A chi cresce servono adulti stabili, di Alberto Pellai
Riprendiamo sul nostro sito un post di Alberto Pellai pubblicato sul suo profilo FB il 16/8/2022. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Catechesi degli adulti.
Il Centro culturale Gli scritti (10/10/2022)
Per un adolescente, gli adulti rappresentano l’esempio vivente di ciò che lui diventerà. Per questo noi adulti abbiamo il compito (e anche la responsabilità educativa) di testimoniare la bellezza e la pienezza dell’adultità.
Non vuol dire fingere di avere vite perfette. Bensì, l’esatto contrario. Significa essere consapevoli che la vita va rispettata, celebrata, abitata sapendo che spesso “accade” nel modo più imprevisto e faticoso. Ma ciò nonostante, che rappresenta la più grande occasione che abbiamo per evolverci e dare senso a ciò che siamo.
Oggi l’adultità viene da molti vissuta come un tempo di eterna adolescenza. Si celebra il “ricominciamento” come un valore assoluto raccontandolo spesso come un mandare all’aria tutto ciò che c’era e c’è stato prima, per inventare un nuovo “se stesso” più soddisfacente e appagante. I social, in questo senso, diventano palcoscenici mai spenti su cui si mette in scena il proprio “giorno nuovo”.
Fa bene questo a chi sta crescendo? Probabilmente no. Da sempre l’adultità è un tempo di “sana stabilità” in cui tutte quelle incertezze sperimentate da adolescente (non so chi sono né chi diventerò, ce la farò?, la vita ha un posto per me?) trovano il loro “posto nel mondo” in una versione stabile e consapevole di se stessi.
Ora so chi sono, so cosa ci sto a fare nella mia vita: questo è essere adulti. Non vuol dire produrre una versione rigida di sé. Vuol dire semplicemente sapere chi si è, lavorando affinché la propria identità adulta coincida il più possibile con l’idea di chi si sarebbe voluti diventare. Più queste due dimensioni sono vicine e contigue tra loro, meno c’è bisogno di ricominciamenti.
Oggi, troppe persone raccontano che nella loro adultità sono diventate diverse dalle persone che avrebbero voluto essere. Così smontano l’adulto che sono per inventarne un altro. E poi un altro ancora. E magari un altro ancora.
La società liquida di cui parlava Baumann è fluida e senza certezze. È tutta un ricominciamento. Nessuno però afferma l’enorme valore della stabilità, che troppi oggi raccontano come grigiore, noia, routine.
La persona stabile invece è spesso una persona consapevole e molto responsabile. Sa chi è. E ama stare lì, in quel posto esatto in cui ha imparato a collocarsi.
Perché è lì che è riuscita a diventare esattamente la persona che voleva essere. Per cui non ha alcun bisogno di ricominciamento.
Gli adolescenti oggi soffrono anche perché gli adulti sono troppo instabili. Sono così incerti su ciò che vorrebbero essere e desiderano, da non divenire più riferimenti stabili per chi cresce.
Nessuno parla di quanto male faccia l’instabilità adulta a chi sta crescendo. Tutti celebrano il ricominciamento.
A chi cresce non servono adulti ricomincianti. Servono adulti stabili. […]