Lo studio è faticosissimo, ma tanti non se ne accorgono. Dicono: “Beato te che studi, mentre gli altri debbono lavorare!” Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Educazione e cultura.
Il Centro culturale Gli scritti (18/9/2022)
Studiare vuol dire addentrarsi ogni volta di nuovo in zone sconosciute. Senza potersi fidare di ciò che leggi, obbligato a confrontare autore con autore e con la realtà e a tenere in sospeso, fino ad una prova.
Per questo è tensione, se vuoi dire il vero, se vuoi scrivere sapendo che altri dovranno giudicare il tuo lavoro, sapendo che non si deve mentire nella ricerca.
Sapendo soprattutto che ciò che si scrive o si dice orienta poi altri e apre strade giuste o sbagliate. Chi studia, sa che, se indirizza su di una via cieca e senza verità, altri la seguiranno e vi perderanno inutilmente tempo e fatica.
Studiare è essere obbligati ad aprire sempre nuovi file, perché man mano che ti inoltri in una ricerca, ti accorgi che devi poi verificare altre cose, approfondirne altre ancora, andare ad indagare cose che non avevi messo in conto.
Se vuoi studiare la Roma altomedioevale, devi poi capire Costantinopoli e la situazione bizantina e perché non riusciva poi più ad intervenire nell’urbe. Ti accorgi poi che per capire cosa succede a Costantinopoli devi capire dell’avanzata degli arabi e degli avari e per capire di costoro devi poi occuparti degli armeni e così via. Si aprono capitoli su capitoli, sempre nuovi.
Così, se si vuole seguire e capire il presente, ogni giorno bisogna aprirsi a questioni sempre nuove e mai ancora esplorate. Spesso sei tu che devi proporre questioni inedite al presente. Devi seguire il dibattito che si apre ogni giorno su problemi e fatto che accadono, ma bisogna sempre riandare al passato per vedere come vennero già affrontate, se è vero che historia magistra vitae.
La testa “si stanca”, perché lo studio non è questione solo astratta, ma implica l’utilizzo del corpo – con la postura che stanca - e del cervello che sono impegnati nella ricerca.
Bisogna dirlo anche ai seminaristi e ai preti che debbono faticare nello studio, cioè che debbono amare con la tenacia della ricerca e dell’impegno intellettuale.
E non dimentichiamo che è ciò che dice la stessa Bibbia: «Ancora un avvertimento, figlio mio: non si finisce mai di scrivere libri e il molto studio affatica il corpo» (Qo 12,12).