“Non è un problema mio”. Breve nota per un benessere cristiano, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Teologia pastorale.
Il Centro culturale Gli scritti (15/5/2022)
È fondamentale saper dire: “Non è un problema mio”. Non nel senso di un facile menefreghismo, ma in quello di un richiamo alla responsabilità altrui.
Nelle relazioni ci sono persone che decidono di comportarsi in maniera difforme da come le si consiglia, decidendo di fare di testa loro. Questo è sacrosanto, perché esiste la libertà cristiana che è profonda e irrinunciabile. Ma questo implica che l’altro, poi, non riversi su noi i problemi che incontra quando ha scelto di comportarsi in un determinato modo e permane nella sua scelta.
“Non è un problema mio”. È un problema dell’altro e non si può e non ci si deve sentire in colpa per scelte che gli altri decidono e di cui sono convinti. È necessario ed è bene che siano loro a portare il peso e le conseguenze dei loro atti.
Allo stesso modo in ambito parrocchiale ed ecclesiale: ci sono persone che vogliono cammini personali e paralleli, che non apprezzano una determinata prospettiva di lavoro pastorale. Ebbene che non obblighino poi tutti a coinvolgersi in quella linea che è loro, quando sono stati essi a sganciarsi dalla linea seguita dagli altri. “Non è un problema mio, è un problema loro, che lo risolvano, senza pretendere che tutti siano coinvolti”. Se vogliono fare di testa loro, che non pretendano poi che tutti li seguano e si interessino come a questioni di somma importanza a ciò che hanno deciso in totale autonomia e senza approvazione degli altri, anzi trattando con sufficienza il cammino seguito dagli altri.
Vale anche dinanzi a persone che aspirano a cariche importanti o, comunque, le accettano. Si dice scherzosamente: “Hai voluto la bicicletta? Pedala!”. Ancor più se non dovessero fare attenzione ai consigli e ai punti di vista suggeriti nelle diverse occasioni: che siano allora le persone stesse a sbrogliare la matassa.
Non deve ricadere sugli inferiori, ciò che è dei superiori. Ci sono scelte e decisioni che una volta prese richiedono un prezzo, una fatica, un impegno. È giusto che chi intraprende determinati itinerari ricordi che è un problema suo portarli avanti. Di nuovo, questo non vuol dire indifferenza, perché ognuno è chiamato a dare la sua mano e non ci si deve tirare indietro. Ma il peso di talune decisioni spetta a chi ha il potere di prenderle e non ha chi non ha tale autorità e il cui consiglio, talvolta, non è nemmeno preso sul serio.
È fondamentale per la salute spirituale della propria anima non farsi carico di tutte le decisioni che debbono esser prese da altri e che non ci competono, Che le prendano e poi si vedrà.
È spiritualmente dannoso essere in ansia per decisioni che non dipendono da noi: meglio è, invece, pregare per esse e affidare tali scelte a Dio e a chi ne ha l’autorità.