La parzialità della comunicazione sulla guerra in Ucraina è evidente dal fatto che si presenta l’occupazione del Donbass e di tutta la costa del Mar d’Azov come un ripiego e non come l’obiettivo. Con questo la condanna dell’invasione resta totale, di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Per la pace, contro la guerra.
Il Centro culturale Gli scritti (19/4/2022)
In tante testate italiane la “scoperta” che i russi non intendono assolutamente giungere fino a Kiev viene presentata come un ripensamento.
Si vede qui come o tali quotidiani ricevano veline o, almeno, non abbiano capito cosa stia succedendo, dai giorni della notizia dei 60 chilometri della colonna militare che si sarebbe – sempre secondo costoro – dovuta dirigere su Kiev.
Agli osservatori che conoscevano le tensioni nella zona dal 2014 - anno in cui la guerra iniziò – apparve invece subito che i russi intendevano annettersi il Donbass e la zona costiera fra tale regione e la Crimea, in maniera da fare del Mar d’Azov un mare russo.
L’azione aveva dalla loro il fatto che in quelle zone i russofoni erano in maggioranza e che l’Ucraina non aveva dato il consenso ad un’autonomia di queste regioni all’interno dello Stato ucraino se non parzialmente.
Tutte le altre azioni russe, con i bombardamenti fino ai confini occidentali della Ucraina, si rivelarono fin dall’inizio come azioni volte a distruggere il potenziale militare ucraino e non a precedere l’occupazione.
Con tutto ciò la condanna dell’azione russa resta totale. È una guerra ingiusta. Ma i nostri giornalisti debbono tornare ad essere più fedeli al vero se vogliono davvero aiutare i lettori e se vogliono favorire un atteggiamento di pace.
Confermiamo anche, secondo le parole di papa Francesco, il nostro totale dissenso da nuove spese per un riarmo della NATO e un ulteriore invio di armi.
La guerra si deve concludere prima possibile, senza ulteriore spargimento di sangue dovuto a nuove armi, poiché la conquista del Donbass è questione di settimane e non è arrestabile dal punto di vista militare, a meno che non si voglia scatenare una guerra totale.
Ogni combattimento ulteriore è palesemente inutile nel lungo periodo, nonostante ciò che i giornali continuano a sostenere.
Il crescere del numero dei morti è inutile.
Anche l’accusa ripetuta dai media di attacchi chimici sembra ripetere il cliché delle accuse in Iraq.
Si deve, invece, affermare che la conquista del Donbass è ingiusta e che, nonostante questo, far morire ulteriori militari e civili per difenderlo inutilmente è sbagliato – e sarebbe stato politicamente intelligente negli anni trascorsi spingere l’Ucraina a concedere una reale maggiore autonomia a quei territori, un’autonomia dal punto di vista linguistico e della gestione regionale. Ora è troppo tardi e il resto è un diversivo.
P.S. Da volontari giunti ai confini dell’Ucraina per aiutare i profughi giungono notizie che preoccupano ulteriormente: persone ascoltate direttamente ci confermano che l’Ucraina non permette a molti civili di lasciare Mariupol per avere scudi civili umani da esibire sui media. Così come ci assicurano che tragicamente molte ucraine sono costrette a pagare tangenti alle guardie di confine ucraine per lasciare il Paese.
Ci ripetiamo: scriviamo questo non per affermare che l’Ucraina e la Russia sono parimenti colpevoli, perché l’invasione russa è assolutamente ingiustificata, ma la guerra rende poi ingiusta anche l’altra parte.
Un presidente che ami il suo popolo deve giungere alla decisione della resa e paesi che intendono aiutarlo non debbono spingere ad una giustizia astratta, bensì aiutarlo a preferire il bene della sua gente a quello dell’occidente.