Sansepolcro e Piero della Francesca: le reliquie del Sepolcro di Gerusalemme e la Resurrezione di Piero, simbolo cittadino a motivo di tali reliquie. Guida per una visita e una riscoperta del pittore: appunti di viaggio, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 26 /04 /2022 - 22:45 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito alcuni “appunti di viaggio” di Andrea Lonardo: con tale espressione – relativa alla serie di testi così contrassegnata su Gli scritti - si intende dire che tali appunti non sono stati annotati con riferimenti ai grandi storici dell’arte e autori, come negli articoli più scientifici di questo sito, ma sono stati messi per iscritto come un primo abbozzo in vista di una loro pubblicazione più espressamente accademica in futuro. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Appunti per visite guidate in Italia.

Il Centro culturale Gli scritti (26/4/2022)

Il video girato a Sansepolcro in modo amatoriale 
da Andrea Lonardo, con alcuni errori corretti
nel testo risistemato che segue

1/ Sansepolcro, da abbazia con le reliquie del Santo Sepolcro a città

A Sansepolcro i magnifici conservatori scrissero il 23 settembre 1520: Essendo per grazia de l’omnipotente Dio alla nostra terra, conceduto il vescovo e facta ciptà et cavatola da subiectione et datoci utile et honore – cioè, tolta Sansepolcro dalla soggezione ad altri luoghi con utilità ed onore - et per questa bona nova s’arcolegra tucta la patria e gl’omini e persone d’essa et ... in l’altro mondo i nostri antichi s’anegodono e ralegreno – cioè, per questa buona notizia si rallegrano tutti ed anche i nostri morti che sono all’altro mondo, in cielo, godono di questo evento. Queste meravigliose espressioni furono scelte come parole chiave nel 2020 nel cinquecentenario dell’elevazione a città dell’antica abbazia e del borgo che si era sviluppato intorno nei secoli.

L’odierna cattedrale era la chiesa dell’antica Abbazia benedettina. Il monachesimo è stato così importante in Europa che qui, come in tanti casi, una città sorge a partire da un gruppo di monaci che qui si erano insediati nel medioevo: solo nel 1520, appunto, venne conceduto il vescovo – cioè Sansepolcro divenne diocesi – e contemporaneamente facta ciptà, con la trasformazione della chiesa monastica in chiesa del vescovo.

Subito a fianco, sorse allora il palazzo del comune che venne edificato dopo il 1520 e che non avrebbe avuto senso, finché ancora Sansepolcro non fosse divenuta “città”.

Le lapidi dei personaggi conservate nella facciata del Comune ricordano oggi nomi famosissimi che hanno resa illustre la città, a partire dal più famoso di essi, quello di Piero della Francesca.

Ma vicino a questa lapide è il ricordo del grande monaco matematico Luca Pacioli che fu amico di Leonardo da Vinci; frate che ebbe grandi meriti nel campo della scienza. Un’altra lapide ricorda Raffaellino Del Colle - discepolo di Raffaello - nato a borgo Sansepolcro, anche se poi cresciuto pittoricamente a Roma.

Comune e vescovo si insediarono insieme, esattamente il 23 settembre 1520.

Ma da dove viene il nome di Sansepolcro, prima all’abbazia e poi alla città? Il nome deriva dal fatto che qui vennero portate reliquie del Santo Sepolcro di Gerusalemme da parte dei monaci: Sansepolcro, cioè Santo Sepolcro.

2/ La Resurrezione di Piero della Francesca, “simbolo” del Santo Sepolcro

Ecco il senso dell’opera più famosa di Piero della Francesca presente in città: l’affresco della Resurrezione del Cristo, dipinta da Piero fra il 1458 e il 1468. Si trova nella sala più importante dell’odierno Museo Civico che era ai tempi di Piero la stanza del governo del borgo, era il Palazzo della Residenza o dei Conservatori del Popolo.

Non è una tela, ma un affresco dipinto proprio nel punto focale della sala dove si riunivano le autorità: l’iconografia è quella del Sepolcro che viene scoperchiato dal Cristo ne esce vittorioso, trionfante. Piero lo dipinse frontalmente con il vessillo di Cristo, con gli alberi a sinistra che sono secchi a ricordare che egli aveva sofferto la morte e quelli a destra, rigogliosi, perché la vita rifiorisce. Senza quella resurrezione sarebbe stata destinata a perdere per sempre la sua freschezza.

I soldati ai piedi del Sepolcro sono addormentati, ma uno ha già le mani che gli coprono il viso, a sinistra, perché la luce già lo sta abbagliando, quella luce che è quella della risurrezione. Si vede anche il simbolo di Roma - SPQR - a “segnare”, sulla destra, il gruppo di soldati.

L’affresco è nella stanza più importante del palazzo cittadino – era la stanza delle cerimonie –, prima che nel 1520 nascesse la “città” e si costruisse il Palazzo comunale. Proprio qui è bello immaginare Piero della Francesca, che apparteneva alle autorità del borgo prima che divenisse città a tutti gli effetti. Era proprio in questa sala che Piero discuteva con gli altri maggiorenti delle sorti di Sansepolcro.

Le discussioni avvenivano proprio dinanzi a questa immagine che rappresenta la città di Sansepolcro tutta, con quel Sepolcro che donava fiducia in una luce più alta che guidasse la vita civile, la vita della società, delle famiglie, delle persone che lavoravano e che cercavano il bene e la giustizia.

3/ L’ex chiesa abbaziale, oggi cattedrale

Nella cattedrale – che, come abbiamo detto, era l’antica chiesa abbaziale – ecco che l’abside reca il polittico – opera senese del XIV secolo - che ha anch’esso al centro la risurrezione di Cristo, anche qui a sottolineare che qui erano le reliquie del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Molte delle altre opere del Duomo hanno lo stesso tema, come la Risurrezione di Raffaellino del Colle, mentre quella che le è vicino, l’Ascensione del Perugino, racconta di ciò che avvenne dopo la Resurrezione.

Anche il famoso Battesimo di Cristo di Piero della Francesca, venduto nel 1858 e oggi alla National Gallery di Londra era stato dipinto per l’abbazia di Sansepolcro.

È incredibile che ci sono delle città che sono tali solo perché sono state prima un monastero. Questa è la storia d’Europa, questa è la storia di Sansepolcro.

In particolare la pala di Raffaellino del Colle è del 1522, due anni dopo l’erezione a diocesi  e la creazione della città. Venne dipinta per la cappella dei santi Egidio e Arcano che sono i santi fondatori dell’abbazia e quindi della città: sarebbero stati essi, appunto, a portare le reliquie del Santo Sepolcro che danno il nome alla città.

In una cappella del Duomo è anche il famosissimo Crocifisso di Sansepolcro, il Santo Volto, eseguito secondo la tradizione per ispirazione divina da Nicodemo. Gli occhi del Cristo guardano, aperti, chi guarda il crocifisso, in maniera intensa, perché sono gli occhi di chi risorge e non cessa di guardare con amore il mondo: a questo Volto Santo vengono attribuiti poteri di bene, di miracolo. Dalle analisi risulta un’opera a cui si è messo mano in periodi diversi: scolpita già nell’Alto Medioevo (VII/VIII secolo, datazione ricavata con le analisi al Carbonio 14) ma certamente la successiva risistemazione attuale è del Basso Medioevo (XIII/XIV secolo).

Il Cristo ha la caratteristica di essere vestito come re e sacerdote. Re perché dalla croce regna: la croce è l’unica realtà che ha il potere regale di essere vero ostacolo al male. Ma quella veste rappresenta anche il sacerdozio di Cristo che offre non vittime, ma sé stesso, come dice la lettera agli Ebrei: egli è il vero e unico e sommo sacerdote.

4/ Il chiostro benedettino dove Piero della Francesca venne sepolto

A fianco del Duomo – cioè dell’antica chiesa abbaziale – sta il chiostro. Lì venne sepolto Piero Della Francesca. Si vede ancora oggi la porta della Cappella di san Leonardo, detto il Monacato, dove si seppellivano i monaci.

Nel libro dei morti della fraternità di San Bartolomeo, alla data 12 ottobre 1492 – anno della scoperta dell’America -, è riportata la seguente notazione: “Maestro Piero di Benedetto dei Franceschi, pictore famoso a dì 12 A Badia”. Nel suo Testamento redatto nel 1487, cinque anni prima di morire, aveva fatto espressamente scrivere di voler essere sepolto nella Badia, l’Abbazia appunto di San Sepolcro: “Et voluit et iussit sepelliri corpus suum… in ecclesia Abbatie Burgi in Monachato dicte ecclesie”.

Gli ultimi anni della sua vita rimase cieco; è impensabile, per un pittore cha fa del colore dell’immagine la sua vita, che debba affrontare il dolore di essere cieco. Proprio qui venne portato allora il corpo di Piero della Francesca, cieco da anni, ma che è nostro maestro!

Sono state trovate molte ossa nell’unico sepolcreto, ma non è stato possibile individuare quelle di Piero.

Nelle lunette del chiostro, sono dipinti affreschi con le storie di San Benedetto e, in molte di loro, si vede l’importanza data alla costruzione, all’edificazione, all’abbellimento dei monasteri. In un affresco si vedono tutti gli attrezzi di costruzione perché appunto Benedetto viene visto come il fondatore, come il costruttore,  tramite il monastero benedettino di Sansepolcro.

In un altro si vede san Benedetto che si rivolge a due monaci che stavano dormendo nullafacenti e insegna loro a costruire, perché appunto le abbazie devono diffondersi fino a divenire un punto di riferimento per tutto quel tempo e fino a noi. In un altro ancora si vede san Benedetto con sua sorella santa Scolastica: egli resta a dialogare con lei durante la tempesta che si vede in alto e poi la vede, dopo la morte, salire in cielo.  Si vede ancora un gruppo di monaci che vede Benedetto salire al cielo dopo la morte.

È affrescata anche la Regola benedettina che ha dato al lavoro dignità incredibile. Si leggono bene le prime parole di essa: “Ascolta, figlio, la voce del maestro”.  E si vedono tutti i monaci che ascoltano e, in questo caso, si vede Benedetto che ha un bastone in mano, segno che egli fa rispettare la Regola!

Sempre nel chiostro è l’elenco degli abati, poi dei vescovi, ma anche dei parroci. Lì si ricorda che la città è stata fondata dai pellegrini ed eremiti Egidio e Arcano, si ricorda poi, nel 987, il monaco eremita Isaia e poi l’elenco degli abati, quando la città era solo un’abbazia. Si passa alla lista dei vescovi dopo il 1520 con l’erezione a diocesi, a città.

Sono bellissimi queste liste dei nomi dei monaci e dei vescovi che hanno dato vita e hanno fatto la storia di Sansepolcro per giungere poi all’unificazione delle diocesi, adesso Arezzo – Cortona – Sansepolcro con l’attuale vescovo. In un’altra lapide sono iscritti tutti i parroci – a partire anche qui dal 1520.

Quindi dal monastero, alla città e, contemporaneamente, alla parrocchia.

5/ Il Museo Civico con la Madonna della Misericordia di Piero

Torniamo ora nel Museo Civico cittadino dove è anche il grande polittico della Madonna della Misericordia di Piero della Francesca.

In basso, alle due estremità, sono gli stemmi della Confraternita della Misericordia, con l’abbreviazione MIA (che ha l’accento circonflesso che significa, nel medioevo, abbreviazione), mentre subito sopra gli stemmi sono i santi Egidio e Arcano, i due fondatori di Sansepolcro, pellegrini ed eremiti. Al centro è la Madonna con il suo grande manto sotto il quale vengono accolti e protetti i cittadini. E poi i misteri di Cristo, in basso nella predella, con il Getsemani, la Flagellazione, poi in alto sopra la Madonna, la Crocifissione, e di nuovo in basso la Deposizione al centro, e ancora, a sinistra, le tre Donne al sepolcro e la Maddalena che incontra il Risorto (si noti, di nuovo, l’importanza del Santo Sepolcro!).

La prima figura all’estrema sinistra, a lato della Madonna, è san Sebastiano, patrono contro la peste. È stato riconosciuto che Piero, che era un balestriere della città e che a quel tempo era pronto a difenderla con la balestra dalle torri, ha dipinto nel san Sebastiano delle vere frecce di balestra, che evidentemente conosceva e usava.

Nella sala delle cerimonie del Palazzo della Residenza, palazzo ufficiale – come si  detto – prima che sorgesse il Palazzo del Comune nel 1520, è anche il dipinto staccato di san Ludovico di Tolosa: era precedentemente nel Palazzo della giustizia e potrebbe essere stato realizzato poiché Ludovico Acciaioli che governava la città a nome di Firenze, portava il nome di quel santo francescano, quando ancora la città non era indipendente. Sansepolcro era proprio al confine tra lo Stato Pontificio di allora e il granducato di Toscana. Attribuito da sempre a Piero, potrebbe essere anche di un suo discepolo.

6/ La casa di Piero della Francesca e l’Ospizio dei Gettatelli, confraternita di cui Piero fu priore

A Sansepolcro si visita anche quella che era la casa di Piero della Francesca, quando abitava a Sansepolcro. Le due opere che erano ancora presenti qui alla sua morte sono state asportate. Un Ercole, tipico dell’attenzione al mondo pagano che c’era allora agli esordi del Rinascimento, venne acquistato a Boston. La Natività, invece, finì nella National Gallery a Londra.

In un’altra zona della città è, invece, l’Ospizio dei Gettatelli, che accoglieva i bambini abbandonati: di questa Confraternita fu priore Piero della Francesca negli anni 1480/81. Egli fu a capo di questa Confraternita – la Fraternità di san Bartolomeo - e questo dice sia la stima che avevano per lui, sia anche il suo pieno inserimento nelle dinamiche della città e della chiesa del tempo.