La distruzione di Ronciglione da parte dei rivoluzionari francesi nel 1799, scesi in Italia per assalire lo Stato pontificio
Riprendiamo un brano da S. Quilici (a cura di), con testi di S. Quilici e V. Berneschi, Ronciglione e il lago di Vico itinerari turistici, Roma, Palombi Editori, 2011, p. 54, rimandando anche agli studi del Centro Ricerche e Studi di Ronciglione. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Rivoluzione francese.
Il Centro culturale Gli scritti (31/7/2022)
Nel corso del 1799 i moti antifrancesi della prima Repubblica Romana sconvolsero la quotidiana tranquillità di Ronciglione. Con atto tanto incosciente quanto eroico, infatti, i suoi cittadini insorsero contro l’esercito francese che in quegli anni stava per conquistare la maggior parte d’Europa.
Dopo aver deliberato l’occupazione dello Stato Pontificio, il Direttorio di Parigi inviò a Roma un’armata, parte della quale il 16 febbraio 1798 passò per Ronciglione, dove piantò l’albero della libertà nell’allora piazza della Nave. Poco dopo, deportato Papa Pio VI e proclamata a Roma la Repubblica Tiberina, si insediò a Ronciglione una amministrazione repubblicana che accese, in un primo momento, gli entusiasmi di parte della popolazione.
Ma ben presto i ronciglionesi si accorsero che la Repubblica non manteneva le promesse fatte e abbatterono l’albero della libertà. Qualcuno osò addirittura sparare contro una colonna dell’esercito francese comandata dal Generale Kelleman.
Questi non tardò a scatenare la rappresaglia con un saccheggio della città che ebbe come solo risultato quello di scatenare un sentimento antifrancese nella popolazione e che aprì la strada alla resistenza ronciglionese contro l’esercito francese, di nuovo di passaggio a Ronciglione il 27 luglio 1799.
La rappresaglia straniera per l’affronto subito, che fu guidata da due famiglie locali rivali che colsero l’occasione per tentare di assumere il predominio sulla città, ebbe esiti disastrosi. L’incendio appiccato dalle truppe francesi comandate dal Generale Valterre, che divampò dal 28 al 30 luglio 1799,fu violentissimo: provocò 82 morti, tra cui quattro canonici e due sacerdoti, distrusse 174 edifici, comprese le case dei più facoltosi cittadini, e mandò in fumo l’altare Maggiore e il Tabernacolo Eucaristico del Duomo e l’intero Palazzo Camerale a Montecavallo, che non fu più ricostruito.
Durante l’incendio furono depredate inoltre le suppellettili delle principali chiese e confraternite, date alle fiamme le carte dell’Archivio Capitolare e di quelli Comunale e dello Stato di Ronciglione.
Partiti i francesi, tre giorni dopo arrivarono in città numerosi briganti che svaligiarono qualche magazzino e, non trovando molto da depredare, atterrarono l’albero della libertà che era stato di nuovo innalzato dai francesi.
Il colpo assestato a Ronciglione con l’incendio da parte dei giacobini francesi fu così forte ed ebbe ripercussioni talmente gravi in tutti i settori amministrativi ed economici, che da allora iniziò un profondo declino dal quale la città nel corso dell’Ottocento, nonostante l’imponente opera di ricostruzione, non si è più pienamente ripresa