Breve nota agostiniana sulla fides quae creditur e sulla fides qua creditur, di Andrea Lonardo
È nel De Trinitate 13, 2, 5, di sant’Agostino che compare per la prima volta l’importantissima riflessione che enuclea due aspetti costitutivi della fede cristiana, la fides quae e la fides qua.
Agostino, a partire dalla Sacra Scrittura, mostra come esistano realmente queste due dimensioni nell’unico atto di fede: la fede in Dio non è identica in tutti perché la grazia ricevuta e l’abbandono nella fiducia alla volontà di Dio possono essere ‘grandi’ o ‘piccole’ (fides qua, la fede con cui si crede, cioè la fiducia con cui ci si abbandona a Dio), ma, d’altro canto, la fede è sempre una sola e identica, perché è fede nella Trinità (fides quae, la fede che crede nell’unico e identico Dio nel quale credono tutti i cristiani, la fede che ha accolto la rivelazione del Padre nel suo figlio Gesù, la fede sintetizzata e proclamata nel Simbolo di fede).
Così scrive Agostino, nel brano citato:
«Una cosa è ciò che si crede, altra cosa la fede con cui si crede (aliud sunt ea quae creduntur, aliud fides qua creduntur).
[...]
Quando Cristo dice: O donna, grande è la tua fede, ed ad un altro: Uomo di poca fede, perché hai dubitato? esprime con questo che ciascuno ha una fede che gli è propria. Ma si dice che coloro che credono le stesse cose hanno una sola fede, allo stesso modo che coloro che vogliono le stesse cose hanno una sola volontà».
Queste due dimensioni sono inscindibili: ci si può fidare di Dio proprio perché lo si conosce ma, d’altro canto, conoscendolo, non è possibile non affidargli tutta la vita.