La leggenda degli ultimi anni di Mozart e la realtà storica. Appunti da una conferenza del prof.Francesco Zimei
Presentiamo on-line una nostra sintesi dell’intervento del musicologo, prof.Franceso Zimei, durante l’incontro tenutosi l’1 agosto 2006, presso la Chiesa di Santa Maria ad Cryptas di Fossa (AQ), dal titolo “Mozart ultimo atto, tra esoterismo e religiosità”, organizzato dall’Associazione Pietre che cantano, all’interno del Festival internazionale di musica 2006. Il secondo relatore in quell’occasione era uno degli autori del nostro sito, don Andrea Lonardo, il cui intervento è presente on-line, sotto forma di articolo, con il titolo “Il ‘divino’ Amadeus e la grazia della fede: per Mozart cattolico. Dalla Grosse Messe al Requiem”.
N.B. Il presente testo non riporta alla lettera le parole del prof.Zimei. Deriva, infatti, da una collazione di appunti di partecipanti a quella serata. Ha, pertanto, il valore di una sintesi, sebbene si presenti, per una maggiore scorrevolezza, con l’artificio letterario delle citazioni fra virgolette. Lo presentiamo lo stesso per la ricchezza delle prospettive che offre, non essendo stata conservata alcuna registrazione di quell’incontro. Ci scusiamo per i fraintendimenti che, involontariamente, potrebbero essere presenti in questo resumé.
Il Centro culturale Gli scritti (17/8/2007)
“Nel Flauto magico i motivi massonici sono affrontati in maniera fiabesca, popolare, non su di un piano di lettura ideologico. Se era vero che nell’opera si potevano riconoscere i suoi fratelli di loggia, probabilmente a Mozart interessava soprattutto che nei suoi temi si potesse riconoscere il popolo”. Così il prof. Francesco Zimei ha esordito nel suo intervento. Ha continuato mostrando come la fiaba del Flauto magico si rifaccia ad archetipi universali ed a questo debba il suo successo, più che non ai suoi presunti temi massonici. Il Flauto magico – racconta – fu, infatti, rappresentato 100 volte di seguito e divenne l’opera popolare tedesca: “Non dimentichiamo che il Flauto magico non venne rappresentato al teatro di corte, ma al teatro di varietà!”
Zimei ha poi proseguito con un riferimento a Beethoven: “Nell’affrontare la questione di quale valore abbia l’adesione alla massoneria di Mozart, possiamo subito istituire un parallelo con un autore immediatamente successivo che ci riporta al clima dell’epoca. L’Ode che Beethoven utilizzò nella Nona sinfonia non era un Inno alla Freude (gioia), come ascoltiamo nelle esecuzioni odierne dell‘opera, ma era l’Inno alla Freiheit (libertà). Siamo in un contesto nel quale i temi della cultura massonica sono presenti, senza che questo implichi un’adesione piena e cosciente ad un sistema di valori, in contrapposizione ad altri sistemi”.
Per comprendere gli ultimi anni della vita di Mozart, secondo il prof.Zimei, è necessario indicare quali fossero le mutate condizioni della vita del musicista di quel tempo: “Caratteristico di Mozart è l’essere un tipo di musicista nuovo. Ancora immediatamente prima di lui, il musicista aveva un ‘padrone’; era, cioè, una persona con uno stipendio fisso. Così avevano vissuto Bach, Haydn. Come i camerieri ed i valletti di corte, sebbene ovviamente ad un altro livello, così anche i musicisti erano assunti e stipendiati. Non esisteva la figura del libero professionista”.
Si era già verificato il caso di musicisti che avevano vissuto di un guadagno derivante dalla libera composizione delle loro opere, ma questo era avvenuto nell’ambito della composizione operistica legata al teatro. Vivaldi era stato responsabile di un impresariato d’opera ed era morto anch’egli poveramente a Vienna, sepolto in una fossa comune. Così Haendel era stato più volte sull’orlo del fallimento. Ma, in questi due casi, non bisogna dimenticare che si sta, appunto, parlando dell’opera, della musica composta per un teatro; siamo cioè nell’abito di una libera professione.
Nell’epoca di Mozart è tutta la produzione musicale che si svincola dall’essere un ‘pubblico impiego’ sia esso legato alle corti o alle chiese: “Nell’epoca di Mozart emerge la borghesia. La nuova classe sociale si pone come la destinataria delle opere culturali. La musica acquista un carattere censitario; va ad ascoltare un concerto chi paga un biglietto. I nuovi professionisti della musica, dal tempo di Mozart in poi, non sono più a servizio né del primo né del secondo stato – per utilizzare la terminologia dell’illuminismo. Sono a servizio di un pubblico pagante. Vediamo questo passaggio, nella vita di Mozart, quando si licenzia dal Colloredo e diviene un libero professionista”.
Questo appare chiaramente dalle fonti in nostro possesso, ha continuato il prof.Zimei, proprio nel caso di Mozart: “Troviamo documenti dell’epoca che attestano che i concerti pubblici di Mozart andavano sotto il titolo di ‘beneficiata’. Erano cioè serate ‘a beneficio di...’, nelle quali si ascoltava la musica composta da Mozart ed eseguita dai suoi amici. Ma il ‘beneficio’ non era ad extra; il ricavato era a beneficio del compositore e degli stessi musicisti, era il loro guadagno per poter sopravvivere. Era un nuovo status che si imponeva alla musica, nelle mutate condizioni sociali. Il testo pubblicitario, le locandine di invito al concerto, recitavano espressamente: L’incasso sarà a beneficio del kapellmeister Mozart”.
Per questo la vita di Mozart e, in particolare, i suoi ultimi anni, saranno così difficili: “Mozart non riuscirà a vivere del proprio lavoro. Le condizioni non erano ancora favorevoli; egli visse proprio nel momento del trapasso. Beethoveen, invece, ce la farà”.
Proprio questi dati ci forniscono, probabilmente, il vero motivo dell’adesione massonica di Mozart: “Ora è certo che Mozart sia diventato massone per ragioni economiche. Puchberg, che viene chiamato in causa nel passaggio di Mozart alla massoneria, era uno che prestava denaro, anche se non praticava lo strozzinaggio”.
Zimei ha ricordato come Mozart, resosi conto della difficoltà di vivere come libero professionista, desiderasse rientrare nell’ambito di una carriera musicale stabile, di cui aveva già beneficiato alla corte di Salisburgo: “Proprio per questa difficoltà di riuscire a vivere da libero professionista, Mozart volle, ad un certo punto, rientrare nel giro dei musicisti di servizio. Possediamo una minuta di una sua lettera del maggio 1790, con la quale si rivolge all’arciduca Franz, fratello minore di Giuseppe II, chiedendo di poter ottenere il posto di kapellmeister. In questa lettera si vanta di avere acquisito una grande esperienza di musica sacra ed aggiunge che Salieri non si era mai dedicato alla musica di chiesa e quindi non doveva essergli preferito in quell’incarico”.
La rivalità che ci fu all’epoca fra i due è stata utilizzata come lontana motivazione della successiva leggenda che si è creata sulla morte di Mozart. Qui Zimei è, ancora una volta, netto: “Salieri chiaramente non c’entra nulla con la morte di Mozart[1]. La diceria che certo c’era stata, ritornò fuori con Puskin che parlò del presunto assassinio di Mozart e, da allora, divenne famosa. Salieri era il personaggio principale a Vienna nell’ambito musicale. Dopo la morte di Metastasio era rimasto l’unico italiano a corte. Proprio la lettera di Mozart ci testimonia che ci furono conflitti - che non arrivarono certo all’omicidio - ma produssero dicerie”.
C’è un episodio storico che ci dice come la leggenda di una morte non naturale di Mozart fosse diffusa. Riguarda la vita di Rossini: “G.N.von Nissen[2] ci racconta che nel 1822 Rossini che si trovava a Vienna, volle recarsi prima da Beethoven e volle poi rendere visita anche a Salieri. In quella circostanza gli chiese: Ma è vero che è stato lei ad uccidere Mozart? E Salieri gli rispose, secondo il racconto di von Nissen: Mi guardi bene, le sembro forse un assassino?”
Mozart, comunque, era riuscito ad ottenere quel posto di ‘maestro di cappella’ a corte e i suoi problemi economici stavano per terminare, quando la sua salute peggiorò: “La richiesta di Mozart, comunque, era stata accolta. Nell’anno 1792, Mozart sarebbe divenuto kapellmeister. Il contratto avrebbe avuto inizio con il nuovo anno. Mozart morì, però, il 5 dicembre 1791. Ancora 25 giorni e avrebbe risolto tutti i problemi economici. Morì, invece, con 3000 fiorini di debito”.
Tutto questo spiega la semplicità dei funerali del maestro (anche qui la massoneria non c’entra niente): “I debiti saranno sanati ad anni di distanza dalla moglie e dagli amici. Proprio per questa morte in miseria, Mozart ebbe un funerale di III classe, cioè senza l’acquisto di una bara. Il corpo venne messo in una bara che aveva un coperchio che permetteva, una volta arrivati al cimitero, di scaricare il corpo e riutilizzare la bara stessa per un nuovo funerale”.
Una leggenda – ha raccontato Zimei – esiste anche sul corpo del maestro: “Il becchino che portò il corpo di Mozart al cimitero amava la sua musica e, passati alcuni anni, sostenne di aver recuperato il cranio del compositore. Il fratello di Franz Schubert ne venne in possesso e lo regalò al Mozarteum – ma, sfortunatamente, le recenti analisi hanno rivelato che il cranio non ha il DNA della famiglia dei Mozart”. Dobbiamo insomma rassegnarci all’evidenza di un corpo sepolto in una fossa comune, nella quale non fu più possibile identificare le sue spoglie, frammiste come erano a quelle degli altri defunti.
Questo nuovo status del musicista come libero professionista spiega come Mozart dovesse far fronte a continui nuovi lavori musicali, una volta lasciata Salisburgo, per procurarsi il denaro per sopravvivere. Il Requiem va inquadrato in questo turbinio di commissioni: “Nella prima biografia scritta da Niemetschek[3] a Praga, nel 1798 - uscirà poi la biografia di von Nissen su testimonianza di Constanze – abbiamo il racconto del faticoso ultimo periodo di Mozart. Ancora prima di recarsi a Praga, scrisse per Leopoldo in 18 giorni la Clemenza di Tito. Ricevette una lettera anonima per una messa da Requiem – non dimentichiamo che il carattere patetico delle messe gli era stato sempre congeniale. Il messaggero portò i soldi che non erano molti, perché la richiesta di Mozart era stata modesta (non aveva mai avuto un buon rapporto con il denaro). Niemetschek ci informa che il compositore non conosceva l’identità del committente. Mozart si recò allora a Praga per l’incoronazione dell’imperatore Leopoldo - Praga è stata più amata di Vienna da Mozart”.
Questo nulla toglie al fatto che, probabilmente, il maestro, coll’aggravarsi della malattia, si rese conto che quel Requiem avrebbe potuto essere anche il suo brano di addio al mondo: “Al momento della partenza per Praga, il messaggero del Requiem si fece vivo, sollecitando l’opera. A Praga, Mozart cominciò a non sentirsi bene. Al ritorno si mise a lavorare al Requiem. Abbiamo una famosa testimonianza del van Nissen che racconta che un giorno Constanze accompagnò il marito al Prater per una passeggiata, durante la quale Mozart affermò che componeva il Requiem per se stesso”.
Così recita espressamente il testo del biografo: “Quando una volta, in una bella giornata d'autunno, si recò al Prater [con la moglie], Mozart cominciò a parlare della morte e affermò di scrivere ilRequiem per se stesso. Aveva le lacrime agli occhi mentre lo diceva e quando ella tentò di distoglierlo da quei pensieri neri, egli rispose: «No, no, lo sento troppo, non durerò molto: di sicuro mi hanno avvelenato. Non so liberarmi da questo pensiero».”
Zimei ha proseguito raccontando gli ultimi giorni di composizione del Requiem, secondo le notizie del von Nissen: “Constanze chiamò allora il medico e gli confiscò la partitura. Mozart domandò, invece, che gli lasciassero comporre il suo Requiem. Sempre nel suo letto rilesse il manoscritto con le lacrime, cercando di completarlo, ma non ne ebbe le forze.
Alla morte del maestro, il messaggero voleva almeno l’opera incompiuta. Si decise, da parte di Constanze, che fosse Süssmayer a completarlo per darlo, infine, al messaggero - non sono stati mai chiariti i rapporti di Constanze con Süssmayer, se cioè fosse nata una storia sentimentale tra i due, al punto che c’è chi sospetta che l’ultimo presunto figlio di Mozart, sia in realtà figlio di Süssmayer”.
Il prof.Zimei ha spiegato come la critica moderna abbia ormai svelato con sicurezza l’enigma del messaggero e della sua richiesta del Requiem: “E’ ormai chiara nella sostanza la questione del famoso messaggero, che è stato riconosciuto nell’economo del conte von Walsegg. Quest’ultimo amava spacciarsi per compositore e comprava musica da far eseguire a proprio nome, per diletto. Ovviamente questo con Mozart non sarebbe potuto riuscire – si sarebbe trattato di un segreto di Pulcinella. Walsegg diresse 2 anni dopo questo Requiem in omaggio alla propria moglie defunta, ma tutti sapevano benissimo che era di Mozart”.
Infine, Zimei ha proseguito con alcune notazioni musicali sul Requiem: “Il materiale del Requiem è quasi interamente mozartiano. La partitura dei primi due brani è stata ripresa da Süssmayer per i due ultimi movimenti che Mozart non aveva potuto musicare. Riconosciamo, comunque, nel Requiem il tema già scritto per la morte del commendatore nel Don Giovanni, che è del 1787. E’ come l’antefatto dell’opera; il Confutatis è la citazione di quel brano scritto 4 anni prima, quel tema del don Giovanni che ritorna”.
Zimei ritiene autentica la lettera scritta a Lorenzo da Ponte il 7 settembre 1791[4]: “Il von Nissen ci testimonia che Mozart con le labbra, prima di spirare, sillabava il movimento del Lacrimosa, anche se il Lacrimosa non è necessariamente l’ultimo brano mozartiano. Sentiamo, comunque, in esso il cadere delle lacrime. Tutto lascia presumere che Mozart fosse cosciente di essere dinanzi alle sue ultime ore”.
Note
[1] Sulla genesi della leggenda del presunto omicidio di Salieri, vedi, su questo stesso sito www.gliscritti.it, l’articolo Dal Mozart e Salieri di Alexandr Puškin all’Amadeus di Peter Shaffer ed, infine, di Miloš Forman: La genesi della leggenda della presunta morte per avvelenamento. Una recensione ed un invito alla lettura della biografia di Salieri scritta da Volkmar Brauenbehrens, di Andrea Lonardo.
[2] Georg Nikolaus von Nissen fu il secondo marito di Constanze Mozart e fu autore di una biografia del maestro, con l’aiuto delle memorie della moglie.
[3] F.X.Niemetschek, W.A.Mozart’s Leben nach OriginalQuellen beschrieben.
[4] Questo il testo completo della lettera che reca l’indirizzo a Lorenzo Da Ponte:
[Vienna settembre 1791]
Affmo Signore
Vorrei seguire il vostro consiglio, ma come riuscirvi? Ho il capo frastornato, conto a forza, e non posso levarmi dagli occhi l’immagine di questo incognito. Lo vedo di continuo esso mi prega, mi sollecita, ed impaziente mi chiede il lavoro. Continuo, perché il comporre mi stanca meno del riposo. Altronde non ho più da tremare. Lo sento a quel che provo, che l’ora suona; sono in procinto di spirare, ho finito prima di aver goduto del mio talento. La vita era pur sì bella, la carriera s’apriva sotto auspici tanto fortunati, ma non si può cangiar il proprio destino. Nessuno misura i giorni, bisogna rassegnarsi, sarà quel che piacerà alla provvidenza, termino, ecco il mio canto funebre, non devo lasciarlo imperfetto.
Vienna 7bre 1791