Primavera inizio di splendore. I testi letti nella passeggiata di quasi primavera (12/3/2022), da Fabrice Hadjadj a san Francesco d’Assisi, da Paolo VI a Giobbe

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 14 /03 /2022 - 23:02 pm | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

1/ Il corpo femminile una riserva naturale, di Fabrice Hadjadj

(da Avvenire del 10/4/2016)

È tornata la primavera. Gli alberi fioriscono, gli uccelli cinguettano, le ranocchie si rimettono a gracidare – perlomeno in quei luoghi dove ancora ci sono rane, uccelli e alberi. Perché, per molti abitanti delle città, i segni della primavera sono altri: un soleggiamento che disturba la visione degli schermi ma che illumina un po' meglio le nuove promozioni esposte nelle vetrine e soprattutto le maniche corte, le minigonne e le scollature delle ragazze a passeggio…

Non ci fossero più gli uccelli, ci sarebbero ancora quei seni da colomba. Non ci fossero più i fiori, ci sarebbero ancora quelle gambe che spuntano come pistilli fantastici dalla corolla. E le rane sono là, nelle nostre gole, sotto le nostre cinture, pronte a far sentire il loro rauco appello, pronte a balzare al passaggio di quelle ninfe spaesate dove si concentra ormai tutto quel che resta delle grazie della bella stagione

Dove trovare, infatti, la natura in mezzo al cemento ad alte prestazioni, le vetrate dinamiche e le autostrade dell'informazione? Dove sono, nelle nostre città connesse, le foreste e i fiumi, le cerve e i boschi se non in quelle che nella mia lingua francese un tempo erano dette “belle piante” o “leggiadre gazzelle”, senza sapere che un giorno esse sarebbero state il rifugio dell'ultima gazzella e dell'ultima pianta?

Nel mondo super-urbano, il corpo sessuato è l'ultimo bastione della vita naturale, per non dire della vita selvaggia. Ed è per questo che le rivendicazioni che pesano su di esso sono sempre più forti e, non potendo essere sostenute, finiscono per schiacciarlo.

Certo, nella poesia come nella pittura, la presenza femminile è da sempre legata al paesaggio. Lo capta, lo condensa, gli dà una forma abbracciabile. Basta leggere il Cantico dei Cantici: qui, nel corpo della persona amata – che non è soltanto un microcosmo ma un cosmo che si offre al nostro desiderio – si ritrovano cavalli, cerbiatti, pecore, colombe, un giglio delle valli, un giardino di melagrane, un mucchio di grano… Il poeta non smette di dirlo: Dio ha creato la donna affinché l'uomo possa abbracciare l'universo.

Questo non è nuovo. La novità è che con la scomparsa della campagna, in una megalopoli in cui gli spazi verdi sembrano più finti dei fiori finti e dove gli animali domestici somigliano a grossi giocattoli o a piccoli impiegati, l'altro sesso non riassume più la natura: deve rimpiazzarla. La carne deve supplire alla perdita della terra.

E così si fa pressione sul corpo dell'altro, gli si richiede più di quanto non possa dare: di essere, non amorosamente, ma concretamente tutto, di prendere su di sé tutta la realtà materiale, di diventare il sentiero campestre, la terra arabile, la giungla amazzonica, la mucca, la lupa, la gallina, la mantide religiosa e infine tutta la fauna e la flora e le stelle che abbiamo distrutto, allontanato o virtualizzato.

È probabilmente questa una delle ragioni per le quali carnalità e sesso sono diventati così pregnanti nel pensiero contemporaneo. Non è tanto che si cerchi di pensare la carne e il sesso. È che si ripiega su di essi, perché sono le ultime cose almeno un po' naturali, gli ultimi dati che non abbiamo ancora interamente smontato e rimontato – il fiore che resta, l'animale che persiste, la creatura appena uscita dal giardino.

Ma questa focalizzazione, invece di preservarli, li condanna a loro volta allo sfruttamento. Édith Piaf canta ne L'hymne à l'amour«Il cielo blu su di noi può crollare / E la terra può sprofondare / non me ne importa se tu mi ami».

Ma noi non possiamo realmente amare senza poggiare i piedi sulla terra e sollevare gli occhi verso il cielo. Non possiamo chiedere all'uomo o alla donna che amiamo di essere per noi il cielo e la terra senza appiattirli o vaporizzarli. Ecco perché l'amore dell'uomo e della donna non si compie sull'isola deserta. Esige di per sé, per essere preservato, un'ecologia.

2/ Cantico delle creature

(da Francesco d’Assisi)
Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedizione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfane,
e nullu homo ène dignu Te mentovare.

Laudato sie, mi’ Signore, cum tutte le Tue creature,
spezialmente messor lo frate Sole
,
lo qual è iorno et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significazione.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l’ài formate clarite e preziose e belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento
e per aere e nubilo e sereno et onne tempo
,
per lo quale a le Tue creature dài sustentamento. [primavera]

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua,
la quale è multo utile et humile e preziosa e casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la notte:
et ello è bello e iocundo e robustoso e forte.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta e governa
,
e produce diversi frutti con coloriti flori et herba.

Laudato si’, mi’ Signore,
per quelli ke perdonano per lo Tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli ke ’l sosterrano in pace
,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si’, mi’ Signore,
per sora nostra Morte corporale
,
da la quale nullu homo vivente po’ skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovara`
ne le Tue santissime voluntati,
ka la morte secunda no ’l farrà male.

Laudate e benedicete mi’ Signore e rengraziate
e serviateli cum grande humilitate

Cfr. anche Perché Francesco d’Assisi era un cristiano e non Gesù Cristo un francescano, di Andrea Lonardo

3/ Dal Testamento di Paolo VI

(da Paolo VI, Pensiero alla morte)

Quanto a me vorrei avere finalmente una nozione riassuntiva e sapiente sul mondo e sulla vita: penso che tale nozione dovrebbe esprimersi in riconoscenza: tutto era dono, tutto era grazia; e com’era bello il panorama attraverso il quale si è passati; troppo bello, tanto che ci si è lasciati attrarre e incantare, mentre doveva apparire segno e invito.

Ma, in ogni modo, sembra che il congedo debba esprimersi in un grande e semplice atto di riconoscenza, anzi di gratitudine: questa vita mortale è, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno d’essere cantato in gaudio e in gloria: la vita, la vita dell’uomo!

Né meno degno d’esaltazione e di felice stupore è il quadro che circonda la vita dell’uomo: questo mondo immenso, misterioso, magnifico, questo universo dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bellezze, dalle mille profondità.

È un panorama incantevole. Pare prodigalità senza misura. Assale, a questo sguardo quasi retrospettivo, il rammarico di non averlo ammirato abbastanza questo quadro, di non aver osservato quanto meritavano le meraviglie della natura, le ricchezze sorprendenti del macrocosmo e del microcosmo.

Perché non ho studiato abbastanza, esplorato, ammirato la stanza nella quale la vita si svolge? Quale imperdonabile distrazione, quale riprovevole superficialità! Tuttavia, almeno in extremis, si deve riconoscere che quel mondo, “qui per Ipsum factus est”, che è stato fatto per mezzo di Lui, è stupendo.

Ti saluto e ti celebro all’ultimo istante, sì, con immensa ammirazione; e, come si diceva, con gratitudine: tutto è dono; dietro la vita, dietro la natura, l’universo, sta la Sapienza; e poi, lo dirò in questo commiato luminoso, (Tu ce lo hai rivelato, o Cristo Signore) sta l’Amore! 

4/ Dal libro di Giobbe 38,1-40,5

Gb 38

1 Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano:
2 «Chi è mai costui che oscura il mio piano
con discorsi da ignorante?

3 Cingiti i fianchi come un prode:
io t’interrogherò e tu mi istruirai!
4 Quando ponevo le fondamenta della terra, tu dov’eri?
Dimmelo, se sei tanto intelligente!
5 Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,
o chi ha teso su di essa la corda per misurare?
6 Dove sono fissate le sue basi
o chi ha posto la sua pietra angolare,
7 mentre gioivano in coro le stelle del mattino
e acclamavano tutti i figli di Dio?
8 Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando usciva impetuoso dal seno materno,
9 quando io lo vestivo di nubi
e lo fasciavo di una nuvola oscura,
10 quando gli ho fissato un limite,
e gli ho messo chiavistello e due porte
11 dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre
e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?
12 Da quando vivi, hai mai comandato al mattino
e assegnato il posto all’aurora,

13 perché afferri la terra per i lembi
e ne scuota via i malvagi,
14 ed essa prenda forma come creta premuta da sigillo
e si tinga come un vestito,
15 e sia negata ai malvagi la loro luce
e sia spezzato il braccio che si alza a colpire?
16 Sei mai giunto alle sorgenti del mare
e nel fondo dell’abisso hai tu passeggiato?

17 Ti sono state svelate le porte della morte
e hai visto le porte dell’ombra tenebrosa?

18 Hai tu considerato quanto si estende la terra?
Dillo, se sai tutto questo!

19 Qual è la strada dove abita la luce
e dove dimorano le tenebre,
20 perché tu le possa ricondurre dentro i loro confini
e sappia insegnare loro la via di casa?
21 Certo, tu lo sai, perché allora eri già nato
e il numero dei tuoi giorni è assai grande!

22 Sei mai giunto fino ai depositi della neve,
hai mai visto i serbatoi della grandine,

23 che io riserbo per l’ora della sciagura,
per il giorno della guerra e della battaglia?
24 Per quali vie si diffonde la luce,
da dove il vento d’oriente invade la terra?
25 Chi ha scavato canali agli acquazzoni
e una via al lampo tonante
,
26 per far piovere anche sopra una terra spopolata,
su un deserto dove non abita nessuno,
27 per dissetare regioni desolate e squallide
e far sbocciare germogli verdeggianti?
28 Ha forse un padre la pioggia?
O chi fa nascere le gocce della rugiada?

29 Dal qual grembo esce il ghiaccio
e la brina del cielo chi la genera,
30 quando come pietra le acque si induriscono
e la faccia dell’abisso si raggela?
31 Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi
o sciogliere i vincoli di Orione?

32 Puoi tu far spuntare a suo tempo le costellazioni
o guidare l’Orsa insieme con i suoi figli?

33 Conosci tu le leggi del cielo
o ne applichi le norme sulla terra?

34 Puoi tu alzare la voce fino alle nubi
per farti inondare da una massa d’acqua?
35 Scagli tu i fulmini ed essi partono
dicendoti: “Eccoci!”?
36 Chi mai ha elargito all’ibis la sapienza
o chi ha dato al gallo intelligenza?
37 Chi mai è in grado di contare con esattezza le nubi
e chi può riversare gli otri del cielo
,
38 quando la polvere del suolo diventa fango
e le zolle si attaccano insieme?
39 Sei forse tu che vai a caccia di preda per la leonessa
e sazi la fame dei leoncelli
,
40 quando sono accovacciati nelle tane
o stanno in agguato nei nascondigli?
41 Chi prepara al corvo il suo pasto,
quando i suoi piccoli gridano verso Dio
e vagano qua e là per mancanza di cibo?

Gb 39

1 Sai tu quando figliano i camosci
o assisti alle doglie delle cerve?

2 Conti tu i mesi della loro gravidanza
e sai tu quando devono partorire?

3 Si curvano e si sgravano dei loro parti,
espellono i loro feti.
4 Robusti sono i loro figli, crescono all’aperto,
se ne vanno e non tornano più da esse.
5 Chi lascia libero l’asino selvatico
e chi ne scioglie i legami?
6 Io gli ho dato come casa il deserto
e per dimora la terra salmastra.
7 Dei rumori della città se ne ride
e non ode le urla dei guardiani.
8 Gira per le montagne, sua pastura,
e va in cerca di quanto è verde.
9 Forse il bufalo acconsente a servirti
o a passare la notte presso la tua greppia?
10 Puoi forse legare il bufalo al solco con le corde,
o fargli arare le valli dietro a te?
11 Ti puoi fidare di lui, perché la sua forza è grande,
e puoi scaricare su di lui le tue fatiche?
12 Conteresti su di lui, perché torni
e raduni la tua messe sull’aia?
13 Lo struzzo batte festosamente le ali,
come se fossero penne di cicogna e di falco.
14 Depone infatti sulla terra le uova
e nella sabbia le lascia riscaldare.
15 Non pensa che un piede può schiacciarle,
una bestia selvatica calpestarle.
16 Tratta duramente i figli, come se non fossero suoi,
della sua inutile fatica non si preoccupa,
17 perché Dio gli ha negato la saggezza
e non gli ha dato in sorte l’intelligenza.
18 Ma quando balza in alto,
si beffa del cavallo e del suo cavaliere.
19 Puoi dare la forza al cavallo
e rivestire di criniera il suo collo?
20 Puoi farlo saltare come una cavalletta,
con il suo nitrito maestoso e terrificante?
21 Scalpita nella valle baldanzoso
e con impeto va incontro alle armi.
22 Sprezza la paura, non teme,
né retrocede davanti alla spada.
23 Su di lui tintinna la faretra,
luccica la lancia e il giavellotto.
24 Con eccitazione e furore divora lo spazio
e al suono del corno più non si tiene.
25 Al primo suono nitrisce: “Ah!”
e da lontano fiuta la battaglia,
gli urli dei capi e il grido di guerra.
26 È forse per il tuo ingegno che spicca il volo lo sparviero
e distende le ali verso il meridione?
27 O al tuo comando l’aquila s’innalza
e costruisce il suo nido sulle alture?
28 Vive e passa la notte fra le rocce,
sugli spuntoni delle rocce o sui picchi.
29 Di lassù spia la preda
e da lontano la scorgono i suoi occhi.
30 I suoi piccoli succhiano il sangue
e dove sono cadaveri, là essa si trova».

Gb 40

1 Il Signore prese a dire a Giobbe:
2 «Il censore vuole ancora contendere con l’Onnipotente?
L’accusatore di Dio risponda!».
3 Giobbe prese a dire al Signore:
4 «Ecco, non conto niente: che cosa ti posso rispondere?
Mi metto la mano sulla bocca
.
5 Ho parlato una volta, ma non replicherò,
due volte ho parlato, ma non continuerò».

5/ Dinosauri, i nuovi mostri del mondo infantile. Massimo Ammaniti parla del rapporto tra gli animali preistorici e i bambini

(da Repubblica del 3/10/1998 un’intervista a Massimo Ammaniti a firma c.d.g.)

Ridisegnare il volto ormai stereotipato degli animali preistorici non è facile e immediato. Il cinema, i fumetti e le serie televisive (merchindising e giocattoli compresi) ci hanno ormai abituati a vederli come enormi lucertoloni, e sarà complicato, almeno inizialmente, spiegare ai bambini che al posto delle labbra avevano un grande becco. Ne abbiamo parlato con Massimo Ammaniti, psicoanalista, e docente di psicopatologia all'università di Roma.

Come mai i dinosauri sono così importanti per i bambini?
I dinosauri sono i nuovi mostri, i nuovi simboli delle paure da elaborare e sconfiggere. Nel mondo infantile, quel mondo che viene riflettuto nelle favole, i personaggi pericolosi sono sempre presenti, popolano costantemente la fantasia. In passato, i mostri erano la strega, il mago, l'orco, personaggi tutti fortemente immaginari e legati a una cultura e a una società molto attraversate dalla superstizione e dalla magia. Il fatto nuovo è la maggiore informazione biologica ed evoluzionistica della nostra società, che rende le creature fantastiche del passato non più accettabili e credibili come simboli di violenza e di pericolo. Etologia e biologia oggi segnano la cultura di tutti, a qualunque livello. In pratica, la maggiore informazione modifica i mostri, e porta alla ribalta nuove figure, quali appunto i dinosauri. La stessa evoluzione della specie ha cambiato gli animali simbolo delle paure, che in questa evoluzione giocano un ruolo importante. Prima c'era il lupo, ad esempio, o i serpenti o i ragni, che tuttavia ormai appartengono ad esperienze del passato. Oggi tocca ai dinosauri, ma il loro significato profondo è lo stesso.

I bambini sembrano più affascinati che spaventati dai dinosauri, ne fanno collezione, ne conoscono tutti i nomi.
Questo accade grazie al meccanismo del gioco attraverso cui i mostri diventano via via più familiari e quindi più amichevoli, fino a permettere al bambino di sconfiggere le paure identificandosi con l'aggressore. Nel caso specifico dei dinosauri, oltre a essere una rappresentazione di aspetti di forza incontrollata, c'è l'elemento importante delle dimensioni, per cui il pericolo assume una sorta di ipertrofia massima. Così quando il bambino nella sua fantasia riesce a dominare il dinosauro sta addomesticando una creatura incredibilmente grande. Molto più grande di lui, ma anche molto più dei potentissimi adulti che lo circondano.

L'aspetto dei dinosauri cui siamo abituati dovrà cambiare, in ossequio alle ultime scoperte scientifiche. Cambierà qualcosa anche nel rapporto tra bambini e dinosauri?
Anzitutto bisogna vedere se i libri, cartoni animati e giocattoli si adegueranno al cambiamento, e quindi se queste novità riusciranno a entrare nell'immaginario infantile. I bambini, d'altronde, e non solo loro, sono portati ad antropomorfizzare il mondo animale, e continueranno a farlo comunque.

I dinosauri non piacciono solo ai bambini, anche gli adulti ne sono molto attratti. Per un retaggio infantile?
Anche, certo. Ma non solamente. I dinosauri sono collegati alla questione delle origini della vita, un argomento di grandissimo fascino per tutti. In più, c'è il mistero della loro estinzione che da un lato stimola la curiosità, e dall'altro evoca le paure collettive sul destino della specie umana e del pianeta. (c.d.g.)