Tolkien al figlio: “Fai la Comunione in un ambiente che urti i tuoi sentimenti”, di Annalisa Teggi
Riprendiamo dal sito Aleteia un articolo di Annalisa Teggi, pubblicato il 26/7/2022. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Liturgia e Tolkien; cfr, in particolare, J.R.R.Tolkien ed il cattolicesimo, a partire dal suo epistolario. Il cristianesimo come chiave interpretativa de Il Signore degli Anelli, di Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (10/10/2022)
Tolkien, la voce di un padre
Mi dispiace molto che tu ti senta depresso. Spero sia in parte dovuto alla tua indisposizione. Ma temo che sia soprattutto dovuto al lavoro, e anche che si tratti di una malattia universale (qualunque lavoro uno faccia) che colpisce quelli della tua età.
J.R.R. Tolkien al figlio Michael, 1 novembre 1963
Queste parole, scritte dal genio del Signore degli Anelli, sono l’incipit di una lettera privata in cui parla un padre e non lo scrittore famoso. In risposta al figlio Michael che, all’età di 40 anni, gli accennava a un momento di crisi personale e anche spirituale, Tolkien rispose con una lettera davvero paterna, nel senso che lo sentiamo padre anche noi che leggiamo le sue parole 60 anni dopo.
È sempre pericoloso, e spesso sbagliato, infilarsi nelle carte private di uno scrittore. Lo si fa mossi dal desiderio di conoscerlo di più e capire più a fondo la sua opera. Ma non è così. C’è un abisso tra la persona e l’autore. Chesterton e Lewis – per rimanere in un contesto limitrofo a Tolkien – sconsigliavano di leggere le biografie degli scrittori. Erano entrambi chiari nel dire che raramente l’uomo è all’altezza delle cose che scrive, anzi spesso e volentieri è pessimo rispetto alle sue opere. Perché la vera scrittura non è espressione egocentrica, ma una voce che si apre a un dialogo intimo con qualcosa che eccede. Dante ammise, nel XXIV del Purgatorio, che scrivere significava prendere appunti da Amore.
Specifico questo passaggio, per evitare una svista. In breve: non commenterei il Signore degli Anelli usando la biografia di Tolkien, ma possiamo ispirarci alla sua vita privata se come uomo – ed è questo il caso – ci è padre nella fede.
Ed il tema in cui si tuffa per aiutare suo figlio in un momento di depressione e crisi spirituale è di quelli sempre scabrosi: la chiesa mostra segni e pose che non sono all’altezza di Cristo.
Lo scandalo della Chiesa
Si fa sempre fatica a farci i conti e a renderne ragione agli altri. Mi riferisco a quel tipo di domande: “Come fai a credere in Dio dopo aver saputo dei preti pedofili?”. I membri della chiesa sono un’ombra fievole e talvolta sporca di quel Dio incarnato che tradiscono e amano. Ed è un mistero su cui Gesù giocò d’anticipo, erigendo a roccia Pietro, proprio all’indomani dei suoi tradimenti recidivi durante la Passione.
Andare in crisi di fronte agli scandali della chiesa è esperienza comunissima, che Tolkien trasforma in occasione di prova per aiutare il figlio Michael a discernere il vero punto dolente, dietro ciò che si mostra come un’accusa alla chiesa.
Non puoi conservare una religione senza una chiesa e dei ministri di Dio […]. Il vino prezioso in questo mondo deve avere una bottiglia che lo contenga, o comunque qualcosa che vale meno.
J.R.R. Tolkien, ibid.
La verità è una cosa semplice. La bottiglia di champagne non sarai mai preziosa quanto lo champagne. E il contenitore deve avere delle caratteristiche umili, proprio per custodire bene il nettare al suo interno. La chiesa vale meno di Cristo (cioé è a suo servizio). E chi è poi la Chiesa? I parrocchiani antipatici, i preti pedofili, i peccatori che predicano? La chiesa sono innanzitutto io. Se usassimo questa come la cartina di tornasole, allora sarebbe molto evidente che “io sono meno di Cristo”. Lungi dall’essere solo motivo di scandalo, questo sguardo di umiltà è anche fonte di gratitudine. Ci è affidato lo champagne, anche se siamo una bottiglia di vetro riciclato.
Il discrimine dello sguardo è indicato da Tolkien con una frase folgorante.
Una parte di verità resta sempre nascosta, in luoghi irrangiungibili dal cinismo.
Se osserviamo la realtà con la lente astratta del cinico, cioé di chi si basa sulla logica del dito puntato contro gli altri, la prospettiva sarà monca dell’essenziale. Se la lente d’ingrandimento sul mondo parte dalla constatazione della propria miseria personale, c’inoltreremo in zone ardite di accoglienza.
Il nostro amore può raffreddarsi e la nostra volontà può essere indebolita dallo spettacolo dei difetti, della follia e persino dei peccati della Chiesa e dei suoi ministri, ma non penso che chi una volta ha avuto la fede la perda per questi motivi (meno che mai uno che possieda una conoscenza storica). Lo “scandalo” al massimo è occasione di tentazione.
J.R.R. Tolkien, ibid.
La tentazione di non credere è sempre dentro di noi
Dall’accusa alla chiesa si passa alla tentazione che abita dentro di noi. È un salto enorme di coscienza. È la nostra anima sul banco di prova, non la condotta altrui.
La tentazione di “non credere” (che in realtà significa il rifiuto di Nostro Signore e delle Sue richieste) è sempre dentro di noi. Una parte di noi anela a trovare una scusa fuori di noi per mollare.
Io ho sofferto dolorosamente nella mia vita a causa di preti stupidi, stanchi, ignoranti o persino cattivi; ma ora mi conosco abbastanza bene da sapere che non lascerò la Chiesa (che per me significherebbe lasciare l’alleanza con Nostro Signore) per una qualsiasi di queste ragioni: la lascerei se non credessi , e non crederei nemmeno se incontrassi qualche sacerdote saggio e santo.
J.R.R. Tolkien, ibid.
Un padre lo riconosci. E qui nessuno più di Tolkien è padre nel togliere suo figlio (e noi) dalla palude che impedisce la libertà di un’anima. Il padre incoraggia dando testimonianza. E l’invito è chiaro: metti al centro di tutto il tuo rapporto con Cristo, se qualcosa deve andare in crisi è quello, non usare il paravento della scusa sulla chiesa che è imperfetta.
Fai la Comunione in un ambiente che urti i tuoi sentimenti
Manca un ultimo tassello, essenziale. La chiesa non è uscita di scena, Tolkien non sta suggerendo a suo figlio Michael di fare piazza pulita del mediatore e testimone tra cielo e terra. In tanti sarebbero disposti a credere a Dio, dando un calcio a tutti i suoi ministri. Credere a un Onnipotente che passa dalla voce di creature zoppicanti è un boccone duro da mandar giù.
A dire il vero non è un boccone, è proprio ginnastica. Chiunque pratichi uno sport a livello agonistico è tenuto a fare una visita medica di cui fa parte anche la cosiddetta prova sotto sforzo. Non l’ho mai fatta, ho assistito a quelle dei miei figli. Il medico monitora l’attività cardiaca sottoponendo l’atleta a uno sforzo che cresce di intensità.
Vale anche per gli atleti di Cristo. La chiesa è – non solo, ma anche – la nostra benedetta prova sotto sforzo. Per arrivare davvero a Lui, Cristo ci ha piantati in mezzo a una comunità umana. Fatta non di gente simpatica, non di cinture nere di virtù, ma di nostri simili … cioé voci balbettanti e cuori fiaccati da inciampi di ogni tipo. Ecco allora l’esercizio folle che Tolkien suggerisce al figlio Michael:
L’unico rimedio contro il vacillare e l’indebolirsi della fede è la Comunione. […]. La frequenza garantisce il massimo effetto. Sette volte alla settimana è più efficace che sette volte dopo lunghi intervalli. Inoltre ti raccomando questo esercizio (ahimè! è fin troppo facile trovare il modo di praticarlo): fai la tua Comunione in un ambiente che urti i tuoi sentimenti.
Scegli un sacerdote che borbotta e tira su col naso oppure un frate orgoglioso e volgare; e una chiesa piena della solita folla borghese, bambini maleducati … giovani sporchi e con le camicie sbottonate, donne in pantaloni e spesso coi capelli arruffati e senza velo. Vai a fare la Comunione insieme a loro (e prega per loro).
J.R.R. Tolkien, ibid.
La tentazione di voltare le spalle a Cristo o di ridurlo a un placebo fatto a nostra immagine è questa full immersion nella Sua presenza nella chiesa reale. Guardando l’altro, quello che suscita la nostra irritabilità, amarezza, noia, rabbia … ci stiamo guardando allo specchio. La chiesa testimonia che Dio non ha respinto le mie parti impresentabili. E pregare per il parrocchiano fastidioso non è un atto di carità e di altruismo, è dire grazie e rallegrarsi della misericordia di Dio che non ha rifiutato i miei limiti ed errori nei suoi confronti.
Quanto a me, mi sembra di diventare meno cinico invece che più cinico – ricordando i miei peccati e le mie follie; e mi rendo conto che i cuori degli uomini spesso non sono così cattivi come le loro azioni, e molto raramente così cattivi come le loro parole.
J.R.R. Tolkien, ibid.