Libere di essere madri, di Cristina Comencini
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Cristina Comencini pubblicato il 30/05/2022 su La Repubblica. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Educare all’affettività.
Il Centro culturale Gli scritti (31/5/2022)
Leggiamo quasi ogni giorno articoli, ascoltiamo discorsi sul patologico calo della natalità italiano. Ora anche Elon Musk se ne interessa e ci dice che siamo in via di estinzione.
Pochi secondo me arrivano al nodo centrale, alla ragione profonda della sparizione dei bambini in Italia. Ne parlano come se un pifferaio magico li avesse portati e nascosti nella caverna. Dove sono? Perché non nascono? Cosa si deve fare? Si parla anche giustamente dei servizi assenti, dell'eroismo che è richiesto in Italia ai genitori quando decidono di fare un bambino. Tutto questo è vero ma io credo che ci sia un fattore non visto più importante: fare un bambino non ha mai avuto un vero valore pubblico riconosciuto, non ha più un valore privato.
La maternità nella Storia è sempre stata un prodotto dell'amore e del sesso, fino all'introduzione della pillola era un destino delle donne o un terrore, e spesso si ricorreva all'aborto.
Una delle conquiste più importanti del movimento femminista è stato sganciare il sesso dalla procreazione. La sessualità libera delle donne e degli uomini è la grande scoperta della nostra epoca. Fare l'amore fortunatamente può non produrre più inevitabilmente un bambino ma può ancora produrlo? Questa è la domanda? "Ancora" è un avverbio importante in questa questione, indica la persistenza di qualcosa che dovrebbe continuare a verificarsi, a esistere.
C'è ancora un legame tra l'amore, il sesso e il bambino? Esiste ancora un rapporto tra il reciproco desiderio dell'uomo e della donna e il desiderio di generare? Secondo me esiste ancora (le indagini Istat lo confermano), potente ma inespresso, castrato, negato da numerosi imperativi sociali, culturali, estetici.
L'idea errata che la maternità sia quella di prima, quella delle donne nel privato, quella di sempre, ne impedisce la trasformazione in un sentimento nuovo, libero, moderno, bello e utile alla comunità. Le giovani donne hanno paura di dover rinunciare alla carriera, paura di partorire (aumento vertiginoso dei cesarei) quando il parto indolore è ormai pratica, hanno paura di perdere il loro corpo di ragazze, hanno paura di non essere all'altezza, hanno paura di essere sole. E tutto questo viene loro confermato ogni giorno, nessuno dice loro che è proprio l'inverso: che procreare è importante come lavorare, che si fa in due, che le società private e pubbliche dovrebbero avere al primo posto questo valore perché una donna e un uomo genitori assicurano molte cose in più di una popolazione senza figli.
La maternità nuova deve diventare un problema politico, dello Stato, e devono essere messe in pratica tutte le azioni non solo per "assistere" le donne (siamo sempre in attesa ) ma per mettere al centro dell'agenda politica la procreazione, che non è più un tema privato delle donne ma una questione di tutti, portata dalle donne libere a tutta la società. Le giovani donne di oggi dovrebbero imporre a gran voce, come un tempo la generazione precedente ha imposto la libertà sessuale, la loro libertà di essere madri, di desiderare un corpo anche per fare nascere un'altra, un altro.