Una catechesi sulla cresima, sigillo dello Spirito Santo, di Domenico Sigalini

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 05 /09 /2022 - 21:52 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal sito della Diocesi di Genova il testo di una relazione tenuta da S.Ecc.mons Domenico Sigalini il lunedì 18 settembre 2006 in occasione dell’annuale Corso di formazione catechisti della diocesi di Genova. La relazione era intitolata La cresima: il sigillo dello Spirito. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (26/7/2008)

 

Non solo liberati, ma liberi

Ognuno nella vita fa purtroppo esperienza di schiavitù, di catene, di costrizione. È la schiavitù della malattia che ti costringe in ospedale o inchiodato in un letto, attaccato ad una flebo o costretto in ingessature; è la schiavitù di qualche vizio o cattiva abitudine che non ti lascia correre libero nella via del bene; è la morsa della droga che ti porta sempre a dosi maggiori e ti rende uno straccio; è la dipendenza dall’alcool che ti fa terra bruciata di saggezza e sentimenti. Può essere la stessa detenzione per delitti commessi e giustamente puntiti.

Ed è una grande gioia quando ritorna la salute, esci dall’ospedale, si schiudono le porte del carcere, smetti di drogarti e di bere. È un’altra vita. Il carcerato non vede più il sole a scacchi, non sta più a misurare il perimetro della cella, non divide più il tempo in ore di aria e ore di cella. È bello non sentirsi più dipendente da sostanze, uscire dall’incubo dell’alcoolismo.

È stato così anche per il popolo di Israele. Era stato per tanti anni schiavo dell’Egitto e finalmente dopo molteplici tentativi, dopo lotte serrate contro il faraone Mosè riesce a far passare il mar Rosso. È bellissimo il canto di Maria, la sorella di Mosè, oltre il mare che si chiude alle spalle sui carriaggi del faraone. Inebriati di una liberazione definitiva. Contenti di una rottura delle catene.

Così capitò in Italia nel 1945 quando finì la guerra e i tedeschi se ne andarono da tutta l’Italia. Liberazione: non c’era più nessun oppressore o collaborazionista che ci faceva paura con le sue armi, con le sue ritorsioni, i suoi soprusi. Liberati finalmente, senza padroni, senza schiavitù, senza dipendenza da altri.

Ma essere liberati significa subito essere liberi? 
Il giorno della liberazione dell’Italia dai tedeschi, si sono scatenate le vendette. Non esisteva punto di riferimento. In molte città l’unica autorità rimasta era il vescovo. Non c’era legge, soprattutto non c’era principio civile su cui basarsi per organizzare la vita di relazione pubblica. Passata l’emozione della liberazione cominciava la grande avventura di riuscire a vivere da liberi.

Il primo segnale anche per gli israeliti fu a mezzogiorno dopo il passaggio del mar Rosso. Che si mangia quest’oggi? Ieri i nostri padroni ci facevano trovare il piatto pieno; sarà stata sbobba immangiabile, ma almeno qualcosa c’era. Oggi non abbiamo niente, né possiamo aspettarci che qualcuno ci porti da mangiare. Dovevano un po’ alla volta capire che ora toccava a loro organizzarsi la vita, aiutarsi gli uni gli altri, darsi degli ideali, riempire i pensieri di cose belle. Così è stato in Italia: un popolo di straccioni, come eravamo ridotti, lentamente si è costituito in un popolo di persone libere. Si è costituito il diritto, ci si è dato un percorso su cui sviluppare la libertà conquistata.

Il momento più simbolico e più determinante di questo passaggio da orda di schiavi a popolo libero per il popolo di Israele è stato quando Mosè sul monte Sinai ricevette da Dio la legge, la Torah (cfr. Es 19, 16 ss). È stato il momento in cui il popolo si è dato una costituzione che stabiliva il percorso di libertà da seguire. In quel momento si udirono tuoni, si vide fuoco, si sentì una voce. D’ora in poi non siete più un’orda di schiavi, ma un popolo libero, responsabile, capace di autodeterminazione.

Anche l’Italia si diede la sua costituzione e quella è stata la magna carta su cui da popolo di affamati e pezzenti divenimmo popolo italiano. Così è stato anche della vittoria di Gesù sul peccato che ci teneva in schiavitù. Gesù ci ha liberati, ma lo Spirito ci ha fatti liberi. Gesù ha rotto le catene del male e lo Spirito ci ha educati alla libertà.

Gli Atti degli Apostoli infatti descrivono una scena molto simile a quella del Sinai, quando parlano della venuta dello Spirito sugli apostoli (cfr Atti 2, 1-3). Anche qui tuono, fuoco e parola. Anche il popolo dei credenti in Cristo ora ha la sua costituzione, ma la novità assoluta è che mentre per il popolo di Israele la costituzione era fatta da leggi scolpite sulla pietra, quella del cristiano è data dalla presenza interiore dello Spirito Santo.

Non siamo più regolati da una legge che ci può sempre convincere che non siamo all’altezza della nuova vita, ma siamo abitati dallo Spirito che ci cambia dall’interno, che fa di noi un popolo nuovo, ci dà una nuova vita, delinea in noi i tratti dell’umanità di Gesù, ci permette di vivere da liberi nella verità.

È lo Spirito il termine di confronto per crescere liberi, per passare dalla liberazione alla libertà. Lui difende la presenza di Cristo in noi, Lui non ci permette di ridurlo alle nostre malate fantasie, ma ne difende in noi la novità assoluta oltre ogni nostra ingessatura.

Non siamo stati lasciati soli, Gesù non solo ci ha aperto gli occhi, ma ci ha mandato la luce senza della quale i nostri occhi non avrebbero potuto vedere. Non solo ci ha dato la vita, ma anche l’aria per respirare. Non solo ci ha rotto le catene degli inferi, ma ci ha fatto diventare abitazione dello Spirito. Questa compagnia e presenza dolcissima dello Spirito è la continuazione della presenza di Lui tutti i giorni della nostra vita, fino al suo ritorno.

I sacramenti dell’iniziazione cristiana

La domanda successiva che ci facciamo è molto semplice. Noi uomini e donne di oggi come facciamo ad entrare in questa storia? Come facciamo a godere della liberazione dal peccato e a gustare la felicità della libertà? È sufficiente rifarci a una storia di popolo oppure abbiamo un rapporto personale con Dio, con la sua storia di amore? Se sì, come?

Ecco allora i sacramenti. I sacramenti dell’iniziazione cristiana ci portano entro questa storia scritta personalmente per ciascuno di noi. L’immersione della vita umana personale nella morte e risurrezione di Gesù avviene con il Battesimo e già in esso lo Spirito Santo viene ad abitare nella nostra vita e a seminare libertà. Lo Spirito rende feconda l’acqua facendo sì che il battesimo sia una nuova creazione.

Lo Spirito che è sempre Spirito di vita e, come tale, di figliolanza, opera perché il Figlio sia continuamente generato nella storia e prenda corpo nel mondo. La vita che egli accende è una vita soprannaturale, una crescita continua, un incessante essere introdotti nella stessa vita senza fine dello Spirito, mentre l’altra vita quella naturale proprio con il suo inizio comincia il lento procedere verso la sua estinzione.

L’azione dello Spirito è già presente nel battesimo; con questo non è detto che la Cresima sia inutile o pleonastica. Come Cristo è già figlio di Dio fin dal seno di Maria, ma non inizia la sua vita di “cristo”, di unto del Signore, se non dopo l’unzione dello Spirito al Giordano; come lo Spirito consacra la prima comunità come chiesa a pentecoste, così lo Spirito unisce con vincolo nuovo questo membro al suo capo partecipandogli l’investitura messianica del Cristo e lo inserisce attivamente nella Chiesa. La cresima è uno sviluppo, compimento e perfezionamento del battesimo; infatti viene anche collocata in un momento della vita umana in cui cresce la consapevolezza del cammino da fare.

La vita cresce attraverso il ricevere e il donare. Se guardiamo alle esperienze, seppur limitate, della nostra esistenza, ci accorgiamo che siamo cresciuti e abbiamo assunto una determinata fisionomia interiore perché intorno a noi c’è stato chi ci ha accolto, stimolato, donato qualcosa di significativo: la famiglia, la scuola, gli amici, le esperienze di incontri, l'ambiente della comunità cristiana, il clima del paese o del quartiere. Senza questo contributo di doni non saremmo quello che siamo.

Non sempre abbiamo preso coscienza della ricchezza di quanto ci è stato offerto. Spesso abbiamo ricevuto senza accorgercene, senza un’assunzione personale dei valori e degli atteggiamenti che ci venivano trasmessi, senza quindi una presa di posizione decisa di fronte ad essi.

Ci sono però momenti particolarmente importanti nella vita, in cui dentro di noi si fa luce sulle esperienze positive che ci vengono donate. Sono i momenti i cui ciascuno è chiamato a fare delle scelte, ad assumere con decisione un proprio progetto di vita che lentamente maturerà, a realizzare questo orientamento secondo le proprie qualità e caratteristiche, a donare ad altri quello che si è ricevuto ed accolto. È il momento della responsabilità che apre alla maturità.

È in questa situazione di vita, chiamata a farsi responsabile e matura, che si innesta l'azione salvifica di Cristo attraverso la Chiesa con il sacramento della Confermazione[1].

La confermazione dona completamento e pienezza

  • della dimensione ecclesiale (i fedeli vengono legati più perfettamente alla Chiesa)
  • pneumatica (sono arricchiti di una speciale forza dello Spirito)
  • missionaria (sono più strettamente obbligati a diffondere e difendere la fede con la parola e la vita fede)[2].

In questo senso si può dire che la Cresima è il sacramento della maturità, non certo di quella psicologica, ma di quella soprannaturale, della abbondanza del dono dello Spirito.

In altre parole con il Catechismo degli adolescenti possiamo dire:
Lo Spirito ci è già stato donato nel Battesimo. Questo dono ci ha aperto la possibilità di iniziare una vita nuova, fatta di fiducia filiale in Dio Padre e di amore fraterno verso gli uomini. Ci ha allora accolto la comunità cristiana, luogo visibile privilegiato per maturare questa crescita. In essa, attraverso l'ascolto della Parola, i segni della salvezza e le positive esperienze di amore, abbiamo potuto conoscere e accogliere i doni di Dio per la nostra vita.

Nel sacramento della Confermazione lo Spirito ci viene offerto come luce e forza, perché la nuova vita si rafforzi, sia assunta con decisione e responsabilità come progetto stabile, venga testimoniata e donata agli altri. Per la forza dello Spirito che ci viene donato la missione di Cristo continua ora nella nostra vita e nella nostra azione. L'unzione con l'olio consacrato e l'imposizione delle mani da parte del vescovo sono il segno dl questo rafforzamento e di questa nuova responsabilità.

La comunità cristiana, che ci aveva accolto come un grembo materno per favorire lo sviluppo della nostra vita nuova, ora ci riconosce come corresponsabili della sua missione di impegno e di testimonianza. Essa, che è strumento efficace di vita e di pace per tutti gli uomini, lo diventa ora anche grazie alla coerenza della nostra vita e del nostro agire.

Questa corresponsabilità va però esercitata nella diversità dei doni e dei servizi che fanno ricca la vita della Chiesa e la rendono capace di molteplici forme di testimonianza e di missione nel mondo. La Confermazione introduce in un cammino di scoperta dei doni specifici che noi possiamo mettere a servizio della crescita della comunità e del mondo.

In tutti i confermati lo Spirito rinnova una tensione missionaria: essere non solo buoni, ma testimoni del Signore risorto nelle forme più varie, spesso umili e nascoste. La testimonianza cristiana sarà fatta non solo da parole, ma dal progetto della nostra vita, inserita nella storia degli uomini, come lievito, come seme.

Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica dice al n. 1303:
«Ne deriva che la Confermazione apporta una crescita e un approfondimento della grazia battesimale:

  • ci radica più profondamente nella filiazione divina grazie alla quale diciamo: «Abbà, Padre» (Rm 8,15);
  • ci unisce più saldamente a Cristo;
  • aumenta in noi i doni dello Spirito Santo;
  • rende più perfetto il nostro legame con la Chiesa;
  • ci accorda una speciale forza dello Spirito Santo per diffondere e difendere con la parola e con l'azione la fede, come veri testimoni di Cristo, per confessare coraggiosamente il nome di Cristo e per non vergognarci mai della sua croce».

Si vede in maniera evidente che le conseguenze della cresima sono caratterizzate da un compimento di una azione già operante. Su questi principi si è consolidata la prassi sacramentale ben riassunta dal Catechismo della Chiesa Cattolica, che andiamo presentando e chiosando.

CCC 1288: «Fin da quel tempo gli Apostoli, in adempimento del volere di Cristo, comunicavano ai neofiti, attraverso l'imposizione delle mani, il dono dello Spirito, destinato a completare la grazia del Battesimo. Questo spiega perché nella lettera agli Ebrei viene ricordata, tra i primi elementi della formazione cristiana, la dottrina dei battesimi e anche dell'imposizione delle mani. È appunto questa imposizione delle mani che giustamente viene considerata dalla tradizione cattolica come la prima origine del sacramento della Confermazione, il quale rende, in qualche modo, perenne nella Chiesa la grazia della pentecoste».

Ricordiamo qui tutto il discorso della presenza dello Spirito Santo nella Chiesa e la sua presenza come costituzione del nuovo popolo di Dio.

CCC 1289: «Per meglio esprimere il dono dello Spirito Santo, ben presto all'imposizione delle mani si è aggiunta una unzione di olio profumato (crisma). Tale unzione spiega il nome di «cristiano» che significa «unto» e che trae la sua origine da quello di Cristo stesso, che «Dio consacrò [ha unto] in Spirito Santo» (At 10,38). Questo rito di unzione è rimasto in uso fino ai nostri giorni sia in Oriente sia in Occidente. Perciò in Oriente questo sacramento viene chiamato Crismazione, unzione con il crisma, o miron, che significa «crisma». In Occidente il termine Confermazionesuggerisce ad un tempo la conferma del Battesimo... e il rafforzamento della grazia battesimale».

come sempre nella vita del cristiano le meraviglie di Dio non sono pensieri, astrazioni, emozioni interiori, ma hanno sempre un elemento concreto attraverso cui sono significate, conferite e rese attuali. Nel battesimo c’è l’acqua, nell’Eucaristia, il pane e il vino, nel matrimonio l’amore concreto dei coniugi…nella Cresima l’unzione.

I segni e il rito della Confermazione

CCC 1293: «Nel rito di questo sacramento è opportuno considerare il segno dell'unzione e ciò che l'unzione indica e imprime: il sigillo spirituale. Nel simbolismo biblico e antico, l'unzionepresenta una grande ricchezza di significati: l'olio è segno di abbondanza e di gioia, purifica (unzione prima e dopo il bagno), rende agile (l'unzione degli atleti e dei lottatori); è segno di guarigione, poiché cura le contusioni e le piaghe e rende luminosi di bellezza, di salute e di forza».

CCC 1294: «Questi significati dell'unzione con l'olio si ritrovano tutti nella vita sacramentale. L'unzione prima del Battesimo con l'olio dei catecumeni ha il significato di purificare e fortificare; l'unzione degli infermi esprime la guarigione e il conforto. L'unzione con il sacro crisma dopo il Battesimo, nella Confermazione e nell'Ordinazione, è il segno di una consacrazione. Mediante la Confermazione, i cristiani, ossia coloro che sono unti, partecipano maggiormente alla missione di Gesù Cristo e alla pienezza dello Spirito Santo di cui egli è ricolmo, in modo che tutta la loro vita effonda il profumo di Cristo (2 Cor 2, 15)».

CCC 1295: «Per mezzo di questa unzione il cresimando riceve ‘il marchio’, il sigillo dello Spirito Santo. Il sigillo è il simbolo della persona, il segno della sua autorità, della sua proprietà su un oggetto –per questo si usava imprimere sui soldati il sigillo del loro capo, come sugli schiavi quello del loro padrone–; esso autentica un atto giuridico o un documento e, in certi casi, lo rende segreto».

CCC 1296: «Cristo stesso si dichiara segnato dal sigillo del Padre suo. Anche il cristiano è segnato con un sigillo: “È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l'unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori” (2 Cor 1,21-22). Questo sigillo dello Spirito Santo segna l'appartenenza totale a Cristo, l'essere al suo servizio per sempre, ma anche la promessa della divina protezione nella grande prova escatologica».

Il sigillo dell’amore di Dio e i tatuaggi dei giovani

Esiste nella vita dei giovani anche se lentamente sta riducendosi, la moda del tatuaggio che si avvicina come simbolo alla parola sigillo e forse riflettere su di esso può aiutarci a capire più in profondità che vuol dire sigillo dello Spirito o almeno a intercettare nelle esperienze dei giovani una possibilità di comprensione maggiore.

È una scena più estiva che primaverile, ma nelle palestre è sempre possibile farne mostra. Un bel tatuaggio ti rende più attraente: una bella ragazza naked avvolta in un serpente sul braccio, una faccia di tigre sulla schiena, un dragone sulla spalla, la faccia di un demonio o di un vikingo, un pentagramma o una stella di David in zona ombelico sono il minimo che si può mostrare. Qualcuno osa anche in parti un po’ più intime, ma è troppo impegnativo da mostrare quotidianamente! Oggi sono di moda anche pesci, rettili, animali di vario genere, stemmi di case costruttrici di moto o automobili, lettere contorte dell’alfabeto sullo stile dei murales della stazione Tiburtina, ideogrammi uncinati o facce stile arte dei Maia, i soliti cuori trafitti, teste di aquila e facce arrabbiate, dichiarazioni estreme: killerborn to loselive to win, personaggi dei fumetti. Esiste anche un tatuaggio religioso, forse un po’ fondamentalista con tanto di crocifisso in pieno petto e guardie che fanno da pendant alla croce: un calvario a tutto campo degno della processione del Venerdì Santo[3].

Una volta, tantissimi anni fa, il tatuaggio era il segno di proprietà che il padrone stampava sullo schiavo o il condottiero sui prigionieri, oggi è un buon passatempo ancora di qualche carcere, ma diventa un elemento di identificazione e di appartenenza a una generazione o a una ricerca quasi religiosa, fatta di simboli esotici. È ancora come il piercing un intervento con dolore sul proprio corpo, una riconquista della corporeità, una dichiarazione di uso e di colore sulla pelle in maniera indelebile. Non è solo una moda, perché ha dei risultati che permangono troppo a lungo rispetto ai tempi della moda e che vanno ben oltre la tendenza del momento. I tatuatori, i più consapevoli, avvisano che una incisione sulla pelle è per sempre, non è come un orecchino o un anello o un piercing, ancor meno come un vestito. È cucirsi addosso una scelta definitiva. Non è una tendenza, non può essere frutto della infatuazione del momento. È qualcosa che, consciamente o no, parla della propria personalità e la mantiene nel tempo.

Qualcuno purtroppo fa come certi papà che infatuati di uno spettacolo televisivo danno nomi dei divi del momento ai figli. Sono simboli, ma anche i simboli sono importanti. Allora si ricorre all’estetista per fare una qualche plastica. Qualcuno riesce a cancellarli a spese di un trapianto di pelle dislocata sulle parti “rotonde”, se sono state rispettate a suo tempo. Già gli antichi avevano avuto questi problemi, soprattutto con Caligola, che ordinava ai membri della sua corte di farsi tatuare o negli anni del tardo impero in cui si imprimevano tatuaggi sui soldati per non farli disertare; c’è in Arcigno (I secolo dopo Cristo) o Marcello, quasi contemporaneo, o in Ezio, fisico latino, una serie di indicazioni per cancellare il tatuaggio a base di nitro, resina di terebinto, punture con spille, sale sulle nuove ferite. Probabilmente esisteva l’arte di creare croste che, quando guarivano, si portavano via anche il tatuaggio, non certo lasciando la pelle fresca come quella di un bambino.

È strano che in un tempo di dilazione all’inverosimile delle proprie scelte definitive, alcuni giovani, non certo giovanissimi, si vogliono scrivere sul corpo, quasi una rivincita sullo spirito in continua incertezza, una traccia indelebile. È ancora a mio avviso una riconquista della corporeità, un ritorno alla materialità del proprio corpo per avere un aiuto a decidere nel proprio spirito. Forse ne è responsabile il rifugio nel virtuale, nel computer, nelle immagini. In esso si vivono anche le relazione affettive che hanno assolutamente bisogno del corpo, di un viso, di un sorriso, di emozioni vere, di sentimenti, di pugni forse e di confronto fisico.

Per altri il desiderio di incidere e di marchiare il proprio corpo con un tatuaggio è una sorta di atto trasgressivo, esotico e primitivo, una dichiarazione di guerra senza pentimento, una appartenenza a un mondo altro, a una categoria che si distanzia dal marcio che c’è. Non è sufficiente mettersi tutto il giorno le cuffie per prendere le distanze; è troppo poco, bisogna tagliare netto, col proprio corpo, con la faccia della mia anima. Confesso che una forza di volontà di questo tipo mi affascina. Ho idea che presto nascerà una congregazione di frati o suore che hanno scoperto di essere fatti per qualcosa di più grande nello studio di un tatuatore, si chiami questo tattoo communication o il gladiatore o on the road tattoos: sarà la congregazione dei tatuati! Non avranno problemi di scelte definitive[4].

Il sigillo dello Spirito è in questa direzione, nella direzione di un dono totale, deciso, pubblico, determinato, ma soprattutto di un dono di Dio senza pentimento. È prima di tutto gioia donata da Dio, ancor prima che impegno di sequela dell’uomo; è offerta di sé, senza se e senza ma, è dono di Dio alla nostra fragile vita piuttosto che sforzo nostro di rispondere. È Dio che si fa nel suo corpo il tatuaggio indelebile della croce, che scrive nella sua carne i segni di un amore definitivo e che viene comunicato al cresimando come sigillo. 


Note

[1] Cfr. CdG 1.

[2] Cfr. F.Lambiasi, Lo Spirito Santo, mistero e presenza, EDB.

[3] Attorno al tatuaggio è sorto un mercato, fatto di tatuatori, di tecnici degli strumenti e degli inchiostri, di riviste specializzate. Non siamo più all’artigianato locale dell’amico o, meglio, dell’amica, nel sottoscala durante le bellissime, interminabili ferie, in un paese esotico. Lì, ora ci si adatta solo a farsi pettinare e “ingessare” i capelli in minutissime treccine che resistono proprio solo per far vedere agli amici che si è stati alle Maldive o alle Bahamas. Siamo all’arte, al design, allo studio, all’intervento programmato, a sedute calcolate, a tatuatori confederati nella T.A.I.
Ho incontrato un giorno sul pendolino Roma-Firenze una ragazza che prima timidamente, poi con tanta disinvoltura mi parlava del suo hobby: tatuatrice. Arrotondava così il suo salario e sapeva convincere a farsi sottoporre alla penitenza parecchi clienti. Le ho chiesto se c’era qualche possibilità di farmi tatuare come prete: mi ha decisamente sconsigliato.
I ferri del mestiere sono box a cinque aghi e tre punte, tavolozza plastica a 6 fori, Iron Eagle, Cobra, Orion, Fly, Storm (le marche più in voga di strumenti in acciaio Inox), macchine a 12 wrap, telai per linee, riempimenti e sfumature, pedale con jack grande o piccolo, Clip Cord, matite ectografiche, sterilizzatori, colours homogenizeddime per saldare aghi e stringere punte, raccolta di disegni a non finire... Accanto ai ferri un supporto video per l’enciclopedia. Per eventuali ragazzi non coraggiosi, che se la fanno ancora sotto, si può prendere qualche tatuaggio decalcomania da pelle, che si toglie con l’alcool. In genere in uno studio per tatuaggi, buco più buco meno, non è impresa difficile fare anche piercing.

[4] Cfr. Sigalini, Meglio una carezza, un bacio, LDC 2005.


 [Catechesi e pastorale]