Un concetto fondamentale e positivo emerso dalla storia e fatto proprio dalla dottrina sociale della Chiesa: la nazione. Dinanzi alla crisi ucraina. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito alcuni appunti di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Per la pace contro la guerra.
Il Centro culturale Gli scritti (4/4/2022)
Mentre taluni cantano per la guerra in Ucraina Imagine di John Lennon che afferma “Imagine there’s no countries”, i poveri ragazzi dell’Ucraina lottano e muoiono per dire che è importante che ci siano countries, cioè “nazioni” e che la loro nazione, l’Ucraina, è una nazione e uno stato con una storia, un’identità e confini propri che non debbono essere violati.
Pochi riflettono su tale “ovvietà” – nel senso più nobile che ha la parla “ovvio” – e continuano a cantare di una terra globalizzata dove non ci siano nazioni.
Già alle origini della riflessione cristiana iniziò il dibattito sull’idea di nazione. Origene, in nome di un escatologismo anticipato, aveva visto negativamente l’idea che esistessero nazioni nella storia, quasi che già ora si dovesse vivere l’universalità della condizione paradisiaca.
Agostino, invece, con maggiore adesione alla consapevolezza che la storia ha una sua dignità - che anticipa certamente la Gerusalemme celeste, ma non cancella la realtà storica con la sua durezza, ma anche la sua bellezza - aveva invece affermato che le nazioni sono realtà positive nel piano di Dio (cfr. su questo J. Ratzinger, L'unità delle nazioni. Una visione dei Padri della Chiesa, Brescia, Morcelliana, 2009).
Il Compendio della dottrina sociale della chiesa (ad opera del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace), così afferma ai nn. 157 e 385-387:
«157 Il campo dei diritti dell'uomo si è allargato ai diritti dei popoli e delle Nazioni: infatti, «quanto è vero per l'uomo è vero anche per i popoli». Il Magistero ricorda che il diritto internazionale «poggia sul principio dell'eguale rispetto degli Stati, del diritto all'autodeterminazione di ciascun popolo e della libera cooperazione in vista del superiore bene comune dell'umanità». La pace si fonda non solo sul rispetto dei diritti dell'uomo, ma anche su quello dei diritti dei popoli, in particolare il diritto all'indipendenza.
I diritti delle Nazioni non sono altro che «i “diritti umani” colti a questo specifico livello della vita comunitaria». La Nazione ha «un fondamentale diritto all'esistenza»; alla «propria lingua e cultura, mediante le quali un popolo esprime e promuove la sua “sovranità” spirituale»; a «modellare la propria vita secondo le proprie tradizioni, escludendo, naturalmente, ogni violazione dei diritti umani fondamentali e, in particolare, l'oppressione delle minoranze»; a «costruire il proprio futuro provvedendo alle generazioni più giovani un'appropriata educazione». L'assetto internazionale richiede un equilibrio tra particolarità ed universalità, alla cui realizzazione sono chiamate tutte le Nazioni, per le quali il primo dovere è quello di vivere in atteggiamento di pace, di rispetto e di solidarietà con le altre Nazioni».
«385 La comunità politica trova nel riferimento al popolo la sua autentica dimensione: essa «è, e deve essere in realtà, l'unità organica e organizzatrice di un vero popolo». Il popolo non è una moltitudine amorfa, una massa inerte da manipolare e strumentalizzare, bensì un insieme di persone, ciascuna delle quali — «al proprio posto e nel proprio modo» — ha la possibilità di formarsi una propria opinione sulla cosa pubblica e la libertà di esprimere la propria sensibilità politica e di farla valere in maniera confacente al bene comune. Il popolo «vive della pienezza della vita degli uomini che lo compongono, ciascuno dei quali ... è una persona consapevole delle proprie responsabilità e delle proprie convinzioni». Gli appartenenti ad una comunità politica, pur essendo uniti organicamente tra loro come popolo, conservano, tuttavia, un'insopprimibile autonomia a livello di esistenza personale e dei fini da perseguire.
386 Ciò che caratterizza in primo luogo un popolo è la condivisione di vita e di valori, che è fonte di comunione a livello spirituale e morale: «La convivenza umana... deve essere considerata anzitutto come un fatto spirituale: quale comunicazione di conoscenze nella luce del vero; esercizio di diritti e adempimento di doveri; impulso e richiamo al bene morale; e come nobile comune godimento del bello in tutte le sue legittime espressioni; permanente disposizione ad effondere gli uni negli altri il meglio di se stessi; anelito ad una mutua e sempre più ricca assimilazione di valori spirituali: valori nei quali trovano la loro perenne vivificazione e il loro orientamento di fondo le espressioni culturali, il mondo economico, le istituzioni sociali, i movimenti e i regimi politici, gli ordinamenti giuridici e tutti gli altri elementi esteriori, in cui si articola e si esprime la convivenza nel suo evolversi incessante».
387 A ogni popolo corrisponde in generale una Nazione, ma per varie ragioni non sempre i confini nazionali coincidono con quelli etnici. Sorge così la questione delle minoranze, che storicamente ha originato non pochi conflitti. Il Magistero afferma che le minoranze costituiscono gruppi con specifici diritti e doveri. In primo luogo, un gruppo minoritario ha diritto alla propria esistenza: «Tale diritto può essere disatteso in diverse maniere, fino ai casi estremi in cui è negato mediante forme manifeste o indirette di genocidio». Inoltre, le minoranze hanno diritto di mantenere la loro cultura, compresa la lingua, nonché le loro convinzioni religiose, compresa la celebrazione del culto. Nella legittima rivendicazione dei propri diritti, le minoranze possono essere spinte a cercare una maggiore autonomia o addirittura l'indipendenza: in tali delicate circostanze, dialogo e negoziato sono il cammino per raggiungere la pace. In ogni caso il ricorso al terrorismo è ingiustificabile e danneggerebbe la causa che si vuole difendere. Le minoranze hanno anche doveri da assolvere tra cui, anzitutto, la cooperazione al bene comune dello Stato in cui sono inserite. In particolare, «un gruppo minoritario ha il dovere di promuovere la libertà e la dignità di ciascuno dei suoi membri e di rispettare le scelte di ogni suo individuo, anche quando uno decidesse di passare alla cultura maggioritaria»».
La nazione non è un concetto negativo, mentre lo è il nazionalismo che prevede l’esaltazione della propria nazione a discapito delle altre o a discapito delle minoranze.
La nazione è la realtà di un popolo che, nei secoli, ha maturato una tradizione che è una ricchezza che non deve esser depauperata, né svenduta, Così l’Amazzonia o l’Italia, l’Ucraina o la Svezia sono popoli che hanno diritto ad essere nazioni o alemno ad essere rispettati nella loro peculiare identità all’interno di una nazione.
Si vede come il concetto di nazione nasca dalla condivisione di storia, di vita e di valori, che è fonte di comunione a livello spirituale e morale che è avvenuta nei secoli e si è sedimentata.
L’idea di nazione appartiene perciò all’ambito dei diritti (come dei doveri). Non solo non è male, ma anzi ha diritto ad esistere e ha diritto che il consesso delle nazioni riconosca il diritto di ogni nazione alla sussistenza.
Si potrebbe dire che l’idea di nazione rientri nella visione della sussidiarietà. Non è la politica o il diritto astratto a decretare la nascita di una nazione, ma sono le persone e le famiglie, le generazioni e le realtà comunitarie, culturali e spirituali sorte nella storia ad aver dato vita a quel patrimonio di visioni che costituisce la nazione e che permette a tutti coloro che ne sono generati e vi si riconoscno ,di concorrere al bene comune, avendo determinato nei secoli sempre più precisamente quel bene comune in forma anche specifica. Diverso è, infatti, il mondo di vivere dei popoli dell’Amazzonia o dell’Ucraina, dell’Italia o della Svezia, ma tali modi di vivere la comunione, prima e al di là delle strutture politiche, è un bene sociale.
Allo stesso modo l’Europa è una realtà buona, ma non è una nazione. All’interno dell’Europa sussistono le diverse nazioni, nate dalla fatica e dal concorso di uomini, famiglie e istituzioni, ed è bene che tali nazioni sussistano.
Mentre i nazionalismi sono dannosi, le nazioni con le loro peculiari identità sono un bene prezioso e sarebbe gravissimo che l’Europa chiedesse a tutti di uniformarsi indistintamente a visioni che sono, invece, solo di alcune nazioni dell’Europa e non di tutte.
Il sogno di un’Europa che comprenda l’Europa occidentale e orientale deve essere coltivato, conservando però lo specifico di entrambe ed anzi accentuando gli scambi e la complementarietà delle diverse visioni arricchisce l’Europa di tutti i suoi apporti.