1/ Santa Chiara con l’Ostensorio per fermare le truppe arabe di Federico II che assediava Assisi (dalla Vita di Santa Chiara di Tommaso da Celano) 2/ [L’assedio di Assisi da parte dei saraceni di Federico II e l’intervento di santa Chiara d’Assisi in difesa della città. Con l’ostensorio, ma anche con la diplomazia?]. Chiara con un personaggio tanto discusso [frate Elia], di Felice Accrocca 3/ Stupor Mundi [e il possibile Battesimo ricevuto da Federico II nel Duomo di Assisi, dove anche Francesco e Chiara vennero battezzati], di Elvio Lunghi 4/ Il Miracolo Eucaristico di Santa Chiara di Assisi dipinto nella parrocchia di Sant’Ippolito in Roma
1/ Santa Chiara con l’Ostensorio per fermare le truppe arabe di Federico II che assediava Assisi (dalla Vita di Santa Chiara di Tommaso da Celano)
Riprendiamo sul nostro sito un brano da Tommaso da Celano, Leggenda di Santa Chiara Vergine, in Fonti Francescane, Padova, 2011 III Edizione, Editrici Francescane, nn. 3201-3202, con una breve introduzione de Gli scritti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Medioevo e San Francesco d’Assisi. Cfr. in particolare, La povertà e la clausura di santa Chiara e il suo coinvolgimento nel mondo. Chiara, Federico II e il regno di Boemia, Appunti di Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (14/8/2022)
N.B. de Gli scritti
Santa Chiara è spesso rappresentata nell’iconografia con l’ostensorio in mano a ricordo del miracolo con cui salvò Assisi dalla distruzione dei mercenari arabi di Federico II che intendevano conquistare la città e saccheggiarla, su suo comando. È noto l’utilizzo di truppe musulmane da parte di Federico II, meno noto è che, pochi anni dopo il duplice assedio di Assisi del 1240 e del 1241, in seguito al perpetuarsi di rivolte arabe al centro della Sicilia, Federico II decise la guerra contro i musulmani dell’isola e, una volta sconfittili, deportò i superstiti in Puglia, a Lucera, ponendo fine con tali campagne del 1245-1246 alla presenza araba in Sicilia (cfr. su questo Federico II: una reconquista "sterminatrice", di Ferdinando Maurici. Per una introduzione alla figura di Federico II, cfr. Castel del Monte e Federico II: il vero “mistero” di un imperatore medioevale, di Andrea Lonardo).
Giovan Battista Moroni, Santa Chiara, 1548
Tommaso da Celano, Leggenda di Santa Chiara Vergine, in Fonti Francescane, Padova, 2011 III Edizione, Editrici Francescane, nn. 3201-3202
21. Piace a questo punto raccontare i portenti delle sue orazioni, con altrettanta aderenza alla verità quanto sono degni di venerazione. In quel periodo travagliato che la Chiesa attraversò in diverse parti del mondo sotto l’impero di Federico, la valle Spoletana beveva più spesso delle altre il calice dell’ira. Erano stanziate lì, per ordine imperiale, schiere di soldati e nugoli di arcieri saraceni, fitti come api, per devastare gli accampamenti, per espugnare le città.
E una volta, durante un assalto nemico contro Assisi, città particolare del Signore, e mentre ormai l’esercito si avvicina alle sue porte, i Saraceni, gente della peggiore specie, assetata di sangue cristiano e capace di ogni più inumana scelleratezza, irruppero nelle adiacenze di San Damiano, entro i confini del monastero, anzi fin dentro al chiostro stesso delle vergini.
Si smarriscono per il terrore i cuori delle Donne, le voci si fanno tremanti per la paura e recano alla Madre i loro pianti. Ella, con impavido cuore, comanda che la conducano, malata com’è, alla porta e che la pongano di fronte ai nemici, preceduta dalla cassetta d’argento racchiusa nell’avorio, nella quale era custodito con somma devozione il Corpo del Santo dei Santi.
22. E tutta prostrata in preghiera al Signore, nelle lacrime parlò al suo Cristo: «Ecco, o mio Signore, vuoi tu forse consegnare nelle mani di pagani le inermi tue serve, che ho allevato per il tuo amore? Proteggi, Signore, ti prego, queste tue serve, che io ora, da me sola, non posso salvare». Subito una voce, come di bimbo, risuonò alle sue orecchie dalla nuova arca di grazia: «Io vi custodirò sempre!». «Mio Signore – aggiunse – proteggi anche, se ti piace, questa città, che per tuo amore ci sostenta». E Cristo a lei: «Avrà da sostenere travagli, ma sarà difesa dalla mia protezione». Allora la vergine, sollevando il volto bagnato di lacrime, conforta le sorelle in pianto: «Vi dò garanzia, figlie, che nulla soffrirete di male; soltanto abbiate fede in Cristo!». Né vi fu ritardo: subito l’audacia di quei cani, rintuzzata, è presa da spavento; e, abbandonando in tutta fretta quei muri che avevano scalato, furono sgominati dalla forza di colei che pregava. E subito Chiara ammonisce quelle che avevano udito la voce di cui sopra ho parlato, dicendo loro severamente: «Guardatevi bene, in tutti i modi, dal manifestare a qualcuno quella voce finché io sono in vita, figlie carissime».”
2/ [L’assedio di Assisi da parte dei saraceni di Federico II e l’intervento di santa Chiara d’Assisi in difesa della città. Con l’ostensorio, ma anche con la diplomazia?]. Chiara con un personaggio tanto discusso [frate Elia], di Felice Accrocca
Riprendiamo dal sito sanfrancescopatronoditalia.it un articolo di Felice Accrocca pubblicato il 30/11/2001 (https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/approfondimenti_francescani/chiara-con-un-personaggio-tanto-discusso-35036). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Medioevo e San Francesco d’Assisi.
Il Centro culturale Gli scritti (14/8/2022)
Per lungo tempo Chiara è vissuta all’ombra di Francesco. Il rapporto con il Santo di Assisi – colui che dopo Dio era stato, per lei e per la sua comunità, «colonna», «unica consolazione» e «sostegno» – ha filtrato in modo determinante la rilettura della sua esistenza, fino a svisarne alcuni tratti essenziali. Del resto, condizionamenti e anomalie nell’interpretazione della sua figura non mancarono né mentre era ancora in vita né subito dopo la sua morte.
Vorrei tornare oggi a parlare di lei mettendo a fuoco i suoi rapporti con la città di Assisi e in specifico il ruolo da lei avuto nella difesa della città di Assisi dalle truppe di Federico II, perché il fatto contribuisce a restituirci la sua fisionomia umana e cristiana. Come sappiamo, per ben due volte, nel 1240 e nel 1241, la città assediata dalle truppe imperiali fu sul punto di capitolare.
I saraceni menzionati nelle fonti erano infatti di stanza nell’Italia meridionale ed erano al soldo di Federico II. Per ben due volte la città scampò alla distruzione e al saccheggio, con tutto quel che ne sarebbe seguito.
In tutte e due le occasioni gli assisani ne attribuirono il merito alla badessa di S. Damiano. Nel corso del processo di canonizzazione, Ranieri di Bernardo da Assisi affermò a riguardo senza alcuna titubanza: «fermamente se crede da tutti li cittadini che, per le oratione et meriti della dicta madonna santa Chiara, fo defeso lo monasterio, et la città fu liberata dalli nemici». La città, dunque, riconobbe in Chiara la propria salvatrice. Si tratta di un dato assodato, al di sopra di ogni sospetto.
Peraltro, se consideriamo il fatto che ben dieci sorelle su quindici riferirono, nella loro deposizione, intorno a questi eventi, e che delle rimanenti una (Cristiana di Cristiano de Parisse) era entrata in monastero dopo i fatti, mentre altre due resero testimonianze nel complesso alquanto scarne forse perché la lunga malattia di cui erano state vittime non aveva consentito loro di assistere personalmente a gran parte degli avvenimenti, si può ipotizzare con buona fondatezza che fossero i giudici stessi ad avanzare alle sorelle specifiche domande in proposito; in definitiva, si può supporre che la griglia di domande volte a indagare su vita, conversio, conversatio e miracula di Chiara di Favarone da Assisi, contenesse anche un esplicito riferimento teso ad acclarare i ben noti fatti che avevano portato alla salvezza della città. L’intervento della badessa di S. Damiano ebbe dunque una risonanza generale.
C’è tuttavia da chiedersi come mai gli abitanti di Assisi avessero subito accolto con favore una simile versione dei fatti quando in realtà nessuno di loro aveva potuto vedere quel che era accaduto all’interno del monastero; inoltre, poteva bastare a dei cittadini in pericolo l’assicurazione che una comunità religiosa aveva pregato intensamente per acquisire la convinzione che proprio da quelle sorores fosse dipesa la loro salvezza? Non possiamo certo pensare che ad Assisi, in quel difficile frangente, pregasse solo la comunità di S. Damiano.
Le compagne di Chiara – le quali deposero alcuni anni dopo l’episodio con l’obiettivo di attestare la santità della loro madre – rilessero gli eventi in chiave soprannaturale. È indubbio che Chiara pregasse intensamente in quei momenti difficili e che abbia chiesto di fare altrettanto alle proprie consorelle; neppure si può (né si vuole) escludere che nella propria preghiera ella si sia sentita rassicurata dall’Altissimo e quindi abbia a sua volta rassicurato le sorelle. In ogni caso, ciò non basta a spiegare la reazione degli assisani, che lascia supporre qualcos’altro: con tutta evidenza, essi erano a conoscenza di fatti a noi inaccessibili, vale a dire avevano notizia di qualche altra iniziativa presa dalla badessa di S. Damiano, la cui efficacia essi avevano potuto concretamente verificare.
Di quale iniziativa poté trattarsi? Proviamo ad avanzare un’ipotesi. Dalle fonti siamo a conoscenza degli stretti rapporti intercorsi tra Elia, Chiara e le sorelle, rapporti che – stando almeno a quanto testimonia Tommaso da Eccleston – non si interruppero neppure dopo la deposizione dell’ex ministro generale.
Ora, come sappiamo da Salimbene de Adam – durissimo e parziale nei riguardi di Elia, ma anche ben informato sul suo conto –, negli anni 1240-1241 l’ex ministro, passato ormai dalla parte dell’imperatore, cavalcava accanto a Federico II e dimorava con lui continuando a indossare l’abito dei frati; quando lo Svevo, tra il 1240-1241, assediò Faenza e Ravenna, Elia («iste miser», lo apostrofa il cronista con un misto di rabbia e disprezzo) rimase al suo fianco, dandogli «consiglio e favore».
In quegli stessi anni in cui le truppe imperiali assalivano la città umbra, Elia – assisano, fortemente legato a Chiara e alla sua comunità – era dunque a stretto contatto con Federico II al punto da poter anche esercitare su di lui una qualche influenza. Non è perciò possibile pensare che, nell’imminenza del pericolo, Chiara si sia rivolta all’ex ministro generale – magari inviandogli quale messaggero uno dei frati dimoranti presso il monastero di S. Damiano – perché intercedesse a favore della città?
Ecco allora spiegato il motivo per cui l’ordine di ritirata, emanato dall’imperatore stesso, sarebbe giunto alle truppe proprio quando ormai Assisi stava per capitolare. D’altronde, l’intercessione di Elia, riconciliatosi con la Chiesa solo alla vigilia della morte, sopraggiunta anche per lui nel 1253, spiegherebbe di per sé bene il silenzio poi calato sui fatti, dal momento che non sarebbe stato affatto prudente sottolineare l’amicizia di Chiara con un personaggio tanto discusso.
Non uno, dunque, ma due salvatori della città? Certo, non possiamo essere troppo asseverativi nell’avanzare tale ipotesi. Essa verrebbe comunque ad aggiungere alla storia l’anello mancante, senza il quale troppe cose rimarrebbero da spiegare. Essa, inoltre, non toglierebbe nulla alla grandezza di Chiara, il cui ruolo è ricordato tuttora dagli assisani che ogni anno fanno memoria di quegli eventi con la cosiddetta Festa del voto; al tempo stesso, ci aiuterebbe forse a inquadrare in una luce più oggettiva la figura di un uomo che fu indubbiamente difficile, ma che Francesco amò e scelse come suo successore e Chiara stimò al punto di ritenere i suoi consigli «più preziosi di qualsiasi dono».
3/ Stupor Mundi [e il possibile Battesimo ricevuto da Federico II nel Duomo di Assisi, dove anche Francesco e Chiara vennero battezzati], di Elvio Lunghi
Riprendiamo dal sito sanfrancescopatronoditalia.it un articolo di Elvio Lunghi pubblicato il 25/08/2017 (https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/francescanesimo/stupor-mundi-41394). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Medioevo e San Francesco d’Assisi.
Il Centro culturale Gli scritti (14/8/2022)
"Noi che siamo stati con lui e che di lui abbiamo scritto queste cose, rendiamo testimonianza di averlo sentito dire a più riprese: «Se avrò occasione di parlare con l'imperatore, lo supplicherò che per amore di Dio e per istanza mia emani un editto, al fine che nessuno catturi le sorelle allodole o faccia loro del danno»." (CAss 12).
Questo episodio è riferito dalla Compilatio Assisiensis nel racconto della morte di Francesco, avvenuta alla Porziuncola la sera del 3 ottobre 1226. Era allora imperatore Federico II di Svevia, e chissà che Francesco non lo abbia incontrato davvero in vita.
Federico era nato nel 1194 a Jesi, nella Marca Anconitana. La madre, Costanza di Altavilla, lo aveva affidato ancora infante a una nobildonna di Nocera Umbra, sposa di Corrado di Urslingen, duca di Spoleto e conte di Assisi.
Tra il dicembre 1177 e il gennaio 1178 la rocca di Assisi aveva ospitato l'imperatore Federico I Barbarossa, nonno paterno di Federico II.
È tradizione che il piccolo Federico fosse battezzato nella cattedrale di Assisi, anche se non se ne hanno le prove. Comunque è probabile che Federico abbia trascorso i primi tre anni di vita nei confini della Valle Spoletana, tra Spoleto, Foligno e Assisi, prima che la morte del padre Enrico VI convincesse la madre a richiamare il figlio in Sicilia.
In seguito Federico percorrerà più volte con i suoi eserciti le strade dell'Umbria, vi farà costruire castelli e farà esporre il proprio nome o il proprio volto alle porte di chiese e di città.
Nel 1979 Silvestro Nessi, instancabile ricercatore in Montefalco, scoprì un busto imperiale con una testa imberbe coronata all'esterno della grande quadrifora meridionale della chiesa superiore di San Francesco, insieme a un secondo busto con una testa barbuta e una sorta di cuffia in testa. Nessi vi riconobbe i ritratti dell'imperatore Federico II di Svevia e del suo logoteta Pier delle Vigne, e indicò altri esempi di busti imperiali presenti sulle facciate di chiese umbre.
Le due statue risalivano ai tempi di fra Elia, ma probabilmente erano state messe in opera in seguito alla sua deposizione da ministro generale. Mi occupai anch'io di queste statue in un articolo uscito nel 1996, proponendone un preciso collegamento con un fatto avvenuto nel 1236. Nel settembre 1235 Gregorio IX si era portato con la sua corte ad Assisi per la festa di san Francesco. Qui fu raggiunto dal vicario imperiale, Pier delle Vigne, che lo informò dei timori di Federico II per la situazione in Terrasanta, dove la città di Acri si rifiutava di sottomettersi ai rappresentanti imperiali.
Federico II era in quel tempo a Worms in Germania, per sposare in terze nozze Isabella d'Inghilterra. Gregorio IX gli inviò una lettera, per informarlo di avere avuto notizia di segreti tentativi tesi a incrinare i buoni rapporti in corso tra la Chiesa di Roma e l'Impero tedesco, ma di essere estraneo alla congiura.
Probabilmente l'incontro tra Gregorio IX e Pier delle Vigne avvenne nel palazzo papale di Assisi, e è probabile che anche fra Elia fosse presente al colloquio. L'anno seguente, il 17 maggio 1236, Federico II inviò da Marburg una lunga lettera a fra Elia, per riferirgli di avere assistito alla solenne esumazione della salma di santa Elisabetta di Ungheria, la sposa del landgravio di Turingia Ludovico IV, morto a Barletta nel 1227 mentre si apprestava ad attraversare il mare per recarsi con l'esercito imperiale in Terrasanta.
Rimasta vedova in ancor fresca età, Elisabetta non volle risposarsi, benché fosse di stirpe reale, e si votò a una vita di penitenza sotto l'obbedienza dei frati Minori. Morì a Marburg nel 1231. Nel 1235 Gregorio IX la canonizzò a Perugia. Federico descrisse a Elia il sincero entusiasmo che provava verso Elisabetta, per i miracoli da lei compiuti. Nel corso della cerimonia di esumazione, l'imperatore aveva posto sul capo di Elisabetta una corona d'oro, per incoronarla regina come non gli era riuscito di fare in vita. La lettera si chiudeva con una richiesta di preghiere personali, da estendersi all'intero Ordine dei frati Minori.
Il busto imperiale scoperto all'esterno del finestrone, dal quale entra la luce che illumina la vasta aula papale della chiesa superiore, equivale a una simbolica intercessione di grazie. L'imperatore vi compare come se fosse il sole. E come se fosse il sole l'imperatore viene ammirato dall'altro personaggio presente all'esterno del finestrone; nel quale va riconosciuto un ritratto di fra Elia, identificato dal berretto armeno indossato da Elia nel Crocifisso un tempo presente nella navata della basilica superiore, dipinto da Giunta Pisano nel 1236. Poco prima di morire Francesco si preoccupava della sorte delle allodole. Quanto diverso l'atteggiamento di fra Elia: ai piedi di Cristo nel Crocifisso in chiesa, ai piedi dell'imperatore all'esterno dello stesso edificio.
4/ Il Miracolo Eucaristico di Santa Chiara di Assisi dipinto nella parrocchia di Sant’Ippolito in Roma
Riprendiamo dal sito della parrocchia di Sant’Ippolito in Roma la presentazione della tela con il miracolo di Santa Chiara che fa allontanare i saraceni da Assisi (https://www.santippolito.org/parrocchia-santippolito-roma/la-chiesa/miracolo-di-s-chiara/). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Medioevo e San Francesco d’Assisi.
Il Centro culturale Gli scritti (14/8/2022)
Nel 1960, in occasione del 25° anno della parrocchia, l’allora parroco Padre Agatangelo da Cuneo propose la realizzazione di due opere artistiche che, affiancate all’affresco di S. Ippolito, completassero l’abside della chiesa.
Si pensò a due personaggi francescani: San Lorenzo da Brindisi e Santa Chiara di Assisi. Furono scelti i bozzetti di Franco Casetti realizzati poi su tela. Vennero benedette il 23 ottobre 1960 dal Card. Luigi Traglia, Pro-Vicario per la diocesi di Roma, all’apertura delle attività del 25° anno parrocchiale.
La tela del “Miracolo Eucaristico di Santa Chiara di Assisi” rappresenta la santa con l’ostensorio tra le mani e dei soldati in fuga. Fa riferimento a quando Assisi venne minacciata dall’esercito dell’imperatore Federico II. Santa Chiara, particolarmente devota all’Eucaristia, fu portata presso le mura della città con in mano la pisside contenente il Santissimo Sacramento: i suoi biografi raccontano che l’esercito, a quella vista, si dette alla fuga.