicato e differenziato che le coppie miste, e cioè islamo-cristiane, debbono inserirsi con grande fatica, sviluppare la loro vita coniugale e familiare in mezzo a tante difficoltà e talvolta fronteggiare le drammatiche conseguenze del loro fallimento. Perché non tutte riescono a superare i vari ostacoli linguistici, culturali e giuridici elencati prima. Bisogna riconoscere, a livello statistico, che i fallimenti sono numerosi ed è per questo, appunto, che tutti sono invitati ad esercitare un giusto discernimento prima di impegnarsi in tale matrimonio di duplice cultura e duplice fede. Non sono mancati, da parte cattolica, i documenti pastorali in proposito. Certo, non tutti i casi sono conflittuali: talvolta ci sono dei matrimoni misti che testimoniano un'armonia delle due culture nel pieno rispetto delle fedi dei coniugi. Occorre però riflettere a lungo sulle varie situazioni possibili, tenendo conto di quanto è stato detto sopra delle dimensioni giuridiche del diritto della famiglia a seconda dei vari Codici attuali. Il buon senso di tutti e l'esperienza di molti sono concordi nel riconoscere che si tratta di un matrimonio "a rischio": le divergenze linguistiche e culturali crescono talvolta con l'età avanzata e le divergenze giuridiche e religiose aggiungono ulteriori difficoltà, in quanto ognuno dei due coniugi matura nella propria fede. A causa di tutte queste differenze, i rappresentanti della Chiesa e quelli dell'Islam stesso, di solito, sconsigliano ai loro fedeli di impegnarsi in un matrimonio misto.
Nonostante quest'atteggiamento di prudenza e di rispetto del futuro delle persone così coinvolte, esse possono anche pensare che tale matrimonio è possibile. Molto spesso, il musulmano e la cristiana pensano sia più semplice sposarsi "in comune", con rito civile, sottomettendosi così per la forma, al Codice Civile del paese dove si svolge la celebrazione. Pur preparandosi ad un'unione "civile", le due parti hanno il diritto di essere aiutate dagli assistenti sociali e dai pastori della Chiesa affinché la loro decisione venga maturata in un clima di grande consapevolezza e serietà. Il Dossier del Segretariato per le Relazioni con i Musulmani di Parigi raccomanda, in tal caso, di riflettere bene, di informarsi seriamente, di prendere il tempo e di non decidere in modo affrettato, di informarsi sullo statuto giuridico dei rispettivi paesi (diritti ed obblighi del marito, della moglie, della prole), di andare a vivere per qualche tempo nel paese del fidanzato e di visitare la famiglia di lui, di precisare dall'inizio un certo numero di punti essenziali (educazione dei bambini, libertà della donna, ecc.).
Se la Chiesa sconsiglia tali matrimoni (come lo fanno anche i Dotti musulmani), è perché non vuole che la fede della parte cristiana sia messa in pericolo. L'impedimento di disparità di culto tende dunque a proteggere la fede: se il Vescovo pensa con prudenza che tale pericolo è ridotto al minimo, può dare la dispensa ad autorizzare un matrimonio in "forma canonica". Ci sono però delle condizioni da rispettare, come lo ricorda Mons. J.Prader: "Il Vescovo del luogo può dare dispensa dall'impedimento se vi sia una giusta e ragionevole causa e siano adempiute le seguenti condizioni:

  1. la parte cattolica deve dichiararsi pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e promettere sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica;
  2. di questi impegni della parte cattolica, sia tempestivamente informata l'altra parte...
  3. entrambe le parti siano istruite sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio, che non debbono essere esclusi da nessuno dei due contraenti".

Questo significa che la parte musulmana promette di aderire per sempre ai valori essenziali del matrimonio tale quale voluto dalla Chiesa e dalla parte cattolica: si tratta dell'unità (monogamia) e dell'indissolubilità del legame matrimoniale. Schemi di dichiarazione d'intenzione in tal senso esistono per la parte cattolica e per la parte musulmana..

Atteggiamento pastorale
E' per questo che conviene organizzare a tutti i livelli un'autentica pastorale dei matrimoni misti che sia realistica e generosa nello stesso tempo, tanto più che molti immigrati musulmani hanno liberamente scelto per loro i valori della nostra società. L'importante è di aiutare le due parti a fare un discernimento realistico che tenga conto delle differenze, delle difficoltà, degli ostacoli e dei pericoli, in modo che la scelta sia fatta responsabilmente. Molti pastori pensano che sia spesso opportuno, prima della conclusione di qualsiasi matrimonio misto, scoraggiare le due parti, od almeno metterle di fronte a questo "rischio" affinché il loro matrimonio sia ricercato per i suoi veri valori. Celebrato il matrimonio, in forma "civile" o "canonica", occorre che tutti aiutino la coppia mista nella sua impresa, a vivere integralmente i valori della famiglia cristiana, ad educare la prole religiosamente in un clima di rispetto e di libertà nei confronti della fede dei genitori ed a far sì che i giovani ratifichino un giorno la scelta dei loro genitori e cioè che il loro matrimonio sia stato e sia un incontro "riconciliato" di due culture dove le due fedi concorrono in un'autentica elevazione spirituale.

"Realismo pessimista"?
Come dicevo in un'intervista rilasciata all'Avvenire (13 febbraio 1992), può darsi che la parte musulmana condivida in Italia i valori e gli ideali del nostro ambiente, ma può garantire che così sarà per sempre? Cosa accadrà in caso di rottura o se la coppia dovrà trasferirsi in un paese arabo, dove talvolta la sposa cristiana per motivi sociali viene incoraggiata (o costretta) a diventare musulmana e dove i coniugi subirebbero indiscutibilmente l'influenza di un ambiente fortemente impregnato della cultura islamica? E come verranno indirizzati i figli? Dove andranno a scuola? Saranno battezzati, circoncisi o non verrà loro impartito alcun rito? Saranno proprio i bambini che riveleranno ai genitori i contrasti e le eventuali ambiguità del loro rapporto. Si capisce perchè le persone responsabili delle due fedi ritengono opportuno ricordare le grosse difficoltà che attendono chi vuole impegnarsi in un matrimonio misto, e talvolta "scoraggiare" i candidati che sembrano inadeguati. Ma superata questa fase e dopo che gli sposi hanno fatto la loro scelta libera e consapevole è necessario aiutarli a realizzare il loro matrimonio nel miglior modo possibile. Un'unione bene impostata e generosamente vissuta può far crescere tra i coniugi i valori spirituali e l'emulazione umana e spirituale. Anche se la realtà delle cose induce ad un "realismo pessimista", il matrimonio misto può diventare talvolta luogo di incontro e di dialogo e dunque di speranza e di carità per il bene di tutti, perché lo Spirito Santo agisce dovunque e può dunque farne un luogo di santificazione, come lo fu per S. Monica madre di S. Agostino.

Il matrimonio musulmano secondo la Shari’a
di Maurice Borrmans

Per il diritto islamico classico il matrimonio è un contratto privato con il quale l’uomo si impegna a dare alla donna una dote e a sostenerla, in cambio del diritto ad avere con lei rapporti sessuali che divengono così legittimi.

Per la validità del matrimonio debbono ricorrere le seguenti quattro condizioni:

1. Assenza di impedimenti (permanenti o temporanei)

- Permanenti

  • Parentela: è proibito il matrimonio dell’uomo con le sue ascendenti, con le sorelle e le discendenti all’infinito dei suoi fratelli e sorelle, con le zie, con le prozie e le sorelle del bisnonno e della bisnonna (Corano 4, 23).
  • Affinità: è proibito il matrimonio dell’uomo con le ascendenti delle sue mogli, dal momento in cui viene concluso il contratto di matrimonio; con le discendenti di ogni grado delle proprie mogli, solo nel caso in cui il matrimonio, con la madre di queste ultime, sia stato consumato; con le mogli degli ascendenti e discendenti, dal momento in cui viene concluso il contratto di matrimonio (Corano 4, 22-23).
  • Allattamento: i legami scaturenti dal rapporto tra un bambino/una bambina e la sua nutrice (che l’allattamento abbia avuto luogo effettivamente, in cinque riprese differenti, nel corso dei due primi anni di vita) hanno lo stesso valore del rapporto di parentela e affinità (nei confronti del marito della nutrice) (Corano 4,23).
  • Contratto matrimoniale (e coabitazione) con una donna in stato di «ritiro di continenza» ‘idda, anche se la coabitazione doveva aver luogo dopo il compimento di questo ritiro.
  • Disconoscimento di paternità (malikiti) nei confronti del figlio della moglie adultera (ripudio irrevocabile perfetto con impedimento) (Corano 24,6-9).

- Temporanei

  • Disparità di religione: è proibito il matrimonio di una musulmana con un non-musulmano, mentre un musulmano può, validamente, sposare una donna «del Libro», cioè cristiana o ebrea (Corano 2,221; 60,10; 5,5).
  • Assenza di stato libero: è proibito ogni matrimonio con una donna che sta ancora sotto la «tutela matrimoniale», matrimonio non sciolto, oppure ritiro di continenza (questo ritiro dura 3 mesi per la ripudiata/divorziata, 4 mesi e 10 giorni per la vedova) (Corano 2,228,234,235).
  • Permesso poligamico: il musulmano può avere in una volta quattro mogli legittime, se garantisce a tutte un trattamento uguale (equo) (Corano 4,3). In caso di permesso poligamico, è proibito sposare, simultaneamente, due donne che, se fossero di sessi diversi, non potrebbero contrarre matrimonio tra di loro (parentela, affinità, allattamento) (Corano 2,23).
  • Triplice ripudio/divorzio: è proibito il matrimonio con la donna ripudiata/divorziata tre volte, fino al momento in cui la donna, dopo aver concluso e consumato un altro matrimonio con un altro uomo ed essere stata da questi ripudiata/divorziata, avrà portato a termine il «ritiro di continenza» (Corano 2,230).

2. Consenso dei due futuri coniugi
Consenso dei futuri coniugi o dei loro rispettivi padri o tutori. Nel diritto classico, non esiste limite d’età: i futuri coniugi diventano maggiorenni per contrarre matrimonio con la pubertà (reale o presunta). Tutti i Codici moderni riconoscono un limite di età.

3. Fissazione di una dote
E’ un dono fatto dallo sposo alla sposa che ne diventa proprietaria a tutti gli effetti. Se ne fissa l’ammontare e si dice se tutto o parte della dote viene pagato anticipatamente o a termine. La moglie ha diritto alla totalità della dote se il matrimonio è stato consumato o se, sciolto a causa del decesso del marito, non è stato consumato. Nel caso contrario, la moglie ha diritto alla metà della dote (ma in caso di annullamento o adulterio, la moglie perde quest’ultimo diritto) (Corano 4,4 e 24; 2,237).

4. Osservazione delle formalità prescritte
Consenso orale, in un’unica seduta, maglis, con due testimoni musulmani, puberi, liberi, sani di mente e di pratica religiosa, di sesso maschile (Corano 2,282).

EFFETTI DEL MATRIMONIO
Gli effetti del matrimonio sono: la coabitazione, i buoni rapporti, i diritti di successione, la filiazione e la creazione di una parentela per alleanza, cioè affinità.

  • La moglie deve al marito la fedeltà, l’obbedienza, l’allattamento al seno dei bambini (Corano 2,233; 46,15; 23,13-14; 22,5), l’incarico di vegliare sull’andamento della vita domestica. E’ totalmente libera per quanto si tratta del suo patrimonio personale.
  • Il marito deve alla moglie il mantenimento, nafaqa, la parità di trattamento in caso di più mogli, l’autorizzazione a fare visita ai propri parenti, la completa libertà di amministrare e di disporre dei propri beni.
  • I figli e le figlie appartengono al padre, anche per quanto riguarda la religione. La filiazione, nasab, è quella che mette la prole in stretta dipendenza del padre: la prova è sempre il matrimonio legittimo (la prole nasce legittima dal 6° mese del matrimonio fino alla fine del ritiro di continenza).
  • La tutela appartiene sempre al padre o al parente maschile più vicino (a meno che la madre sia stata scelta da lui come tutrice testamentaria), che ne esercita tutti i diritti e doveri fino all’emancipazione giuridica.
  • La madre ha soltanto un diritto/dovere di guardia, hadana, secondo il quale può e deve custodire e allevare i figli fino a quando questi hanno bisogno delle sue cure; tutto questo sotto il controllo del tutore e per la durata prevista dalla Legge. Ha diritto a uno stipendio. Intervengono limitazioni in caso di «disparità di religione».

SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIO
Il matrimonio è sciolto: a) per decesso di uno dei coniugi, in questo caso la vedova osserva una ‘idda speciale e ha vocazione successoriale, a meno che ci sia «impedimento di disparità di religione»; b) per ripudio/divorzio.

1. Il ripudio
Il marito ha sempre il potere di pronunciare unilateralmente lo scioglimento del vincolo matrimoniale (nessun controllo, eccetto quello sulla sua capacità giuridica nell’emettere tale sentenza). Emessa la sua sentenza, dispone di tre periodi/mesi per revocare la sua decisione e riprendere la vita matrimoniale; in caso contrario, il matrimonio è sciolto, ma può riprendere la moglie con un nuovo contratto. Dopo tre ripudi compiuti, di questo genere, c’é l’impedimento del triplice ripudio/divorzio. Si possono così verificare i seguenti casi:

  • il ripudio revocabile, nel corso del ritiro di continenza;
  • il ripudio irrevocabile imperfetto, in tal caso è possibile un nuovo matrimonio; il ripudio irrevocabile perfetto, che comporta l’impedimento di triplice ripudio.

La moglie può chiedere al marito che egli la ripudi, concedendogli un compenso, il quale sarà la dote o le spese per accudire i figli (tale ripudio convenuto assomiglia al divorzio consensuale).

2. Il divorzio
Sia il marito che la moglie possono chiedere il divorzio dal giudice perché il coniuge è affetto da un «vizio permanente».
Nel diritto dei malikiti, che oggi possiamo considerare esteso a tutti i Codici moderni, la moglie può chiedere divorzio dal giudice:

  • perché il marito è assente, scomparso, in prigione, ecc.;
  • perché il marito non paga il mantenimento della moglie o dei bambini;
  • perché il marito si rifiuta di adempiere gli obblighi coniugali e/o abusa della sua autorità: la moglie deve dare prova del danno subìto.

In questi casi si può chiedere un’indennità di compenso, mentre nel caso del ripudio unilaterale il Corano e la Legge islamica raccomandano al marito di concedere a favore della moglie un dono di consolazione, mut’a (Corano 33,49).

MORALE GENERALE E FAMIGLIA
Ogni fornicazione è condannata (Corano 24,2-3 e 33; 4,15-18; 17,32; 16,90).
C’è una gerarchia tra l’uomo e la donna (Corano 4,32 e 34-35), collegato a questa vi sono delle discriminazioni in materia di diritti successoriali (Corano 2,180; 4,7-8 e 33 e 176).
Non c’è adozione (Corano 33,4-5 e 37).
Vestiti decenti sono di regola e il velo viene raccomandato (Corano 24,27-31 e 58-60; 33,53 e 59).
Il Profeta stesso fu gratificato di uno statuto particolare in materia familiare (Corano 33,28-33; 33,49-52; 33,37; 66,5; 33,53-59; 33,6).

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Islam e fede cristiana
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Dal Corano all´elaborazione della tradizione islamica di Giovanni Amico
Appunti da/di viaggio: Granada e l’Islam andaluso
Breve nota sul significato del termine arabo “Islām” di Massimo Rizzi
Islam e Occidente
La Bibbia nell´Islam
I profeti biblici nel Corano
Gesù nel Corano
Gesù negli Hadith