Il grande rischio del clericalismo dei laici e la vera sinodalità, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Ecclesiologia.
Il Centro culturale Gli scritti (5/10/2022)
Esiste un clericalismo dei preti ed è terribile.
Preti che non amano la vita laicale, che non sanno gioire dei matrimoni e delle famiglie, che non sono interessati ai giovani e alla cultura, che non sono vicini ai poveri, che non capiscono il mondo del lavoro e nemmeno se ne interessano.
Preti che si sentono padroni della chiesa e delle parrocchie, che, celebrate le liturgie, si chiudono nelle loro camere.
Ma esistono anche laici che sono altrettanto clericali.
Che non hanno alcun interesse culturale o politico. Che non leggono il giornale e non si preoccupano se nascano nuove coppie e nuovi bambini. Che non cercano di conoscere la Bibbia, la teologia.
Scrisse nel medioevo Giovanni Taulero (ca. 1300-1361, nell’Omelia di Ognissanti): «Viene poi la gente comune che va a Dio nelle cose e con le cose».
Anche se allora non si utilizzavano le denominazioni di “laici” e “laicato” questa espressione è meravigliosa: indica che laico è colui che non è interessato meramente alle parrocchie e alle cose di chiesa, bensì alla vita nel suo fluire, al nascere e morire, alle cose della vita, tutte.
Ecco perché esistono laici clericali. Perché non sono veri laici, perché sono interessati solo alla chiesa e non al mondo, alle cose del mondo, ai fatti e alle persone del mondo.
Questi laici rendono la chiesa ancora più clericale e meno sinodale.
Aspirano ad accentrare tutto a sé nelle comunità cristiane. Vorrebbero controllare tutto e sono ossessionati da questioni ecclesiali, senza avere nessun interesse per la vita laicale, per il lavoro, per gli affetti, per la cultura, per le questioni della politica e dell’informazione.
Drammatico è quando si confonde la sinodalità con una discussione sulla suddivisione del potere all’interno delle parrocchie e delle diocesi. Si diventa allora capaci di infuriarsi se qualche persona nuova assume una responsabilità che si ritiene propria, mentre non si discute di niente di ciò che avviene nella società.
Ai laici è chiesto, invece, di far respirare la chiesa con le questioni del mondo, con le domande sull’annunzio del vangelo, con i temi della cultura, della società e della politica, della morale come delle vocazioni.
Ecco allora che la sinodalità chiede ai preti e ai laici clericali di imparare a respirare, di non fossilizzarsi su piccole beghe interne e, invece, di aprirsi ai problemi veri della gente (si pensi solo alla crisi della scuola e della politica).
Guai se la sinodalità venisse interpretata come un momento per una resa dei conti di gruppi, di clan, di persone.