Lorenzo Valla, canonico lateranense, le sue ricerche sulla Donazione di Costantino e la sua tomba in Laterano, di Federico Corrubolo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 31 /07 /2022 - 21:30 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito, per gentile concessione, un testo di  Federico Corrubolo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Storia e Filosofia. Cfr., in particolare, A. Lonardo, Lorenzo Valla e la dimostrazione della falsità della Donazione di Costantino: brevi note storiche in forma di recensione ad un volume di Giovanni Maria Vian.

Il Centro culturale Gli scritti (31/7/2022)

S. Giovanni in Laterano, lapide 
tombale di Lorenzo Valla (Chiostro)

Ecco come riassume la vita di Lorenzo Valla Gian Maria Vian nel suo volume La Donazione di Costantino (Bologna, 2004):

«la vita e opere dell'intellettuale romano trovarono nella critica enfatizzata e spesso violentemente polemica il loro denominatore comune: un «attaccabrighe» (homo rixosus) lo definirà senza mezzi termini un secolo dopo il riformatore Filippo Melantone. Lasciata nel 1431 Roma per l’impossibilità di assumere un incarico curiale a causa dell’ostilità di altri umanisti - con i quali naturalmente era entrato in contrasto - Valla si trasferì a Piacenza e poi all’università di Pavia, […] passò a Milano, poi a Genova e a Firenze, approdando finalmente nel 1435 alla corte napoletana di Alfonso V di Aragona, al servizio del sovrano, che proprio allora avviò una politica di contrapposizione al papa […]. Al Concilio di Basilea già Niccolò Cusano (1401-1464) aveva presentato nel 1433 un’opera, il De concordantia catholica, che fin dal titolo esprimeva la sua intenzione volta a superare i laceranti contrasti nel mondo cristiano e a ricercare al suo interno una conciliazione armonica tra il papa e l’imperatore, […] era perciò indispensabile riallacciarsi alle tradizioni ecclesiastiche più autorevoli e di sbarazzarsi invece di quelle meno antiche e insostenibili, tra le quali... la donazione costantiniana. […] Niccolò Cusano si limita a sottolineare che il racconto della donazione dipende dalla storia di San Silvestro, cioè da un testo anonimo e certo non autorevole, che è inconciliabile con le notizie attestate da fonti antiche ben più attendibili, come il Chronicon di san Girolamo, con il suo giudizio fortemente negativo del primo imperatore cristiano» (Vian, 2004, 118-119).

Valla scrisse nel 1440 con tutt’altro spirito Il De falso credita et ementita Constantini donatione, […] che esordisce con l'esibizione, insistita in prima persona, dei suoi intenti (e meriti) critici, vera e propria chiave di lettura dell'opera: «Molti, anzi moltissimi sono i libri da me scritti in quasi tutti i campi del sapere dove io dissento da quanto hanno affermato alcuni autori, grandi e ormai da lungo tempo apprezzati».

Valla inizia sottolineando l'inverosimiglianza della donazione: quale sovrano, al posto di Costantino, l’avrebbe fatta, rinunciando a Roma e a tutto l’Occidente? […] per chi la sostiene spiegandola come segno di riconoscenza per la guarigione dalla lebbra la risposta è ancora più netta (e filologicamente sottile): questa è una favola derivata dalla storia biblica di Naaman, risanato da Eliseo, proprio come quella del drago, a sua volta ricalcata sulla leggenda del drago fatto morire dal profeta Daniele...

Enumera quindi nei più minuti dettagli varie incongruenze. Tra queste la concessione alla sede romana del primato, ricevuto da Cristo, da parte di un Costantino appena convertito, l’inclusione di Costantinopoli tra le sedi patriarcali prima della fondazione della città e la menzione delle basiliche romane dedicate a Pietro e a Paolo prima ancora che venissero edificate...

Valla rientrò a Roma nel 1448 e sotto i due successori di Eugenio IV, entrambi a lui favorevoli – l’umanista Niccolò V e Callisto III, Alfonso Borgia, già suo collega a Napoli, divenne canonico di san Giovanni e poté dedicarsi con più tranquillità all’insegnamento universitario e ai suoi studi, fino alla morte avvenuta nel 1457.

La tomba di Lorenzo Valla era in realtà nel peribolo intorno all’abside, accanto alla tavola di bronzo fatta da Cola di Rienzo nel 1346 con la lex de imperio Vespasiani e finita in basilica alla caduta del suo governo.

Una stampa di Tobias Fendt del 1574 raffigura la tomba di Valla quando era ancora al suo posto in Basilica

Peribolo dell’abside (disegno di M. Van Heemskerk 1535; 
Berlino, Kupferstichkabinett) e pianta della Basilica
nel 1646 (Vienna, Bibl. Albertina. AZ Rom 373a)
Tobias Fendt, Tomba di Lorenzo Valla a San Giovanni in Laterano, 
in Monumenta sepulcrorum cum epigraphis ingenio
et doctrina excellentium virorum, Breslau, 1574, XXVI.

Nella prima edizione a stampa del De falso credita, apparsa il 15 marzo 1506 a Strasburgo si legge un commento emblematico: “Valla ha detto il vero dimostrando falsa la donazione di Costantino, ma ha inveito contro il romano pontefice in modo troppo protervo, troppo arrogante e, a dire la verità, troppo bestiale (nimium bestialiter). Se si fosse espresso con più moderazione, questo libretto potrebbe essere approvato dal diritto della legge”. (Vian 2004, 119-121).

Nel 1520, l'opera di Valla fu ristampata a Basilea come parte del De donatione Constantini quid veri habeat di Ulrich von Hutten, umanista tedesco schierato con Roma ma molto polemico nei confronti della Chiesa.

Di lì iniziò la sua fortuna in campo protestante. Nel 1547, Agostino Steuco pubblicò una smentita alle tesi di Valla (Contra Laurentium Vallam de falsa donatione Constantini libri duo). La Donazione non poteva essere un falso tardivo, perché ne esistevano versioni greche che secondo Steuco potevano risalire al IV secolo d.C., l’epoca di Costantino. Anche se il greco si tornava a leggere, mancava però una conoscenza approfondita della stilistica. Il testo greco della donazione risale in realtà al sec. IX-X.

Nel 1564 Valla finì nell'Index auctorum et librorum prohibitorum. Nel 1583 Gregorio XIII poi riaffermò l’autenticità della Donazione di Costantino facendone affrescare varie scene nella sala delle carte geografiche in Vaticano.

Nel 1576 Gregorio XIII fece spostare la tavola bronzea di Cola di Rienzo dal peribolo di San Giovanni al Campidoglio, dopo avervi trasferito il governo civile di Roma. Quasi certamente la tomba di Valla fu rimossa in quella circostanza e la lapide fu spostata nel Chiostro. Parte della lapide venne impiegata come materiale di rinforzo per i lavori del Palazzo del Laterano. Rimase nel chiostro solo la parte superiore.

Nel 1588 Erno van Buchel, un seminarista olandese cerca invano in Basilica la tomba di Valla ed apprende che è stata rimossa a motivo della sua opera sulla donazione di Costantino. Si trattava dunque di una damnatio memoriae. Le sue opere erano state considerate vantaggiose per i protestanti, fornendo argomenti a sostegno delle loro critiche alla Chiesa in generale e al papato in particolare. Il problema teologico ed ecclesiologico era il fondamento del potere temporale del Papato: conferito da Cristo a Pietro e ratificato da Costantino con la consegna dell’Impero oppure del tutto indipendente dal potere dell’Impero?

Nella Controriforma prevalse la prima ipotesi: tutto il potere, anche quello civile, era stato dato al Papa. La dimostrazione della fragilità storica intrinseca della Donazione aveva convinto i più grandi intellettuali della Chiesa di quel tempo, Cesare Baronio e Roberto Bellarmino a non aderire alla linea ufficiale del papato che presto fu abbandonata.

Se Sisto V (1585-1590) nel Palazzo del Laterano ritrae ancora Costantino che consegna il documento sulla tomba di Pietro, già nel transetto di Clemente VIII (1592-1605) il documento non appare più, e Costantino consegna solo doni votivi.

Soltanto durante la Restaurazione si pensò di riabilitare la memoria di Lorenzo Valla, rileggendone la figura e l’opera. Francesco Cancellieri era un dotto studioso di storia (1751-1826), una classica figura di erudito impegnato nello studio e nella classificazione delle antichità romane, in una prospettiva di esaltazione della potestà papale e del governo pontificio come prosecutore e conservatore della vocazione universalistica della città.

Emblematica è la sua opera che descrive le cerimonie pontificie e cardinalizie, uscita nel 1796. Come tutti gli uomini della sua generazione vide l’attacco rivoluzionario allo Stato della Chiesa sia nel 1798 che nel 1809-1814.

Nominato canonico di san Giovanni nel 1801, accompagnò Pio VII all’incoronazione di Napoleone nel 1804. Nella Restaurazione, affermatosi a partire dallo “stile impero” napoleonico il gusto neoclassico, la sua erudizione antiquaria e “romanistica” cadde in discredito.

Fu allora che probabilmente Lorenzo Valla gli apparve, oltrechè come suo predecessore nel canonicato lateranense, come colui che aveva dimostrato l’indipendenza della Chiesa dal potere civile; questa fu forse la molla che spinse ad onorarne la memoria, in un tempo in cui il potere civile aveva minacciato di annientare la Chiesa stessa.

Lesse l’opera di Onofrio Panvinio che nel 1570 aveva visto tomba e lapide di Valla: Panvinio diceva che Valla era stato sepolto a terra, la sua pietra tombale lo ritraeva a figura intera con un’iscrizione che Panvinio aveva ricopiato.

Cancellieri aveva letto pure la descrizione di San Giovanni scritta da Giovanni Mario Crescimbeni, il quale nel 1723 sosteneva che Valla era stato sepolto nel transetto; ma Crescimbeni equivocò Panvinio che invece indicava il peribolo circolare alle spalle dell’abside nell’antica basilica come luogo della sepoltura: e Cancellieri lo seguì nell’errore.

Quando trovò nel chiostro una pietra tombale di una sepoltura a terra, che ritraeva un uomo vestito a figura intera con un abito quattrocentesco, si convinse di aver ritrovato la lapide di Valla. Fece rifare la tomba nel “luogo originario”, mettendo su una lapide l’iscrizione copiata da Panvinio (Diario di Roma del 29 ottobre 1825, no. 86, pp. 19–21).

A LORENZO VALLA, FIGLIO DI LUCA, NATO A ROMA, MA ORIGINARIO DI PIACENZA, SCRIBA APOSTOLICO DI NICOLA V, SEGRETARIO DI CALLISTO III, E UFFICIALMENTE PROCLAMATO CANONICO DELLA BASILICA LATERANENSE, CHE VISSE CIRCA 51 ANNI [E] MORÌ IL 1 ° AGOSTO 1457. PER CONSERVARE LA MEMORIA DI QUEST'UOMO ERUDITISSIMO, FU ERETTA [UNA TOMBA] DA CATARINA SCRIBANI DI PIACENZA, SUA MADRE, NEL TERRENO FUORI DALLA CAPPELLA DEL PRESEPE, E DAL 1600 FU CONSERVATA NEL CHIOSTRO. FRANCESCO CANCELLIERI, DA ROMA, NELL'ANNO SANTO 1825, CURÒ DI PORLA CON ONORE ALL'INTERNO DELLA STESSA CAPPELLA, ESSENDO DECANO ARCIPRETE L'EMINENTISSIMO CARDINALE GIULIO MARIA DELLA SOMAGLIA [E] FRANCESCO MARAZZANO VISCONTI, PREFETTO DEI SACRI PALAZZI EMINENTI PERSONALITÀ PIACENTINE

Cancellieri morì nel 1826. I primi dubbi sul suo lavoro cominciarono alla fine dell’Ottocento. Il suo intento di ricordare Valla come demolitore dell’influsso del potere civile sulla Chiesa era fallito. Lorenzo Valla era stato ripescato dalla cultura anticlericale europea nella seconda metà del secolo così come lo era stato nell’età protestante.

Così ricorda Gian Maria Vian: Nel 1861 Johann Friedrich Schröder aveva pubblicato un libello polemico sulla storia dei papi con lo pseudonimo «Lorenzo Valla II», nel 1877 John Addington Symonds aveva definito l'umanista un Davide opposto «al Golia della Chiesa» che per primo ne aveva assalito la «tradizione tirannica nel mondo moderno» e nel 1879 Alcide Bonneau - editore di testi rari ed erotici - tradusse in francese lo scritto di Valla, premettendogli uno studio aspramente polemico. In Italia fu l'anticlericalismo risorgimentale ad alimentare dopo la presa di Roma gli studi su Valla, da quello di Alessandro Paoli nel 1872 ai contributi biografici di Luciano Barozzi e di Girolamo Mancini, pubblicati entrambi nel 1891, sino alla traduzione di Giovanni Vincenti del 1895, seguita mezzo secolo più tardi da quella edita con prefazione di Gabriele Pepe, ultimo discendente di questo indirizzo storiografico militante. «Se l'Italia attuando il disegno del Valla avesse infranto allora il duplice giogo papale, quanti dolori non avrebbe evitato!», esclamava Barozzi, consolato però dagli eventi recenti: «Noi d'altra parte vedemmo gli ultimi avanzi di questa vecchia istituzione cader sotto i colpi dell'umano incivilimento. Ecco perché il vecchio umanista sorge ora dall'oblio in tutto il suo splendore». E anche Mancini si diceva convinto che il potere temporale «riuscì sempre a scindere la morale dalla fede, la civiltà dalla religione» e sicuro che «le aspirazioni del Valla divennero realtà dopo 430 anni, il 20 settembre 1870». (Vian, 2004, 205-206).

Nel 1891 Girolamo Mancini nella sua biografia di Lorenzo Valla fece notare che lo scultore della pietra tombale era “mediocre” e raccogliendo notizie sulla statura di Valla notò una certa differenza fra la lunghezza della tomba e quella della statura di altri suoi presunti ritratti. Nel 1910, Gerald S. Davies, nel suo monumentale studio delle tombe scolpite del XV secolo a Roma affermò senza esitazione che la statua rappresentasse Valla. Era un po' perplesso, però, dall'abbigliamento della figura. Se il defunto era uno studioso, si chiedeva, perché indossava una berretta e un colletto con tagli, come appare sull'abito dei primi “senatori” di Roma nel secolo XIV – XV? Solo nel 1911 lo studioso Philippe Lauer scoprì la stampa di Fendt che nel 1574 aveva visto per ultimo la tomba intera. A quel punto fu chiaro che il moncone marmoreo rimasto nel chiostro dopo i lavori della fine del ‘500 era tutto ciò che rimaneva della vera tomba di Lorenzo Valla.

In conclusione, il canonico di San Giovanni che scoprì la falsità della donazione di Costantino fu onorato dopo circa quattro secoli con una tomba falsa… Che è anch’essa una fonte storica!

Bibliografia

- Jan L. de Jong, De Sepulcro Laurentii Vallae quid veri habeat. Tracing the Tomb Monument of Lorenzo Valla in St. John Lateran, Rome in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 94 (2014), 94-128. https://perspectivia.net/receive/ploneimport4_mods_00001210

- A. Lonardo, Lorenzo Valla e la dimostrazione della falsità della Donazione di Costantino: brevi note storiche in forma di recensione ad un volume di Giovanni Maria Vian, Roma, 2005. https://www.gliscritti.it/approf/2007/saggi/lvalla/lvalla.htm#sdfootnote9sym

- A. Petrucci, voce Cancellieri Francesco in Dizionario biografico degli italiani, https://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-cancellieri_(Dizionario-Biografico)/