1/ Nicaragua, il pugno di ferro di Ortega. Sacerdoti ostili trattati come «golpisti». Il Parlamento, controllato dal governo, ha «invitato la giustizia» a processare preti e vescovi critici. «Hanno fomentato le proteste del 2018». Tagliati i fondi all'Università Uca dei gesuiti, di Lucia Capuzzi 2/ Managua. Espulse dal Nicaragua le suore di Madre Teresa: «Violano leggi antiterrorismo», della Redazione Internet di Avvenire 3/ Nicaragua. Fuga a nuoto dalla dittatura di Ortega: ecco i corsi gratis per i migranti. Trecento persone ogni anno muoiono annegate nel Rio Grande per scampare alla repressione del regime ed emigrare negli Usa, di A. Per.

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 03 /07 /2022 - 23:01 pm | Permalink | Homepage
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1/ Nicaragua, il pugno di ferro di Ortega. Sacerdoti ostili trattati come «golpisti». Il Parlamento, controllato dal governo, ha «invitato la giustizia» a processare preti e vescovi critici. «Hanno fomentato le proteste del 2018». Tagliati i fondi all'Università Uca dei gesuiti, di Lucia Capuzzi 

Riprendiamo da Avvenire un articolo di Lucia Capuzzi pubblicato il 7/5/2022. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Giustizia e politica internazionale.

Il Centro culturale Gli scritti (3/7/2022)

Ortega 

«Sobillatori» che, nei loro sermoni, diffondono «l’odio e la rabbia» nei confronti del governo. «Complici del colpo di stato»: per questo «meritano di essere processati» mentre «le loro comunità e associazioni dovrebbero essere oggetto di indagini approfondite». L’oggetto del violento j’accuse del Parlamento nicaraguense – sotto il controllo del presidente Daniel Ortega – sono i sacerdoti, i vescovi e l’intera Chiesa cattolica.

In un testo, appena approvato, l’Assemblea nazionale ha “invitato” la giustizia a mettere sotto inchiesta il clero per aver dato protezione ai manifestanti pacifici durante la repressione delle proteste del 2018. La cosiddetta “rivolta d’aprile” fu stroncata nel giro di qualche mese dal pugno di ferro orteguista.

Nel sangue. La Commissione interamericana per i diritti umani parla di almeno 350 vittime. A partire da allora, centinaia di persone sono state arrestate in cicliche retate e condannate a lunghe pene. Tuttora, in carcere ci sono 170 prigionieri per ragioni politiche.

Tra loro, i sette aspiranti candidati alle presidenziali dello scorso novembre, vinte senza reale opposizione da Ortega per la quarta volta, di cui la terza consecutiva. Di tutto questo, però, il rapporto del Parlamento non fa menzione.

Al contrario, l’esecutivo viene presentato come bersaglio di un intento di destabilizzazione feroce, in cui rimasero uccisi numerosi sostenitori. I familiari di questi ultimi «hanno chiesto pene più severe nei confronti degli ecclesiastici e direttori di organizzazioni per i diritti umani che si sono lanciati nell’avventura golpista».

I deputati, pertanto, sono già all’opera per modificare il codice penale. Il testo dell’Assemblea è l’ultimo di una serie di attacchi di Ortega – che, come la moglie e vicepresidente Rosario Murillo si dichiara cattolico praticante – verso la Chiesa, l’unico spazio di libertà rimasto in un contesto sempre più restrittivo.

Più volte la coppia ha pronunciato incendiarie dichiarazioni contro preti e vescovi «golpisti». A marzo c’è stata l’espulsione del nunzio, Waldemar Stanislaw Sommertag, protagonista di due intenti di dialogo tra il governo e l’opposizione. Poi c’è stato il taglio dei fondi all’Università centroamericana di Managua (Uca) dei gesuiti.

Con la recente riforma della legge per l’educazione, l’ateneo viene classificato come «privato» e pertanto escluso dai contributi pubblici che consentivano di elargire centinaia di borse di studio. Poco dopo, lo stesso presidente ha minacciato di rendere illegale il suo Istituto di storia della Uca.

Il giro di vite potrebbe, però, rientrare in un complesso “gioco al rialzo” con la comunità internazionale. In particolare con gli Usa. È evidente che la crisi ucraina e la “nuova Guerra fredda” tra Washington e Mosca sta rimescolando le “carte politiche” in America Latina.

Un nuovo giro di valzer delle alleanze, come dimostra la vicenda del venezuelano Nicolás Maduro – nonché fedele amico di Managua – che lo stop al petrolio russo starebbe riportando nelle grazie di Joe Biden.

Anche Ortega è ansioso di approfittare dell’ansia di Washington di isolare la Russia e di spezzare le reti da questa costruite con Cuba, Nicaragua e Venezuela. Secondo quanto riferito dal New York Times, il figlio Laureano – consulente dell’esecutivo e potente uomo d’affari – avrebbe cercato un «avvicinamento discreto» con l’Amministrazione democratica negli ultimi tempi. Il principale obiettivo è ottenere l’alleggerimento delle sanzioni decise dal dipartimento di Stato nei confronti dei vertici del regime. Finora gli Usa non sembrano disposti a desistere dalla “linea rossa” del rilascio dei prigionieri politici. Washington, però, è abituata a muoversi a geometria variabile sull’asse amico-nemico. La partita è aperta.

2/ Managua. Espulse dal Nicaragua le suore di Madre Teresa: «Violano leggi antiterrorismo», della Redazione Internet di Avvenire

Riprendiamo da Avvenire un articolo della Redazione Internet di Avvenire pubblicato il 30/6/2022. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Giustizia e politica internazionale.

Il Centro culturale Gli scritti (3/7/2022)

Continua l'attacco del regime di Daniel Ortega in Nicaragua contro la Chiesa cattolica. Dopo l'espulsione del Nunzio apostolico lo scorso marzo, e dopo le minacce a vescovi e sacerdoti, ora sono state mandate via dal Paese anche le suore di Madre Teresa.

Lo fa sapere monsignor Silvio José Baez, vescovo ausiliare di Managua: "Mi rattrista molto che la dittatura abbia costretto le suore Missionarie della Carità di Teresa di Calcutta a lasciare il Paese. Nulla giustifica il privare i poveri della cura della carità. Sono una testimonianza del servizio amorevole che le sorelle hanno reso. Dio vi benedica".

Colpite dall'ordine di espulsione sono state 101 organizzazioni civiche e caritatevoli, tra cui appunto le Missionarie della Carità. Il pretesto è che questi gruppi non rispettano gli obblighi previsti dalla legislazione nazionale. Già lo scorso aprile il Parlamento aveva bandito 25 ong, molte delle quali avevano criticato apertamente l'operato del governo.

Le Missionarie della Carità operavano in Nicaragua dal 1986, da quando cioè madre Teresa di Calcutta aveva visitato il Paese e il presidente era, anche all'epoca, Daniel Ortega. A Granada hanno gestito fino ad oggi un centro di accoglienza per adolescenti abbandonati o abusati.

Per il governo del Nicaragua, guidato da Daniel Ortega e la moglie Rosario Murillo, le Missionarie della Carità devono lasciare il Paese perché non hanno rispettato le leggi sul "finanziamento del terrorismo e sulla proliferazione delle armi di distruzione di massa". È questa la giustificazione fornita dalla Direzione generale di Registro e controllo delle organizzazioni senza scopo di lucro del ministero degli Interni; la stessa motivazione con cui sono state messe al bando molte ong.

Il ministero degli Interni, nel caso delle suore di Madre Teresa di Calcutta, aggiunge che la congregazione religiosa porta avanti attività per le quali non ha avuto autorizzazioni da parte dei ministeri per la Famiglia, della Pubblica Istruzione e della Sanità.

La decisione del governo Ortega dovrebbe essere ratificata dal Parlamento.

3/ Nicaragua. Fuga a nuoto dalla dittatura di Ortega: ecco i corsi gratis per i migranti. Trecento persone ogni anno muoiono annegate nel Rio Grande per scampare alla repressione del regime ed emigrare negli Usa, di A. Per. 

Riprendiamo da Avvenire un articolo a firma A. Per. pubblicato il 12/4/2022. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Giustizia e politica internazionale.

Il Centro culturale Gli scritti (3/7/2022)

"Nicaragua, el gulag centroamericano". Il titolo del Pais di un anno fa spiega in modo sintetico il Paese centroamericano. "Quelli che prima sostenevano l'ex dittatore Anastasio Somoza, poi sono diventati ribelli Contra negli anni '80, infine oggi sono gli scagnozzi di Daniel Ortega", dicono gli oppositori del regime. Ma la storia del Nicaragua si comprende meglio con un grandangolo sugli oppressi: 100mila persone hanno lasciato il Paese negli ultimi anni per scappare dalla violenta repressione del regime di Ortega. E, tra quelle, 300 persone ogni anno non ce la fanno a fuggire e muoiono annegati nel Rio Grande, e con loro anche la speranza di raggiungere gli Stati Uniti.

Dopo la violenta repressione dei moti di piazza dell'aprile del 2018, con oltre 400 morti tra le barricate di Managua, ora la repressione sta diventando chirurgica; si cercano i nemici casa per casa, si censura qualsiasi voce critica. Il governo di Ortega è arrivato a togliere carta e inchiostro ai giornali. Il tutto sullo sfondo di una crisi economica aggravata da una pandemia che Ortega ha negato fino all'ultimo. Il matrimonio tra neoliberismo e populismo, il mix di sussidi e deregolamentazione dei diritti dei lavoratori, che aveva sostenuto tra il 2008 e il 2016 una crescita del Pil superiore al 5%, si è arrestata. La situazione economica è sempre più preoccupante e la scure della repressione non risparmia neanche gli imprenditori, che pure avevano beneficiato del "laissez faire" del governo.

Oggi dal Nicaragua si vuole fuggire, in ogni modo. E il protocollo è quasi sempre lo stesso. I migranti nicaraguensi escono dal Paese in bus e raggiungono il Guatemala dove incontrano i 'coyote', i trafficanti che aiutano i migranti a nascondersi all'interno delle auto alla volta del Messico.

Qui però c'è l'ostacolo più arduo da superare: il Rio Grande. Il fiume lungo più di duemila chilometri rappresenta la frontiera naturale tra Messico e Stati Uniti, ed è noto per le sue forti e pericolose correnti nei giorni di piena. Ultima barriera prima della richiesta di asilo politico negli Stati Uniti e quindi della salvezza, il fiume che nasce nelle Montagne Rocciose del Colorado diventa troppo spesso un cimitero per centinaia di nicaraguensi.

Il perché lo spiega un rapporto dell'ufficio dogane degli Stati Uniti: "I trafficanti promettono ai migranti un aiuto per navigare il fiume in barca, chiedendo in cambio somme molto elevate, ma spesso non rispettano gli impegni presi e i migranti si trovano costretti a traversare il fiume a nuoto". I testimoni parlano di circa cinquemila dollari versati a gruppi criminali che trasportano i migranti insieme alla droga. Anzi, peggio. Si tratta di "narcos" che non si fanno scrupoli ad attirare l'attenzione delle autorità americane sui migranti per contrabbandare droga pochi metri più in là.

Nonostante questo però solo tra gennaio 2020 e febbraio 2022 sono stati intercettati 111mila nicaraguensi in fuga. Le torture e gli stupri dentro le carceri del Paese, le violenze delle autorità e gli arresti arbitrari, denunciano gli attivisti per i diritti umani, spesso fanno più paura della morte per annegamento. Eppure, c'è chi non si rassegna all'idea che occorre scegliere tra vivere senza libertà e morire ricercandola.

Dopo che lo scorso mese altre quattro donne sono morte annegate, la città di Esteli, 150 chilometri a nord di Managua, ha deciso di organizzare corsi di nuoto e sopravvivenza. I social e le radio li pubblicizzano e molte donne sole, disoccupate o con un reddito appena sufficiente a comprare cibo per i figli stanno decidendo di iscriversi. Perché questi corsi sono gratuiti e non è poco. Chi fugge dalla dittatura di Ortega spende una somma che varia dai 5mila ai 14mila dollari e non ci sono abbastanza risorse per dei corsi di nuoto. Mario Venerio, un bagnino con trent'anni di esperienza, ha deciso di mettere i suoi talenti a servizio di queste persone in fuga. "Oltre al nuoto insegno le tecniche di sopravvivenza e i primi soccorsi", dice Venerio.

Non è la prima volta che il nuoto serve la causa delle migrazioni. Nel 2015 la nuotatrice siriana Yusra Mardini riuscì a salvare da un naufragio 18 persone. È il 2015, la guerra devasta la Siria e Yusra decide di mettersi in viaggio. Si imbarca insieme ad altre 18 persone su un gommone che ne può contenere al massimo nove. Nel bel mezzo del viaggio verso la Grecia un temporale si abbatte sull'imbarcazione. Il barcone sta lentamente affondando, quando Yusra si tuffa in acqua e con altri due uomini la tiene a galla, trascinando la barca per tre ore e mezzo fino all'approdo sull'isola di Lesbo. "Scappavo dalle bombe", disse allora Yusra.

Oggi invece i nicaraguensi fuggono dalla repressione. La Commissione interamericana sui diritti umani (IACHR) nel suo report pubblicato lo scorso 14 marzo conferma che nelle carceri nicaraguensi "ci sono maltrattamenti, restrizioni alimentari, assenza di cure e mancato rispetto dei protocolli contro il covid nonché minacce e molestie alle famiglie in visita". Molti studenti e giornalisti denunciano anche oggi l'utilizzo da parte delle forze dell'ordine di "waterbording e scosse elettriche". Le persone fuggono dal Nicaragua con una frequenza media di 4mila persone al mese.

Persino un ex fedelissimo del presidente come McFields Yescas, ex giornalista di Canal 12, sostiene: "Nel mio Paese c'è la dittatura, impossibile difenderla". Centinaia di donne e uomini stanno imparando a nuotare per fuggire da questo "gulag centroamericano".