Chi sono i due testimoni nell’Apocalisse?, di Giancarlo Biguzzi. Brani di difficile interpretazione nella Bibbia XXX

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 31 /05 /2022 - 23:47 pm | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo da G. Biguzzi, Gli splendori di Patmos, Milano, Paoline, 2007, pp. 92-95, un brano che presenta la figura dei due testimoni nell’Apocalisse. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri testi di difficile interpretazione della Bibbia vedi la sezione Brani di difficile interpretazione della Bibbia. Per ulteriori approfondimenti vedi la sezione Sacra Scrittura e, in particolare, Apocalisse

Il Centro culturale Gli scritti (31/5/2022)

Da una voce (che potrebbe essere quella di Dio ma anche quella del Cristo) vengono […] introdotti i due testimoni: «Darò la città ai miei due testimoni». La loro identità è delineata con le immagini che descrivevano i protagonisti della rinascita di Gerusalemme al rientro dall'esilio babilonese, il ricostruttore civile Zorobabele e il sommo sacerdote Giosuè. Secondo il profeta Zaccaria, essi erano «gli olivi a destra e a sinistra del candelabro» (Zc 4,3.11-14), e qui (con le variazioni usuali a Giovanni) i due Testimoni sono «i due olivi e i due candelabri». Sono testimoni di Dio e del Cristo che svolgeranno una difficile missione profetica per 1260 giorni, e quindi per tutto il tempo in cui le genti calpesteranno la città santa (quarantadue mesi):

«“Darò (la città) ai miei due testimoni che,
vestiti di sacco, profetizzeranno
per milleduecentosessanta giorni”.
Essi sono i due olivi
e i due candelabri
che stanno al cospetto del Signore della terra» (Ap 11,3-4).

Con una certa ridondanza si dice poi che Dio protegge i suoi profeti, avendoli dotati del potere di distruggere i loro nemici con il soffio infuocato della loro bocca, espressione proverbiale che ricorre anche in 2Ts 2,8. Hanno, poi, i poteri sia di Mosè che di Elia. Come il primo, possono cambiare l'acqua in sangue e, come il secondo, possono chiudere il cielo perché non cada più pioggia:

«Se qualcuno vuole fare loro del male,
fuoco esce dalla loro bocca
e divora quei loro nemici.
Se (cioè) qualcuno vorrà fare loro del male,
è a lui che, viceversa,
si darà la morte.
Essi hanno il parere di chiudere il cielo
affinché non cada pioggia
durante i giorni della loro profezia.
E hanno potere sulle acque di cambiarle in sangue,
e (infine) di colpire la Terra con qualsivoglia flagello
ogni volta che lo vorranno» (Ap 11,5-6).

Nonostante tutti i poteri di cui dispongono a propria difesa, i due Testimoni vengono poi attaccati e uccisi dalla bestia che sale dall'abisso. C'è un tempo per difendersi e un tempo per non difendersi più, direbbe il Qoèlet.

Quanto alla bestia che sale dall'abisso, è con tutta probabilità la bestia che Giovanni vedrà salire dal mare in Ap 13,1 e che, caratterizzata da grande potere soprattutto politico, sarà protagonista di primo piano fino ad Ap 20. Non solo Giovanni ma anche i novelli Mosè ed Elia dovranno dunque profetizzare con la parola e con la vita contro i detentori del potere politico dei quali la Bestia sarà capofila:

«E quando avranno portato a termine la loro testimonianza,
la bestia che sale dall’abisso
darà loro battaglia, li vincerà,
e li farà morire» (Ap 11,7).

La città ostile in cui i due Testimoni hanno svolto la loro missione è bensì la Gerusalemme «in cui anche il loro Signore è stato crocifisso», ma ora a essa vengono dati i nomi della città corrotta per antonomasia, «Sodoma», e del luogo dell'oppressione, «Egitto». Di più: i cadaveri dei due Testimoni vengono lasciati insepolti e su di essi faranno festa «gli abitanti della terra» e «popoli, tribù, lingue ed etnie»: tutto il mondo, dunque, e non solo i gerosolimitani. Ingigantita a dimensioni universali, davvero la città è teatro della battaglia tra bene e male, e non è la Gerusalemme giudaica che al tempo di Giovanni era probabilmente in rovine.

La sepoltura era un atto di pietà con cui si nascondevano le ossa umane alla vista degli dèi e le si sottraeva al raccapricciante pasto di cani e sciacalli. Per questo la non sepoltura è il destino che le forze del male tentano di riservare ai profeti e testimoni:

«Il loro cadavere (lo lasceranno)
sulla piazza della grande città
che pneumaticamente
si chiama "Sodoma" ed "Egitto",
dove anche il loro Signore fu crocifisso.
E popoli, tribù, lingue e genti
vedono il loro cadavere tre giorni e mezzo,
e non permettono di deporre nel sepolcro i loro cadaveri.
Gli abitanti della terra si rallegrano su di essi,
fanno festa e si inviano doni a vicenda:
quei due profeti,
infatti, erano di fastidio
per gli abitanti della terra» (Ap 11,8-10).

La mancata sepoltura e i festeggiamenti del mondo ostile non sono l'ultimo atto nella vicenda dei due Testimoni perché, dopo i tre giorni e mezzo degli oltraggi sui loro corpi, viene da Dio un soffio di vita che li rianima. Alla risurrezione segue poi l'ascensione così che, uccisi nella città in cui anche il loro Signore era stato crocifisso, come il loro Signore i due Testimoni risorgono e sono portati da una nube in cielo per la loro esaltazione. Non sono identici a lui in tutto, perché lui fu sepolto ed essi non lo furono, e poi perché risorsero non al terzo giorno ma dopo tre giorni e mezzo. Questa preoccupazione di assimilare ma nello stesso tempo di dissomigliare il discepolo dal Maestro sarà riproposta all'infinito nella storia cristiana seguente. Ad esempio, Pietro sarà rappresentato crocifisso come Gesù, ma con la testa verso il basso, perché fosse evidente la differenza e l'inferiorità.

Disponendo dei poteri taumaturgici di Mosè e di Elia e imitando la pasqua del Signore nella morte, (non) sepoltura, risurrezione e ascensione, i due Testimoni non sono Pietro e Paolo, oppure Stefano e Giacomo, o i due figli di Zebedeo, o Giovanni il Battista e Gesù, come viene di volta suggerito. Sono invece tutto il popolo di Dio nella sua dimensione sia anticotestamentaria (i due come Mosè, come Elia), sia neotestamentaria (i due come Gesù). Sono il popolo che, allo stesso modo di Giovanni (Ap 10), dovrà profetizzare e testimoniare contro la Bestia che sale dall'abisso e contro i suoi complici (Ap 11):

«Dopo tre giorni e mezzo,
un soffio di vita venne da Dio in essi,
e si alzarono sui propri piedi,
e grande timore
cadeva su chi vide.
Poi udirono una voce forte dal ciclo
che diceva loro:
“Salite quassù!”
E, sotto gli occhi dei loro nemici,
su una nube salirono in cielo» (Ap 11,11-12).