Atanasio di Alessandria al Laterano per ben sette anni, dal 339 al 346 dopo Cristo. Dell’importanza della teologia nicena e anti-ariana. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. le sezioni Roma e le sue basiliche e Il periodo patristico.
Il Centro culturale Gli scritti (15/5/2022)
Ben cinque volte Atanasio dovette abbandonare la città di cui era patriarca, Alessandria d’Egitto, perché esiliato.
La prima volta a Treviri, la terza e la quarta nel deserto d’Egitto, dove ancora oggi sono i monasteri copti, la quinta per breve tempo.
Ma il secondo esilio avvenne a Roma dal 339 al 346, per ben sette anni, essendo Costante imperatore in occidente e Costanzo in oriente, entrambi figli di Costantino, il secondo dei quali lo aveva condannato all’esilio. Atanasio fu così al Laterano, presso papa Giulio. A Roma compose anche gran parte del I e II Discorso contro gli ariani (così A. Camplani, voce Atanasio di Alessandria, in Dizionario patristico e di antichità cristiane, Genova-Milano, Marietti 1820, 2006, vol. I, col. 623; l’intera voce è alle coll. 614-635)
Già la vicenda dei cinque esili mostra quanto la polemica fosse violentissima ed è noto che vescovi e monaci d’Egitto del tempo utilizzarono anche le mani in diversi frangenti, sia quelli contrari a Nicea, sia quelli favorevoli, tanto il clima era teso.
Atanasio affermava a ragione che se il Figlio non lo era da sempre, allora nemmeno Dio era Padre. Se il Figlio non fosse stato eterno con il Padre, allora Dio sarebbe stato un Dio solo e solo ad un certo punto sarebbe divenuto Padre: la paternità non gli sarebbe appartenuta come qualcosa di costitutivo, ma sarebbe sopraggiunta solo ad un certo punto e, quindi non sarebbe stato vero chiamarlo Padre: gli ariani, diminuendo la figliolanza eterna del Figlio, rendevano Dio meno Padre.
Così affermò, ad esempio: «Essi [gli ariani dopo Nicea] dicono: “Non da sempre vi è un Padre e non da sempre vi è un Figlio; infatti prima di essere generato, il Figlio non esisteva, ma è stato creato anch’egli dal nulla. Perciò Dio non da sempre è stato Padre del Figlio; ma quando il Figlio fu fatto e creato, allora anche Dio fu chiamato Padre suo» (Atanasio, Il Credo di Nicea, 6, 1, p. 67 dell’edizione Città Nuova, Roma, 2001).
Con grande sapienza e ironia, come suo solito, G.K. Chesterton, così presenta il vero nucleo del giusto rifiuto da parte di Atanasio dell’eresia ariana:
«Se c’è una questione che gli illuminati e i progressisti hanno l’abitudine di deridere e di mettere in vista come un orribile esempio di aridità dogmatica e di stupido puntiglio settario, è questa questione atanasiana della co-eternità del Divin Figlio. D’altra parte, se c’è una cosa che gli stessi liberali sempre ci mettono innanzi come un tratto di puro e semplice Cristianesimo, immune da contese dottrinali, è la semplice frase: “Dio è Amore”.
Eppure, le due affermazioni sono quasi identiche; per lo meno una è quasi un nonsenso senza l’altra. L’aridità del dogma è la sola via logica per arrivare ad affermare la bellezza del sentimento. Poiché, se c’è un essere senza principio, che esisteva prima di tutte le cose, che cosa poteva Egli amare quando non c’era nulla da amare? Se attraverso l’impensabile eternità Egli è solo, che significa dire: “Egli è amore”? La sola giustificazione di tale mistero è la mistica concezione che nella Sua stessa natura c’era qualche cosa di analogo all’autoespressione; qualche cosa che genera, e che contempla quel che ha generato. Senza tale idea, è illogico complicare la estrema essenza della divinità con un’idea come l’amore. Se i moderni realmente hanno bisogno di una semplice religione di amore, devono cercarla nel Credo atanasiano. La verità è che lo squillo del vero Cristianesimo, la sfida della carità e della semplicità di Betlemme e del Natale, mai suonò così decisamente e chiaramente come nella sfida di Atanasio al freddo compromesso degli ariani. Fu lui che realmente combatté per un Dio di amore contro un Dio incolore e lontano dominatore del cosmo; il Dio degli stoici e degli agnostici» (da G.K. Chesterton, L’uomo eterno, Rubbettino 2008, pp. 281-282).
L’affermazione che Gesù non sarebbe pienamente figlio di Dio, ma solo una creatura, è vecchia di 1700 anni e la risposta di Atanasio vale ancora 1700 anni dopo: se affermate che Gesù non è Figlio eterno di Dio, dovete rinunciare anche al fatto che Dio è Padre e alla proclamazione che egli è amore.